CAPITOLO 28

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CAPITOLO VENTOTTO
#ALESSIA Togliermi quel vestito, quelle scarpe fu per me una liberazione. Tornavo ad essere la solita ragazza timida che si nascondeva dentro vestiti troppo grandi e che mortificava il suo lato donna. E mi stupivo ancora perché prima di Marco non mi avesse notato nessuno... Poi per fortuna era arrivato lui, era riuscito a vedere oltre quell'aspetto da maschiaccio, e la mia vita aveva finalmente una persona per cui valesse la pena viverla. Ed era riuscito a fare emergere un po' quel lato di me che avevo sempre avuto paura di mostrare, per non apparire troppo fragile. E se non fosse stato che dovevo andare con lui, mi sarei messa proprio il tutone. Forse era però un cambio troppo drastico. Optai per una via di mezzo, jeans e maglione, ma sulle scarpe da ginnastica non accettavo compromessi. Dopo due giorni di tacchi non ce la facevo più. Marta mi disse:"Quanto pensate di stare fuori?"
"Non lo so... Non aspettarmi sveglia però, sarai già stanca..."
"Ok... Ti lascio la porta aperta... E... Ale scusami ancora... È tutta colpa mia se prima hai avuto quel..."
"Non parliamone più ok? Ormai è passato..."
Mi arrivò il messaggio di Marco che mi chiedeva di scendere. "Vabbé Marta buonanotte"
"Notte amica mia" e venne a stringermi fortissimo. Mi venne da piangere ma mi limitai a stringerla ancora più forte. Scesi giù e Marco era già li ad aspettarmi.
"Una volta ero io quello ritardatario..."
"A forza di stare con te mi hai attaccato i tuoi vizi"
"Tranne il fumo..."
"Si tranne quello"
"Andiamo? Che già si è fatta una certa"

#MARCO
Ero stanchissimo. Le conferenze stampa le odiavo, quelle in inglese ancor di più. E c'era anche da aggiungere che la notte prima non avevo dormito. Ma per nulla al mondo avrei rinunciato a stare un po' solo con lei. Anche perché una volta tornati in Italia mi aspettava altro lavoro, che mi avrebbe tenuto lontano da Roma per un bel po'. Camminavamo attaccati, l'uno con il braccio intorno ai fianchi dell'altro. Per un po' procedemmo in silenzio poi "A cosa pensi?"
"A quanto sono fortunata"
"Perché?"
"Perché mi trovo in un città meravigliosa, che di notte è ancora più romantica, e la divido solo col ragazzo di cui sono innamorata ogni giorno di più e che ancora non capisco perché ricambi..."
Puntò gli occhi sulla strada mentre disse l'ultima parte.
"Ci sono almeno un milione di ragioni per cui dovrei voler stare con te... Grazie a te non mi sento più solo come prima"
"Come e meglio di me ne trovi quante ne vuoi..."
"Ma io voglio solo te... Lo stesso discorso vale anche per te sai? Io non potrò darti un sacco di cose..."
"Non è vero... Dimmene una"
"Quello che stiamo facendo ora. A Roma non potremmo mai. Paradossalmente potrebbe renderti più felice un ragazzo come Stefano..."
Si bloccò e rimase indietro rispetto a me.
"Non devi dirlo nemmeno per scherzo... Non sono mai stata neanche lontanamente felice come sono da quando ti conosco. E poi lo hai detto anche tu una volta... Ci sono dei compromessi da accettare. E si, non è facile, ma ogni volta che ti vedo sorridere, mi baci, mi abbracci o semplicemente mi tieni la mano, mi rendo conto che ricevo molto di più di quello che do"
Ora ero io a rischiare di piangere. Quella dichiarazione non me la aspettavo proprio, sapevo quanto fosse difficile per lei aprirsi su queste cose, perché aveva paura che sbilanciandosi troppo avrebbe sofferto. Per tutto il viaggio non aveva fatto altro che sorprendermi. E dovevo per forza crederle quando mi diceva che stava meglio, perché il primo a vederne i risultati ero sempre io. Tornai da lei, le presi il viso tra le mani e la baciai come un folle.

#ALESSIA
La mia intenzione non era farlo piangere. Era l'ultima cosa che avrei voluto. Ma dovevo fargli capire che solo con lui potevo essere felice. Per un attimo non parlò, poi mi si avvicinò, mi prese il viso tra le mani e cominciò a baciarmi come se dopo quel bacio non dovesse più esserci nulla. Oltre alla passione e all'intensità, sentivo infatti anche un velo di disperazione. Si è vero, eravamo disperati. Disperati al solo pensiero che potessimo perderci. Quando si staccò da me, posò le labbra sulla mia fronte, e con le braccia mi strinse forte.
"Cominciamo a tornare indietro?"
Feci di si con la testa. La stanchezza cominciava a farsi sentire. Arrivati davanti all'albergo però mi sedetti sul muretto del canale li vicino, e aprendo le gambe avvicinai il più possibile Marco a me. Non volevo proprio lasciarlo andare, non volevo che la notte ci dividesse già. Passai le braccia attorno alle sue spalle e poggia la testa sul suo petto, appena sotto il collo. Sentivo le sue mani, una sulla schiena, l'altra tra i miei capelli, il suo respiro caldo vicino all'orecchio.
"Dormiamo insieme stanotte... Solo dormire, nient'altro..."
"No" da dove mai mi era uscito?
Anche Marco si allontanò spiazzato "Co-come no? A Roma avevi detto che volevi anche tu..." Infatti. Ma una parte di me nuova, quella che era nata negli ultimi tempi, aveva deciso di prendere finalmente il posto della ragazzina impaurita. Era arrivato il momento di diventare una donna, per me, ma soprattutto per Marco.
"No perché stanotte non mi basta dormire soltanto. Io stanotte voglio fare l'amore con te..."
Non ci credevo. L'avevo detto davvero. Marco mi sorrise quasi commosso. Bhe, non era esattamente la reazione che volevo. Ma fu solo un attimo. Le nostre mani si intrecciarono, mentre le labbra si cercavano per l'ennesimo bacio, che però stavolta era il preludio a qualcosa di più intenso, più profondo, più viscerale, ma comunque non guidato solo dall'istinto e dalle pulsioni dei nostri corpi. Iniziò su quel muretto, continuò in ascensore. E infine dietro a una porta chiusa di un albergo di Amsterdam.
Quella notte Marta dormì da sola. Io invece donavo tutta me stessa all'uomo che cominciavo ad amare veramente. Salutavo la bambina e davo il benvenuto alla donna.

Quando il buio si avvicina pensa a me. - Marco Mengoni -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora