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I mesi successivi furono un turbinio confuso di nome "Harry".
Dopo la serata al Fire aveva continuato a tormentarsi per la faccenda di Stan, ma feci del mio meglio per convincerlo che quel tizio si meritava di essere preso a pugni e, soprattutto, che il fatto di aver perso le staffe in quel momento, non lo rendeva certo una brutta persona.

Parlando con Josh, scoprii altri dettagli su Stan.
Pareva fossero tutti e tre amici dai tempi delle elementari, ma, una volta cresciuti, Stan era diventato un po' stronzo. Era furbo, caustico a volte, orribile con le donne - uno spandimerda, come lo definì Josh - e bugiardo.
Harry gli era stato testardamente fedele, perché si conoscevano da una vita. Questo finché Stan non si era portato a letto sua moglie.
A furia di ripetere tutte queste cose ad Harry, finalmente riuscii a colpire nel segno e qualche settimana dopo lo vidi a poco a poco riemergere da quel suo stato di cupa pensosità.

Ovviamente annullai l'iscrizione alla palestra ed Harry mi convinse ad andare nella sua, dove scoprii che, almeno in parte, il motivo per cui aveva quelle spalle larghe tanto sexy e quei bei fianchi stretti era che nuotava dopo ogni allenamento.
Non so bene come, mi ritrovai non solo ad allenarmi, ma anche a fare quella nuotata insieme a lui. Non so bene come, anzi, finimmo con l'invadere quasi completamente l'uno la vita dell'altro.

Durante la settimana ci alternavamo a dormire a casa mia o a casa sua ogni volta che potevamo; a entrambi bastava starcene semplicemente lì a guardare la televisione o ad ascoltare un po' di musica, ma ci piaceva anche uscire di tanto in tanto per andare a cena fuori, oppure al cinema o a bere qualcosa con gli amici. Almeno due volte al mese c'era qualche evento legato al lavoro di Harry.

Ero persino stato citato in un articolo sulle pagine mondane del quotidiano locale come l'accompagnatore abituale nonché ultimo uomo di Harry. Cercai di non prendermela.
Harry faceva il possibile per venire al Club 39 tutti i Venerdì e i Sabati, e così ci venivano anche Niall, Josh e chiunque altro si trovasse in loro compagnia.
Harry diceva di divertirsi nello stare a guardarmi mentre lavoravo, che era una cosa sexy, ma secondo Niall, lo faceva soltanto per marcare il territorio con i miei colleghi e clienti.

Io sapevo solo che Harry stava insieme a me più che poteva, per questo faceva in modo di passare parecchio tempo al locale e la cosa non mi dava alcun fastidio.
Anzi, sentivo addirittura la sua mancanza quando se ne andava.
Il nostro accordo si era evoluto in maniera completamente diversa rispetto a quel che avevo previsto, anzi, a dire il vero, l'accordo era come saltato. E ad un certo punto avevo smesso di preoccuparmene, dal momento che, così facendo, potevo stare con lui senza pormi inquietanti domande sul futuro.

Eravamo in camera mia.
Harry stava studiando i disegni di Josh per un nuovo progetto, che erano sparpagliati sul mio letto.
Io, alla macchina da scrivere, lavoravo al quindicesimo capitolo del mio romanzo, soddisfatto di quanto avevo messo nero su bianco fino a ora. Ad essere sincero, ero davvero entusiasta di come stava procedendo la storia. Non ero mai riuscito a creare personaggi tanto realistici e sapevo di dover ringraziare il fatto che erano ispirati ai miei genitori.

Stavo fissando i miei appunti per valutare se la battuta che avevo usato in questa scena fosse adatta o meno alla mia protagonista. Più ci pensavo, più mi rendevo conto che suonava del tutto innaturale sulle sue labbra e stavo cercando un modo di cambiarla senza però cambiare anche quel che volevo dicesse.
Ero talmente assorto nei miei pensieri che non avevo nemmeno notato che Harry mi stava guardando. Così, quando parlò, sussultai, spaventato e il cuore mi balzò in gola sentendo le sue parole.
«La prossima settimana c'è il matrimonio di Taylor e Ed, ed il nostro accordo scade.»
Restai come paralizzato. Lo sapevo. E temevo già da un po' che avrebbe sollevato l'argomento.

«Perché non gliene hai parlato?» domandò la dottoressa Pritchard, bevendo un sorso d'acqua. «I tre mesi sono quasi passati. Non credi che dovreste discuterne?»
Piegai la testa di lato.
«Non crede che abbia fatto passi da gigante nel giro di cinque mesi?»
«Hai senz'altro cominciato ad aprirti, Louis, ma credo che tu non abbia ancora affrontato del tutto la morte della tua famiglia. Continui a non volerne parlare.»
«So che la pensa così. Ma io sto dicendo che cinque mesi fa avevo un migliore amico di cui non sapevo nulla e che non sapeva niente di me. Non mi piaceva farmi coinvolgere troppo nelle vite degli altri, ed ero deciso a circondarmi solo di conoscenze superficiali.»
Sorrisi, incredulo e sollevato.

Sei bellissimo, staseraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora