CAPITOLO 22

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CAPITOLO VENTIDUE
Quando mi svegliai, avevo la sensazione di stare troppo comoda. Aprii gli occhi. Ero nella camera di Marco, nel suo letto. Rituffai la testa nel cuscino per respirare a pieni polmoni il suo profumo. Era fortissimo, mi dava quasi alla testa. Però non potei fare a meno di notare che in quel letto in due non ci saremmo entrati. Quindi con un po' di delusione capii che io e Marco non avevamo dormito insieme. Mi sarebbe piaciuto dormire con lui. Avevo sempre pensato che dormire insieme fosse la cosa più intima che due persone potessero fare, ancor più che fare l'amore. Perché quando si dorme non si ha controllo del proprio corpo, è il subconscio che prende il controllo. In più avevo ancora addosso quei vestiti assurdi del costume. Mentre mi mettevo qualcosa di più comodo (avevo la borsa con il cambio che avevo portato per la cena con i miei), cercai di ricostruire la serata, per capire come fossi arrivata li. Ma i miei ricordi non si spingevano oltre al motivetto che Marco aveva cantato per me. Uscii dalla stanza e trovai Marco che dormiva sul divano. Che carino, mi aveva lasciato il suo letto per dormire li, e ci andava pure corto, stava tutto accucciato. Mi fece una tenerezza infinita. Rimasi un attimo a contemplarlo. Ero incantata da quei lineamenti, così distesi e sereni nel sonno. Forse stava facendo un bel sogno. Sembrava un bambino. Gli sistemai la coperta che era scesa un po', attenta a non svegliarlo.
Volevo fargli una sorpresa e preparargli la colazione. Andai in cucina e cercando di fare meno rumore possibile misi su il caffè. Ero davanti ai fuochi quando mi sentii abbracciare da dietro e baciare prima sulla guancia, poi sotto l'orecchio e infine sul collo.
"Buongiorno piccola mia" con voce assonnata.
"Buongiorno.... Mi hai fatto spaventare...."
Mi girai e vidi che aveva ancora gli occhi quasi chiusi e i capelli in disordine, ma comunque mi regalò uno dei suoi meravigliosi sorrisi. Ogni volta che lo faceva non potevo non pensare che era tutto per me.
"Che combini?"
"Volevo portarti la colazione di la, ma ti sei svegliato prima..."
"Quanto sei dolce, non serviva" E mi baciò premendo le sue labbra sulle mie più e più volte, sorridendo. Mi piaceva la nostra differenza di altezza quando mi baciava, il fatto di dovermi alzare in punta di piedi per arrivare a lui.
"Non so neanche più quanto tempo è passato dall'ultima volta che qualcuno lo ha fatto per me"
"Era il minimo, mi hai lasciato il tuo letto"
"A proposito, hai dormito bene?"
"Si ma mi sono sentita un po' sola, avrei voluto dormire insieme a te..."
Mentre dicevo questo intrecciai le mie mani dietro al suo collo.
"Anche io avrei voluto, ma sinceramente vorrei che accadesse quando te ne potrai accorgere, non infilarmi nel letto accanto a te mentre già dormi"
Mi guardava in modo troppo intenso mentre lo diceva, come se avesse voluto entrare nella mia testa, passando dagli occhi, e leggere i miei pensieri. Avrei voluto dirgli che ero pronta a condividere tutto con lui, a fare tutto, che tutta me stessa gli apparteneva. Ma come al solito non ci riuscivo. Mi bloccavo sempre quando si trattava di queste cose. Ma chissà come, lo aveva capito, lo sapeva. Mi strinse più forte ancora e mi baciò. Stavolta però non si limitò a quello a stampo, ma fui sorpresa dalla passione di quel bacio. Le sue labbra premevano con forza sulle mie, che si muovevano all'unisono. La mano che aveva poggiato sulla mia schiena scendeva sempre più giù, e si fermò soltanto quando arrivò sotto l'altezza dei fianchi. Una sensazione molto poco nobile, che partiva dal basso ventre, mi prese fortissimo. Fui spaventata dalle reazioni del mio corpo.
La puzza di bruciato ci costrinse ad interrompere. Avevamo lasciato la macchinetta del caffè sul fuoco. Io ne approfittai per ricompormi e riprendere fiato. Per tutto il resto del giorno Marco fu agitatissimo. Dovunque si mettesse, sembrava non trovare pace. Dopo aver preparato da mangiare con grande impegno, si chiuse in camera per decidere come vestirsi. Ci teneva veramente molto a fare bella figura. Quando uscì dalla stanza si stava abbottonando i polsini della camicia, che davanti era tutta aperta. Cercai di fare la vaga e l'indifferente, ma l'occhio cadeva, eccome se cadeva. Mi stava chiedendo una cosa, che però non avevo sentito.
"Puoi ripetere? Scusa non stavo ascoltando..."
"Me ne sono accorto! Comunque ti stavo chiedendo come dovrei mettere i capelli, tiro su, tiro giù, mando indietro...?"
"Come te pare... Ma una cosa... Non dico di tagliarla tutta... Ma almeno accorcia un po' quella barba..."
"Noooo... La barba noooo..."
"Mia madre odia quelli che la portano così lunga..."
"E va bene..." E sconsolato si ritirò.
Ma cosa mi stava prendendo quel giorno? Quelle sensazioni erano tutt'altro che sgradevoli, ma chissà perché sentivo che era sbagliato averle. Dopo dieci minuti Marco riuscì, con la barba fatta e la camicia, ahimè, tutta abbottonata. Stava benissimo e senza barba cambiava letteralmente faccia. Si sedette sul divano accanto a me e mi passò un braccio attorno alle spalle. Io appoggia la testa sulla sua spalla e per un attimo regnò il silenzio. Era nervoso, si vedeva lontano chilometri. La gamba cominciò a tremargli e il piede a battere sul pavimento. Io misi la mano sul suo ginocchio. "Stai calmo, te canti davanti a migliaia di persone e ti innervosisci per così poco?"
"In questo momento sarebbe più facile cantare davanti a un milione di persone in mutande... A proposito... Che te guardavi prima?"
"Io? Niente... Non stavo guardando"
Si girò e mi spinse giù sdraiata sul divano, tenendomi bloccate le braccia e mettendosi a cavalcioni su di me.
"Ma se eri così imbambolata che ti ho dovuto ripetere la domanda..."
Non riuscivo neanche a formulare un pensiero logico, figuriamoci rispondere.
"Ok, forse ho dato un'occhiata..."
"E quello che vedevi ti piaceva?" Continuava ad avvicinarsi, facendo sentire sempre di più il peso del suo corpo sul mio. Il cuore accelerò di colpo i battiti. Ma cosa voleva fare? Cosa gli era preso quel giorno. Squillò il citofono.
"Salvata da mamma e papà" mi diede un bacio sul collo, si alzò come se niente fosse ed andò ad aprire.


Quando il buio si avvicina pensa a me. - Marco Mengoni -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora