CAPITOLO 13

349 18 0
                                    

CAPITOLO TREDICI
Camminavamo uno di fianco all'altro. Per la prima volta non sapevamo cosa dirci. Non riuscivo neanche a godermi il fatto di essere accanto a lui. Ci guardavano tutti, alcuni addirittura fissavano e indicavano. Cavolo, Marco era una persona normale, non un alieno. Non poteva neanche farsi una passeggiata in santa pace? Sembrava che lui non ci facesse caso.
"Ma non ti da fastidio?"
"Dopo un po' ci si abitua.... E poi è un compromesso che si deve accettare"
"Ma non è giusto..."
Mi dispiaceva per lui, del fatto che non potesse avere una vita normale, che invece aveva il diritto di condurre.
"Diamogli qualcosa di cui parlare..." E mi fece l'occhiolino. Prima che potessi capire cosa intendesse, mi prese per mano.
"Ma che fai??!!"
"E statte zitta pe na volta! È divertente" Se prima ci fissavano, ora era ancora peggio.
"Marco ti prego..."
"Andiamo dove possiamo stare più tranquilli?"
"Grazie"
Lì vicino c'era un parchetto, di quelli con le giostre per i bambini.
"Voglio fare l'altalena! Mi spingi Marco"
"E certo, ti vergogni di farti vedere per mano con me, però poi vuoi che ti spingo sull'altalena"
"E dai!!" feci scherzando gli occhioni dolci battendo veloce le palpebre.
"Guarda che me tocca fa"
"Grazie" dissi andando a stampargli un bacio sulla guancia.


Era una bambina. Scherzava in modo innocente. Non sapeva l'effetto che mi faceva, aveva una femminilità nascosta, che probabilmente non conosceva neanche lei, ma che mi intrigava da pazzi. Quella cosa che fece con gli occhi fu come un pugno nello stomaco. La tentazione di baciarla in quel momento fu fortissima. Cominciai a spingere l'altalena, prima piano, poi sempre più forte. Era divertente.
"Marco basta, mi stai facendo venire la nausea... Più piano ti prego."
"Lo hai voluto tu, ora subisci"
"Marco veramente mi sto sentendo male..." Diedi un'ultima spinta e poi corsi davanti all'altalena. Quando tornò avanti la bloccai di colpo. Ci ritrovammo uno di fronte all'altra. Sorrideva. Eravamo veramente vicinissimi e, forse era solo una mia impressione, ci avvicinavamo sempre di più. In faccia era diventata rossissima. Mancava veramente un soffio.
"Oddio è Marcoooo!!!"


Ma brutte ragazzine sceme, che tempismo! Non sapevo cosa stesse per accadere, ma solo che qualcosa sarebbe successo. Poi sono arrivate loro. Accerchiarono Marco e lo costrinsero a fare foto e autografi. Lui era gentilissimo con tutte, ma si vedeva che stavolta un po' gli scocciava. Quando lo liberarono, si rivolse verso di me:"Scusa"
"Per cosa?"
"Tutto"
Ci incamminammo verso casa, prima che si spargesse la voce. Però stavolta camminavano direttamente abbracciati.
"Senti un po', che vuoi venire al concerto domenica?" Mi ero dimenticata che doveva ricantare a Roma quel weekend.
"Mi piacerebbe tantissimo..."
"Allora vedrò cosa posso fare, dopo chiamo Marta"
Era finita un'altra giornata. Tutta questa situazione era talmente nella da non sembrare neanche vera. E in più sentivo che c'era un qualcosa, non avrei saputo dire cosa, che ci univa sempre di più. Di una cosa ero sicura, non dovevo innamorarmi, sarebbe stato solo altro dolore. Sapevo che uno come lui non si sarebbe mai interessato a me in quel senso. Mi sarebbe bastato essergli amica. Non volevo ripetere la situazione che si era creata con Stefano. Però era difficile, se non impossibile, soprattutto quando ero con lui. Anche i giorni seguenti passarono in maniera simile. Nel frattempo erano arrivati anche Marta e gli altri. Fino al giorno del concerto, quando il pomeriggio non potemmo stare insieme perché aveva le prove. L'apparente perfezione di quei giorno fu incrinata solo una volta, da un messaggio.
"Ciao Ale, come va? È tanto che non ci sentiamo, perché non usciamo uno di questi giorni?"
Era Stefano.

Quando il buio si avvicina pensa a me. - Marco Mengoni -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora