CAPITOLO 33

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CAPITOLO TRENTATRÉ

Al solo sentire quelle parole, il mio cuore cominciò a martellare nel petto. Lo aveva detto davvero. Due parole, cinque lettere.

"Ti amo"

Pronunciate da lui erano meravigliose, musicali anche se sussurrate piano all'orecchio. Una strana felicità e una nuova serenità mi presero. Ero felice perché in fondo avevo paura che quello che stavamo vivendo per me avesse un significato che non era lo stesso per lui. E invece così mi aveva detto che era lo stesso. Serena perché avevo trovato un po' di stabilità, un posto nel mondo. Nel suo. Per lui ero importante, ero qualcuno. Per lui c'era differenza se ci fossi stata o no. Forse ci si sentiva così quando ci si sentiva amati. Ero alle prese con un sentimento nuovo, che provavo per la prima volta, e che mi lasciava spiazzata. La consapevolezza di non poter vivere senza quella persona, il bisogno primo su tutti di renderla felice, perché solo così avrei potuto esserlo anche io. Il desiderio di essergli sempre vicina, in qualsiasi situazione. Mi tirai su appoggiandomi sul gomito. Volevo vederlo in faccia. Non avevo mai visto un'espressione più seria di quella che aveva lui in quel momento. Nel suo sguardo c'era qualcosa che prima non avrei saputo descrivere, ma che ora, per quello che aveva detto, sapevo cos'era. Amore. Puntò i suoi occhi nei miei e fu come se si fosse creato un filo invisibile tra i nostri sguardi, attraverso il quale passavano tutte le sensazioni più belle e positive che avessi mai provato. Per quello sguardo io conquistavo un posto nella realtà, esistevo. Era come se prima io fossi stata invisibile e che lui così mi avesse fatto diventare reale, mi avesse dato la vita. La mia vita dipendeva da quegli occhi, da quel filo invisibile che non doveva spezzarsi mai. Persino battere le palpebre poteva essere letale. Non mi ero mai sentita così. Finalmente capivo perché l'amore fosse stato sempre celebrato. In fondo c'era un motivo per vivere, non faceva tutto schifo in questo mondo. Alla fine dovetti chiudere per un attimo gli occhi. Cominciavo a vederci appannato a causa delle lacrime che salivano. Chiusi gli occhi nel tentativo di mandarle giù. Non volevo rovinare l'ennesimo bellissimo momento con Marco per colpa della mia facilità di pianto. Anche se erano lacrime di gioia. Volevo dirgli tutto quello che mi stava facendo provare, ma proprio non trovavo parole adatte per descrivere quello che in fondo neanche io capivo bene, quel calore che mi scaldava il cuore e correva sotto tutta la pelle.

"Se vuoi puoi piangere, eh! Sai che non è un problema per me, a meno che non piangi per tristezza" "Stavo cercando di trovare qualcosa di non scontato da dirti..."

"Tranquilla, aspetto, non ho fretta, prenditi tutto il tempo che vuoi... Non devi neanche rispondere oggi per forza..."

"È che sarebbe troppo banale dirti che ti amo anche io..."

"Ma è l'unica cosa che vorrei sentirti dire"

"Ti amo Marco"

Ecco. L'avevo detto. Speravo che dicendolo riuscissi a fargli provare una minima parte di quello che lui mi aveva scatenato dentro. Quella disparità l'avevo sempre avvertita, avevo paura di non fare per lui abbastanza, rispetto a quello che lui faceva per me. Le sue labbra si aprirono in un sorriso così bello da frastornarmi. È come ogni volta che lo faceva, io mi chiesi come poteva essere che fosse per me e mi meravigliavo di quanto fossi fortunata. Sentii il bisogno di alzare la posta in gioco. "Tanto"

"Da morire?" Chiese continuando a sorridere.

"No... Da vivere. Sei la ragione per cui vivo ormai, l'aria nei miei polm..."

Non mi fece neanche finire la frase che mettendomi la mano dietro alla testa mi avvicinò a sé e incollò le sue labbra alle mie. Quel bacio mi ubriacò totalmente, non rispondevo più del mio corpo, il trasporto tra noi aveva raggiunto un livello che non avevamo mai neanche sfiorato.

"Aspetta un attimo, fammi alzare, stavo per dimenticarmi una cosa"

Con molto dispiacere lo lasciai andare e mi misi seduta ad aspettarlo. Quando tornò teneva le mani dietro alla schiena.

"Chiudi gli occhi"

"Mi devo fidare?"

"Io al posto tuo non lo farei... Ma decidi tu"

Chiusi gli occhi. Di lui mi fidavo completamente, se mi avesse chiesto di buttarmi giù da un ponte lo avrei fatto. Mi accorsi che si mise seduto dietro a me, e feci aderire la mia schiena al suo petto. Sentii qualcosa di freddo e metallico scivolare nella scollatura della maglia. Poi mi diede un bacio sul collo.

"Ora puoi aprire"

Al collo mi aveva messo una catenina con un piccolo ciondolo. Era la metà di un cuore d'oro, sottilissima, con incisa una piccola e elegante M. La presi tra le mani.

"È bellissima... Ma Marco, avevamo detto niente regali"

"Infatti non è un regalo, è una stupidaggine... È per sentirmi vicino quando non ci sono... E poi io ce l'ho uguale"

Disse questo e si mise al collo la metà che completava il cuore, e che portava impressa una A.

"Ma non mi serve... Tu sei già sempre nei miei pensieri..."

Il resto della giornata passò così, tra coccole e frasi a volte anche troppo sdolcinate. Ma per una volta potevamo permettercelo. Non si poteva sempre ridere e scherzare. Servivano anche questi momenti. Soprattutto perché dovevamo rimediare al tempo passato lontani. Mi addormentai felice quella sera, leggendo il suo ultimo messaggio.

"Notte piccola. Ti amo"

Quando il buio si avvicina pensa a me. - Marco Mengoni -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora