Capitolo 6

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NICOLE
Giorgio è andato avanti, ed io non posso farlo, perché sono incinta. Inizialmente rifiutavo l'idea di esserlo, non riuscivo proprio ad accettarlo, ma giorno dopo giorno metabolizzavo l'idea, o almeno ci provavo. Ragionavo praticamente tutto il giorno sulle tre ipotesi a mia disposizione: diventare ufficialmente mamma, dare il bambino in adozione o abortire.
L'idea di abortire mi era passata varie volte per la testa e mi sembrava spesso l'opzione migliore di tutte, ma non ce l'avrei mai fatta ad uccidere un piccolo esserino che stava crescendo dentro di me. Si erano già spente troppe vite in quell'ultimo periodo. È stata mia e di Giorgio la colpa, non avevamo preso le adeguate preucazioni e ora ne avremmo pagate le conseguenze, anzi, ne avrei pagate, dato che lui probabilmente si è già rifatto una nuova vita. Lui è famoso, pieno di donne e in una buona situazione economica, un figlio non rientra di certo nei suoi piani.
Durante il mio conflitto interoriore riguardante l'aborto, mi era tornato in mente un libro che avevo letto molti anni addietro. L'ho cercato fra i libri nella libreria; l'ho aperto, e già dalle prime pagine sono riuscita a capire quanto l'aborto sia sbagliato, in questo caso.
"[...] io temo il niente, il non esserci, il dover dire di non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sbaglio, sia  pure per l'altrui distrazione.". Se abortissi, è come se privassi quel bambino anche delle più piccole emozioni. Mia sorella ha preferito morire, piuttosto che soffrire ancora; penso che questo piccolo essere che vive dentro di me debba avere la possibilità di scegliere tra il soffrire e il morire. Il soffrire è parte della vita, ci si abituerà, esattamente come un giorno si abituerà a fare i suoi bisogni nel vasino e non più nel pannolone; si abituerà al dolore, esattamente come si abituerà a camminare e non a gattonare. Sono pronta per impedire a un piccolo essere indifeso del tutto innocente di provare anche la più piccola delle emozioni?, la più piccola delle gioie?, la più piccola delle sofferenze? No, non lo sono.
Dopo aver preso questa decisione, che si è dimostrata più ardua di quanto avessi mai potuto immaginare, ho valutato la seconda opzione: l'adozione. Riuscirei a vivere sapendo che quel piccolo esserino, sangue del mio sangue, che per nove mesi è vissuto dentro di me, che per nove mesi ha respirato con me, vive lontano e con persone che non conosco?
Sono pronta l l'evenienza che un giorno sarà un fan di Mostro, non sapendo che è suo padre?, sono pronta all'evenienza che un giorno, camminando per strada incrocerà il mio sguardo e non saprà chi sono, ed io non saprò chi è lui? O lei, potrebbe essere una lei. Non so neanche di che sesso sia questa creaturina che vive dentro di me, non ha nemmeno un nome, eppure è così difficile lasciarla andare. Volevo tenerlo-a, voglio che il mio bambino, o la mia bambina, cresca con me, voglio che guardandomi negli occhi riconosca la sua mamma. Sono egoista? Forse. Cosa potrei offrirgli io? Sono una ragazza di 23 anni, sola, in una città che non conosco, con un lavoro poco retribuito, e spesso emotivamente instabile. Sono la persona adatta a diventare madre? No, ma lo sarò, in qualsiasi evenienza. Sarò madre anche se, pensando al suo bene, darò il bambino, o la bambina, in affidamento. Non ce la posso fare, non posso affidare il mio bambino ad altre persone. Cercherò  di dargli la vita che io non ho mai avuto e che ho sempre desiderato. Non sarò mai una madre perfetta, ma mi impegnerò affinché possa sempre avere il meglio. Al contrario di quanto ha fatto mia madre, dedicherò a mio figlio tutte le attenzioni di cui avrà bisogno e gli darò tutto l'amore del mondo.
Sbaglierò migliaia di volte, ma saranno tutti fatti in buona fede.
Mi ripeto tutti i giorni le stesse cose, mi ripeto che posso farcela, ma ho paura. Ho una paura tremenda, che aumenta ogni giorno che passa. Ogni qual volta mi guardo allo specchio mi rendo conto che non sembro proprio una mamma: le braccia completamente tatuate sono in assoluto la cosa peggiore di tutte. Ho sempre amato i miei tatuaggi, erano le braccia così colorate l'unica parte del mio corpo che mi piaceva, ma adesso penso che stonino con l'idea della mamma. "Mamma", che bella parola. Sono pronta ad esserlo? No, è forse non lo sarò mai.
Quando scoprii di essere incinta, il mondo mi era crollato addosso. Era una scoperta inaspettata e, anche se può sembrare brutto da dirsi, indesiderata.
Negli ultimi anni l'idea di una gravidanza non mi era nemmeno lontanamente passata per la testa. Io sono sempre stata brava con i bambini, ma, almeno fino a quel momento, non avevo mai desiderato averne uno tutto mio, se non quando ero piccola e fantasticavo sul mio futuro.
Non avevo intenzione di informare Giorgio della gravidanza, forse, e dico forse, glielo dirò quando il bambino nascerà. Se non vorrà saperne, potrà tranquillamente non riconoscerlo, anzi, per la situazione nella quale ci troviamo da alcuni mesi sarebbe la scelta migliore. Non approvarei mai il fatto che lui stia con me solo perché abbiamo un figlio. Sinceramente, credo che un bambino possa crescere bene anche senza un padre, basta che riceva l'amore di cui ha bisogno. Io avevo entrambi i genitori, la classica famiglia tradizionale, eppure non sono riusciti a prendersi cura di me e di mia sorella.
Nonostante abbia fatto anche il secondo test e abbia dato il medesimo risultato del precedente, qualche giorno dopo sono andata a fare le analisi del sangue, giusto per evitare che ci fossero fraintendimenti e per sapere quando fosse avvenuto il concepimento.
Il responso è stato che, ovviamente, sono incinta e che il concepimento era avvenuto 8 settimane prima; facendo un rapido calcolo sono arrivata alla conclusione che il mio bambino è stato concepito a ferragosto, quando io e Giorgio facemmo "sesso" in acqua e nella tenda. Probabilmente mi ero scordata di prendere la pillola e non me ne ero nemmeno accorta.
Nelle prime 8 settimane di gravidanza erano successe talmente tante cose che non capisco come abbia fatto a non aver avuto un aborto spontaneo. Avevo subito un forte stress, avevo bevuto, avevo fumato, insomma, tutte cose che potrebbero compromettere la gravidanza. Mi sento una merda ad aver fatto certe cose, ma non sapevo di essere incinta. Mi piace pensare che magari due angeli di nome Clarissa e Vittorio abbiano vegliato su di me e sul mio bambino. Quando faccio questi pensieri "spirituali", quasi non mi riconosco.
Alla prima ecografia, sono andata da sola, nonostante Viola e Gionata si siano offerti varie volte di accompagnarmi, ma ogni volta ho declinato l'offerta. Alla fine siamo giunti ad un compromesso e mi hanno accompagnato fino allo studio del dottore, ma sono rimasti per tutta la durata della visita in auto.
Apro il portone d'ingresso e mi ritrovo difronte una lunga scalinata. Ricorda molto l'atrio del mio medico di base a Roma. Quando vivevo lì odiavo andarci, per paura che potesse rimproverarmi per via del mio peso. Ora non so cosa provi nei confronti dei dottori. Voglio andarci, voglio sapere come sta questa piccola creatura, ma ho paura di ricevere anche qui a Milano dei rimproveri per il mio peso. Forse saranno ancora più pesanti, visto che sono incinta.

Proteggimi, siamo rondini con il guinzaglio~ MostroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora