CAPITOLO TRENTOTTO
Ritornare a Roma e alla vita di tutti i giorni fu un vero e proprio trauma. Già solo per il fatto di non vedere più Marco ventiquattro ore su ventiquattro, di avere di nuovo cinquecento e più chilometri a dividerci durante la settimana. Anche la casa a Milano sembrava essere triste del fatto che andavo via, sembrava più buia. Lo spazzolino di Marco era di nuovo da solo sul ripiano del lavandino, un solo cappotto appeso all'ingresso, un'anta dell'armadio si era svuotata. Io avevo imparato ad amare quella casa e con mia immensa sorpresa anche quella città. Ero arrivata col classico pregiudizio di chi viene da Roma, cioè che l'unica cosa bella di Milano fosse il treno per tornare indietro. Invece mi aveva conquistato. Certo, non era paragonabile alla ricchezza artistica di Roma, ma abitarci era davvero piacevole, la città mutava in ogni angolo, aveva mille sfaccettature. E poi i milanesi avevano un carattere totalmente diverso dai romani, meno caciaroni. Per la prima volta io e Marco potemmo fare una passeggiata per il centro tranquilli, perché anche i fan che lo riconoscevano di avvicinavano con calma, senza fare assalti o scenate come spesso capitava a Roma. Sarebbe stato bello viverci stabilmente. Comunque la parte peggiore era la notte. Il mio letto, anche se singolo, era troppo grande e vuoto, non riuscivo a trovare una posizione comoda. Mi ero abituata a dormire appoggiata e abbracciata a Marco, a sentire il suo respiro regolare e ad ascoltare il battito del suo cuore per calmarmi quando mi svegliavo agitata per un qualche brutto sogno. La prima notte a Roma la passai in bianco. E poi dovevo fare i conti di nuovo con la scuola, con gli esami sempre più vicini. A giorni sarebbero uscite le materie e le commissioni interne ed esterne. In classe non era vivibile, mentre i prof spiegavano io mi perdevo a ricordare le passeggiate con Marco lungo i Navigli. Meno male c'era Greta, che mi stava raccontando le sue vacanze. Era andata a Barcellona per capodanno.
"Insomma me pare de capi che te sei divertita..."
"Troppo!! E te? Li hai conosciuti i genitori di Marco, come sono? E Milano? Se vabbé, non l'avrai neanche vista"
"Invece ti sbagli mia cara... Milano l'ho vista eccome!" E le raccontai di come avevo trascinato Marco a visitare tutto il visitabile, ogni museo, chiesa o luogo con un qualche interesse, compresa la sede della sua casa discografica e quella di tutte le radio. Certo, magari non avevo visto molto la Milano notturna, comunque qualche sera avevamo girato dei locali e delle feste, con il resto della band. Le raccontai di come era andata con Maurizio e Nadia e le feci vedere la foto, che portavo sempre con me. Infine le parlai dell'anello.
"Oh, Ale, allora è proprio una cosa seria! Sta attenta qua che tra un po' te ritrovi con la fede al dito e ragazzini al seguito!"
"Ma va! Non esageriamo! E poi non è detto che sua una cosa brutta..."
"Ale hai 19 anni, non ti pare prestino per anche solo pensare a queste cose? Ora vi siete divertiti questi giorni, siete stati bene, ok, ma è il tuo primo ragazzo, devi fare altre esperienze prima di legarti a vita con una persona! Non sei d'accordo?"
"In realtà no... Perché non potrebbe essere lui l'amore della mia vita? Smettiamo di parlare di queste cose, sono solo ipotesi campate in aria... Ora devo seguire"
Chiusi la conversazione abbastanza infastidita. Neanche lei capiva quello che provavo per Marco, io davvero sarei stata contenta di dividere il resto della mia vita con lui. Non mi servivano altre esperienze. Contavo già i minuti che mi dividevano da lui. Non era questo in fondo amare? Aspettare con tutto il cuore di ritrovare la persona che da luce ai propri giorni? Forse non avendolo mai provato Greta non poteva capire. La storia più lunga che aveva avuto era stata di tre mesi, ma non c'era nessuno coinvolgimento emotivo. Mi dovevo sempre ricordare di farle conoscere la band... Mi arrivò un messaggio di Marta
"E io stamattina con chi faccio shopping? Ci manchi già tanto piccoletta!"
L'ultima parola era sicuro di Davide. Mi mancavano anche loro, in quei giorni era anche cresciuta l'amicizia che mi legava a ognuno di loro, con Marta poi ormai eravamo praticamente sorelle.
"Mi mancate anche voi!! Dai che torno presto li, o scendete voi... E di a quel cretino di Davide che sarò pure piccola, ma lui mi arriva forse alla spalla!! Un bacione P.s. Poi per lo shopping in qualche modo faremo "
Mi veniva da piangere. Non dovevo pensare a loro, rendeva tutto più complicato di quanto già non fosse.
Il weekend non arrivava mai. Stavolta la lontananza si era fatta sentire troppo. Quando Marco mi aprì la porta di casa, gli saltai subito in braccio, e lo strinsi con tutte le forze che avevo. Ecco di nuovo quel profumo, quel calore, quella barba che mi pungeva, quelle braccia che mi stringevano. Lui affondò la faccia tra i miei capelli. Sentivo che inspirava forte. Poi mi sorrise e cercò le mie labbra. Mi ridiede la vita con quel bacio, mi abbandonai completamente.
"Ce ne hai messo di tempo per tornare eh!"
"Guarda che è come il solito"
"Si lo so, ma dopo queste vacanze, dopo la vita insieme...." Non sapevo come continuare, pensavo solo a quanto ero felice a trovarmi di nuovo con lui.
"Si, é la stessa cosa anche per me" Aveva capito lo stesso senza che parlassi, aveva provato quello che avevo provato anche io. Mi caddero gli occhio sulle valigie appoggiate accanto alla porta. Erano troppe per un solo fine settimana, forse sarebbe rimasto qualche giorno in più.
"Come mai tutte ste valigie?"
Le guardò anche lui e poi si passò una mano tra i capelli, grattandosi la testa. "Ah, è vero, non te l'ho detto..."
"Cosa?" Perché aveva la capacità di mettermi sempre ansia questo ragazzo?
Mi sorrise e ci mise un'eternità prima di dire: "Resto a Roma"
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Quando il buio si avvicina pensa a me. - Marco Mengoni -
FanfictionAlessia è una ragazza timida, insicura, che non ha mai provato niente nella sua vita se non solitudine. L'unica sua salvezza è la musica, l'unica sua via di fuga, l'unica passione che ha. Una coincidenza imprevista e un po' anormale le capiterà nel...