CAPITOLO 21

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CAPITOLO VENTUNO
Era finalmente arrivato il giorno della festa. Erano tornati in Italia il giorno prima. Marco era passato sotto casa mia la sera e eravamo stai un po' insieme, senza manifestazioni troppo esplicite perché sicuramente c'erano i miei che controllavano dalla finestra. Ma a me era bastato lo stesso. Riaverlo con me era tutto quello che volevo. Solo in quel momento mi resi conto davvero di quanto mi fosse mancato. Mi disse che non avrebbe potuto prendermi all'uscita come le altre volte perché aveva da fare e chi sarebbe passata Marta nel pomeriggio. Proprio lei mi chiamò quella mattina. "Ale!! Quanto tempo!! Bando alle ciance, parliamo di cose serie... Da che ti vesti stasera?" "Vestire?!"
"Si cara, lo facciamo tutti e tu non sarai da meno"
"Ma non potevate dirmelo prima? Non ho niente!"
"Non ti preoccupare, te la porto io qualcosa... A dopo"
Mi dovevo pure mascherare.... Che mi toccava fare... E poi mia madre diceva che era Marco troppo grande...
Marta arrivò alle sei. Era vestita tutta di nero, super aderente e scollata, truccata pesantissima. Dopo averla abbracciata le chiesi:"E tu da cosa saresti vestita?"
"Da una delle gemelle assassine, guarda il coltello appeso qui"
"Ma se sei una"
"L'altra la fai tu, vatti a cambiare"
"Io così non mi ci concio, piuttosto nuda"
"Bhe c'è qualcuno che non avrebbe da ridire..."
"Dammi quella busta" Mentre mi cambiavo e truccavo, anche se molto meno pesante di Marta, lei si presentava ai miei. Anche loro seppero guardare subito oltre all'abbigliamento e vedere la splendida persona che era. Mi vergognai da morire a farmi vedere dai miei conciata in quel modo.
"Che bomba sexy ahahah"
"Marta zitta o ti uccido"
Salutai i miei. La prossima volta che li avrei visti sarebbe stato per la cena con Marco la sera dopo.


#MARCO Sinceramente non sapevo cosa aspettarmi da quella sera e da quella notte. Sapevo solo che non l'avrei costretta a fare nulla che non si sentisse si fare. Marta aveva insistito che ci mascherassimo. Davide da bambino qual era la rese molto seriamente e si era travestito benissimo. Io mi limitai a imbiancarmi la faccia e disegnare una o due cicatrici.
Quando arrivarono Marta e Alessia quasi non la riconobbi. Era un'altra persona... Il trucco pesante e quei vestiti aderenti non erano da lei. Ma non stava male, anzi. Non le dissi però nulla perché vedevo che era a disagio, non si riconosceva neanche lei.
"Da cosa siete vestite?"
"Marta dice da gemelle assassine... A me sembra più da sorelle battone..."
Scoppiai a ridere e anche lei si sciolse un po'.
"Non puoi capire quanto sia scomodo"
"Poverina la mia piccolina"
"Non mi prendere in giro"
"Sai che non lo farei mai"
La serata passò in modo molto piacevole. Il colpo d'occhio era notevole. Se qualcuno ci avesse visto avrebbe chiamato il manicomio. Ma in fondo quella banda di matti era la mia famiglia. Però per quanto gli volessi bene, in quel momento volevo stare da solo con Alessia. A parte quei dieci minuti sotto casa sua la sera prima, era una settimana che non avevamo un momento solo per noi. La portai fuori sul terrazzo con la scusa che dovevo fumare, anche se stavo piano piano smettendo. Solo per lei.


Bravo Marco! Anche io stavo cercando il modo di stare sola con lui. Faceva freddo sul terrazzo. C'era una panchina e ci sedemmo li, io in braccio a lui, stringendomi al suo corpo il più possibile, un po' per il freddo, un po' perché ne avevo voglia.
"Allora come è andata a Los Angeles? "
"Bene... Ma non c'eri tu"
Lo baciai nonostante la puzza del fumo. Potevo sopportarlo, anche perché era compensata dall'ondata di emozioni che mi travolgeva ogni volta che le sue labbra sfioravano le mie. Fu un bacio lunghissimo, di quelli che non possono che crescere di intensità ogni secondo. Avevo paura di dove saremmo arrivati. Non sapevo fino a che punto avrei avuto il coraggio di spingermi quella notte. Quando lui interruppe il bacio rimasi molto delusa. Appoggiai la testa nell'incavo tra il suo collo e la spalla. Sembrava fatto apposta. Lui cominciò a sussurrarmi nell'orecchio, canticchiava qualcosa, senza le parole, solo suoni, seguendo quello che gli veniva sul momento. Mi persi letteralmente nelle pieghe della sua voce. Quelle note riuscivano ad accarezzarmi nel profondo, a toccare le corde del mio cuore. Solo lui ci riusciva. Quella melodia era molto simile ad una ninna nanna. Ero così stanca... Era stata una settimana pesantissima tra compiti e interrogazioni. Sentivo gli occhi che piano piano di chiudevano. Non volevo, ma mi dovetti arrendere. Mi addormentai cullata dalla sua voce, tra le sue braccia.

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Quando il buio si avvicina pensa a me. - Marco Mengoni -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora