CAPITOLO 29

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CAPITOLO VENTINOVE

Il telefono cominciò a vibrare, facendo un rumore tremendo sul comodino. Dannata sveglia. Mi sbrigai a spegnerla, senza fare però movimento troppo rapidi e bruschi. Non volevo che si svegliasse già, c'era ancora un po' di tempo. Avevamo dormito abbracciati, lei con la testa appoggiata sul mio petto, stretti sotto il piumone. Durante la notte aveva sentito freddo, e si era messa la mia camicia, raccolta dal mucchio di vestiti sparsi per terra. Mi sentivo in pace. Mi era mancato tutto ciò. Non solo fare l'amore di per se, ma anche la sensazione di avere qualcuno da stringere nel letto durante la notte, qualcuno con cui scaldarsi. E poi comunque tra me e Alessia non era stata una cosa solo e puramente fisica. C'era qualcosa di più, un volersi donare l'uno all'altra, di dimostrare con la pratica più antica del mondo ancora una volta quanto fossimo importanti l'uno per l'altra. Io poi volevo farle superare definitivamente quell'insicurezza che aveva sempre, farle capire che la consideravo una donna in tutto e per tutto e che come tale volevo averla accanto a me e amarla come meritava. Mi tornarono alla mente il suo sguardo un po' impaurito, un po' imbarazzato per quello che provava per la prima volta, ma comunque deciso, i suoi movimenti ancora impacciati, come era giusto che fossero, il suo tentativo di darsi un contegno anziché lasciarsi andare. Io avevo una paura tremenda di farle male. Ma soprattutto il sorriso che mi aveva regalato quando tutto era finito. Come se volesse ringraziarmi... Per cosa poi, non lo capivo. Poi avevamo ceduto entrambi al sonno. Quella era stata l'ultima fatica di due giorni pesantissimi. In quel sorriso c'era tutta lei, la ragazza che pensava di non meritarsi nulla e che ringraziava per ogni piccola cosa. Volevo farle capire che non doveva più farlo, che il mondo era suo e poteva prendere tutto quello che voleva. Poi per quanto riguardava me poteva prendermi ogni volta ne avesse voglia, pensai con un sorriso un po' perverso in faccia.
La luce cominciava a filtrare dalle tende, permettendomi di guardarla meglio. Ripercorsi per quanto potevo con gli occhi il suo corpo e un brivido di piacere mi percorse la schiena al pensiero che era stato solo mio, che io ero stato il primo a poterne godere. E chissà quante altre volte ancora sarebbe capitato.
Forse però era ora di svegliarla, altrimenti avremmo fatto tardi. Avevamo un aereo da prendere. Infilai le mani sotto la camicia e tracciandole dei disegni sulla schiena con le dita le sussurrai all'orecchio "Svegliati piccola mia, è giorno"


Non volevo svegliarmi. Avevo fatto un sogno bellissimo. Io ero riuscita a sciogliermi e avevo fatto l'amore con Marco. E non c'erano aggettivi adatti a descrivere quello che era stato. Poi realizzai che la voce che mi chiamava era proprio la sua, che erano sue le mani che mi sentii addosso. E, e questo mi imbarazzava non poco, mi resi conto di essere nuda. E che lo era anche lui. E questo invece non era male. Mi vergognai immediatamente di averlo anche solo pensato. Però dai, dopo quella notte, potevo anche permettermelo un pensiero del genere... Aprii gli occhi e alzai leggermente la testa dal suo petto. La prima cosa che vidi fu il suo larghissimo sorriso. Ora ero certa che stessi sognando... Era bello da far male. Io invece sarò stata un disastro.
"Giorno Marco..." Quasi non riuscivo a sostenere quello sguardo, così carico di tenerezza. Le nostre labbra si cercarono per il primo bacio di quella mattina.
"Dormito bene?" Si preoccupava sempre per ogni cosa ...
"Mai dormito meglio"
"Anche io... Sta attenta che potrei abituarmici..."
"Mai ricevuta minaccia più bella!"
Altro bacio... Di questo passo non saremmo andati molto lontani. Squillò il telefono di Marco, era Marta. Era preoccupatissima perché non ci aveva sentito rientrare. Mentre Marco la rassicurava, io tracciavo con le dita i contorni dei suoi muscoli. Era bello come una statua di un dio greco. "Peccato..." Disse mettendo giù.
"Per cosa?"
"Pensavo che ne avessimo per giocare il secondo tempo..." Mi sentii avvampare in faccia e risvegliare qualcosa nel basso ventre
"... ma siamo già quasi in ritardo..." Il mio stomaco fece un rumore imbarazzantissimo, non mangiavo dal pomeriggio prima.
"... e anche il tuo stomaco è d'accordo.. Su in piedi, rivestiamoci!"
Si alzò di scatto dal letto e mi costrinse a fare lo stesso.
"Mi stai proprio dicendo che mi devo rimettere queste cose?"
"Se non vuoi attraversare il corridoio nuda con Davide sempre in agguato..."
"Direi che non è proprio il caso"
"Ti sta bene la mia camicia"
Tirai su le braccia per fargli vedere quanto mi stesse grande "Trovi?"
"Se vuoi tienila"
"Grazie" ero contenta di poter tenere qualcosa col suo profumo sopra. Ci avrei dormito quando fossimo stato lontani.
Tornai in camera mia e per evitare Marta mi fiondai sotto la doccia, e nel frattempo ripensavo a tutto, e a quanto in fondo fosse valsa la pena di aver aspettato quasi diciannove anni. Tutti immaginano come potrebbe essere. Ma per una volta la realtà aveva battuto di gran lunga la fantasia. Non mi sarei mai aspettata di poter provare certe cose.... E poi vabbé, Marco era stato... Sapeva quali fossero i miei timori e aveva fatto di tutto per mettermi più a mio agio possibile. In più era la cosa più bella che avessi mai visto. A colazione evitammo le battutine allusive di Davide, che stavolta godeva della complicità di Marta. Ma non me ne fregava nulla, eravamo in pace con noi stessi. Dall'aereo guardai con tristezza Amsterdam allontanarsi. Sarei sempre sarà debitrice a quella città, posto di bellissimi ricordi. Poi mi addormentai appoggiata alla spalla di Marco, mentre tornavamo in Italia e alla mia vita normale, dopo due giorni di paradiso, o quasi.

Quando il buio si avvicina pensa a me. - Marco Mengoni -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora