Dopo ore e ore, Niall riuscì a fare la risonanza e fu mandato a casa. Ci dissero che avremmo avuto l'esito il prima possibile, il che poteva comunque significare dover attendere fino a due settimane.
Alla fine il risultato arrivò dopo dieci giorni, e quei dieci giorni furono terribili.
Una specie di vacuo torpore calò su di noi mentre tutti gli scenari più tragici turbinavano dentro le nostre menti.
Andai dalla dottoressa Pritchard, ma non trovai nemmeno il coraggio di parlarle di quello che mi stava succedendo.
Fu una seduta tranquilla.
Tutti quei dieci giorni furono tranquilli: noi tre in casa a rispondere alle telefonate di Josh e Elodie, senza dire molto altro.
Ci preparammo parecchi tè e caffè, prendemmo parecchio cibo da asporto e guardammo parecchia tivù, ma non ci fu alcuna vera conversazione.
Era come se la paura avesse rinchiuso in una cella qualsiasi discorso significativo. E, per la prima volta da quando avevamo cominciato a frequentarci, io e Harry condividemmo lo stesso letto anche senza fare sesso.
Non sapevo come aiutarlo, così lasciavo che fosse lui a tenere le redini.
Quando lo facevamo, era calmo e dolce. Quando invece non lo facevamo, mi sdraiavo su un fianco e Harry mi circondava con un braccio, attirandomi verso di sé, la testa accanto alla mia. Io gli cingevo a mia volta la vita con il braccio, agganciavo un piede intorno alla sua gamba e lasciavo che si addormentasse così, abbracciato a me.
Il dottor Ferguson telefonò e chiese a Niall di andare da lui.
Non era un buon segno... Non sembrava affatto un buon segno.
Dopo che Niall ebbe riattaccato restai a fissarlo, e tutto ciò che mi ero tenuto dentro ed ero riuscito a dominare esplose, sfuggendo al mio controllo. Vidi la paura nei suoi occhi, ma ero talmente logorato dalla mia che non riuscivo a dirgli nulla che potesse confortarlo, così restai in silenzio.
Harry lo accompagnò all'appuntamento e io aspettai a casa –quella casa grande, fredda e silenziosa– fissando l'albero con le sue luci, senza riuscire a credere che di lì a dieci giorni sarebbe stato Natale.
Per le due ore in cui Harry e Niall restarono fuori, io dovetti starmene seduto sopra la mia cassetta di ferro per far sì che il coperchio non si aprisse.
Se non l'avessi fatto, avrei smesso di respirare.
Quando sentii la chiave infilarsi nella toppa, l'atmosfera intorno a me si fece ovattata, come se mi stessi muovendo sott'acqua, lottando lentamente contro la pressione.
La porta del soggiorno si aprì ed entrò Harry, il viso così pallido e lo sguardo così assente che capii ancora prima di vedere il volto rigato di lacrime di Niall.
Sapevo riconoscere la paura che emanava da un'altra persona; sapevo bene quanto la sofferenza potesse rendere l'aria pesante, con quanta violenza potesse irrompere dentro il tuo petto e scatenare fitte di dolore in ogni angolo del tuo corpo. Negli occhi, nella testa, nelle braccia, nelle gambe, persino nelle gengive.
«Hanno trovato qualcosa. Un tumore.»
I miei occhi guizzarono su Niall che, le labbra tremanti, si strinse nelle spalle.
«Mi hanno detto di consultare un neurologo, il dottor Dunham, al Western General Hospital. Devo andare da lui domani per discutere di tutto quanto. Del prossimo passo. Per capire se dovrò essere operato o meno. Se è un tumore maligno oppure no.» concluse Niall.
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Sei bellissimo, stasera
FanficSono trascorsi quattro anni da quando Louis Tomlinson, giovane americano, si è lasciato alle spalle un tragico passato per cominciare una nuova vita a Edimburgo, seppellendo il suo dolore, ignorando i suoi demoni, cercando insomma di dimenticare la...