CAPITOLO 14

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CAPITOLO QUATTORDICI
Quel messaggio mi aveva veramente turbata. Dopo tutto quel tempo. Non capivo perché mi avesse cercata così. Non sapevo neanche se mi facesse piacere o no. Un tempo ero sempre io a scrivergli. Ma dall'ultima volta era passato molto tempo e sinceramente da quando avevo conosciuto Marco non pensavo più a lui. Voleva che ci incontrassimo. Io invece non ne avevo voglia, rimandavo sempre con la scusa, neanche troppo falsa, che avevo molto da studiare. Ne parlai anche con Marco, che mi sembrò abbastanza infastidito da questa cosa e pensava che mi stessi comportando bene. Continuava a scrivermi però. Alla fine avrei dovuto cedere. Non volevo vederlo, non volevo che l'incontro con lui riportasse in superficie quello che avevo provato. Ma intanto c'era il concerto di Marco, volevo concentrarmi solo su quello. Ero curiosa. Volevo vedere che effetto mi avrebbe fatto sentirlo cantare dopo averlo conosciuto. Non ero mai stata troppo attenta su come vestirmi, non mi ero quasi mai truccata. Ma stavolta ci tenevo. Mia madre si stupì moltissimo di tutto il tempo che passai chiusa in bagno per cercare di fare qualcosa di decente. Mi venne a prendere Marta a casa. In quei giorni avevamo legato moltissimo, in lei avevo trovato una sorta di sorella maggiore. Mi aveva aiutato lei a scegliere il vestito che portavo quella sera.
"Abbiamo scelto proprio bene. Stai benissimo!"
"Non è niente di che..."
"Piantala che sei bellissima stasera. Farai proprio una bella sorpresa a Marco.... Ma senti un po', quell'altro si è più fatto sentire?"
"Stamattina... Non so più che fare...."
"Ma ti piace ancora?"
"È questo il punto, non lo so"
"Vabbé dai non ci pensare per stasera"
Arrivammo all'auditorium e fui letteralmente investita dai ricordi dell'ultima volta. Andai persino a vedere il posto in cui ero seduta. Si spensero le luci. La magia si riaccese per un'altra volta. Stavolta le emozioni furono ancora più forti. In più mi sembrava che mentre Marco, che era come al solito elegantissimo e bellissimo, mi guardasse mentre diceva determinate frasi. Le lacrime mi rigavano le guance e con loro portavano via il trucco che per una volta mi ero messa. Marta se la rideva.
"Serve un fazzoletto?"
"Si...."


Quanto mi piaceva cantare davanti al mio esercito. I concerti non erano solo esecuzione di brani. Era una condivisione di emozioni tra me e loro. Molte volte mi sono emozionato fino alle lacrime, che non ho mai nascosto. Ogni volta facevo il pieno per poi tirarle fuori nei momenti in cui mi trovavo solo. Ma stavolta era diverso. Cantavo anche e soprattutto per una persona. Guardavo verso di lei mentre dicevo alcune particolari frasi. E ogni volta che incrociavo il suo sguardo lo trovavo pieno di lacrime e brillante. Avrei voluto scendere dal palco per stringerla. Ma dovevo aspettare. Finito il concerto, mi raggiunse in camerino e mi gettò le braccia al collo. Prima l'avevo vista solo seduta, ora che era in piedi potei vedere che era davvero bellissima. Portava un semplice tubino nero che però le metteva in mostra i fianchi larghi e la vita stretta e dei tacchi, non troppo alti. Anche il trucco colato le donava. In quei giorni avevo capito di provare qualcosa per lei, anche se non ne conoscevo la natura. La strinsi forte a me. La mattina dopo sarei dovuto ripartire e stavolta non sarei tornato che non prima di quattro cinque giorni. Volevo portare con me tutto il calore del suo corpo e il suo profumo.
"Sei stato eccezionale stasera, ancora meglio di altre volte, anche se non lo credevo possibile..."
"E tu sei bellissima..." Il suo viso avvampò a questa frase. Glielo avrei ripetuto fino a non poterne più.
"Dai ti riportò a casa, che già è tardi, poi chi la sente tua madre"
In macchina nessuno dei due parlò. Per tutto il tempo tenne la testa appoggiata sulla mia spalla. Il viaggio durò troppo poco. Arrivati sotto casa sua, non sapevo che fare.
"Quando passi da Roma fatti sentire ok?"
"Certo... Già mi manchi..."
"Anche tu...." Disse con voce rotta.
No, non piangere, altrimenti non ce la faccio a lasciarti qui. Ci pensò lei.
"Buonanotte" e scese dalla macchina dopo un rapido bacio sulla guancia. Corse dentro tanto veloce quanto i tacchi glielo permettevano. Ero un idiota totale, non volevo farla andare via così. Ma ormai era tardi. Rimisi in moto e mi allontanai.


Scappare da lui era l'ultima cosa che avrei voluto fare. Ma sentivo che stavo per scoppiare a piangere, di nuovo. Non volevo che mi vedesse. Lo aveva già fatto troppe volte. Dopo un bacio velocissimo sulla guancia, volai sulle scale di casa, rischiando di cadere per colpa di quei tacchi che proprio non sapevo portare.

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Quando il buio si avvicina pensa a me. - Marco Mengoni -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora