2. Sex, lies and...

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La testa della bionda che aveva abbordato al bar si muoveva su e giù, insieme alla mano liscia e curata che gli stringeva il membro impregnato di saliva e talmente duro e gonfio da sembrare sul punto di esplodere.

Julian, con la schiena premuta sui cuscini e contro la spalliera di un letto che non era il suo, continuava a tenere lo sguardo su di lei, scostandole, di tanto in tanto, i capelli dal viso, giusto per non perdersi nemmeno un istante di quel lavoro di bocca piuttosto degno di nota.

Lei si chiamava Jennifer e gli aveva fatto capire di starci ancora prima di scolarsi i due gin tonic che le aveva offerto. Lo aveva fatto semplicemente sfiorandogli una mano mentre con il piede risaliva dalla caviglia alla coscia fino ad arrivare alla sua intimità.

Nel frattempo, i suoi occhi erano incollati a quelli di lui, occhi che strabuzzò non appena si rese conto di quanto fosse già turgido quel che il ragazzo aveva tra le gambe.

In realtà, c'era poco da stupirsi, dato che Julian aveva quasi sempre l'uccello sveglio e pronto a spiccare il volo e che, perfino dopo il sesso, non voleva saperne di arrendersi, di stramazzare al suolo come, di solito, succedeva a tutti gli altri uomini comuni mortali.

Lui, però, non era come gli altri e probabilmente avrebbe dovuto farsi curare, se non fosse che di guarire da quella malattia non aveva alcuna intenzione. Che male c'era ad adorare il sesso? Ad avere sempre in testa tette di burro in cui affogare, natiche sode da stringere tra le mani e vagine in cui infilare la lingua, le dita e tutto quel che suggeriva la fantasia?

A lui andava bene così e non gliene fregava niente di ciò che la gente poteva pensare, tantomeno degli sguardi di disprezzo e del sarcasmo del suo adorato cugino, quello tutto d'un pezzo, quello che più che utilizzare la sua di mazza ne aveva una bella grossa piantata nel sedere.

Sentendo il culmine del piacere farsi più vicino, il ragazzo chiuse gli occhi e piegò il capo all'indietro, mentre un suono gutturale sfuggiva al suo già piuttosto scarso autocontrollo.

L'immagine della sconosciuta in lingerie riaffiorò nella sua mente con prepotenza e Julian si ritrovò ad afferrare Jennifer per i capelli e, poi, con le ciocche chiare attorcigliate alle dita, ad accompagnare il suo scivoloso saliscendi fino a che un potente orgasmo non lo indusse, tra gemiti sommessi e respiri spezzati, a svuotarsi completamente nella sua bocca.

Quando riaprì gli occhi, con ancora il petto ansante e il corpo scosso da fremiti, le sue iridi scure e profonde incontrarono quelle di Jennifer che, con il sorriso sulle labbra, era ancora occupata a leccarglielo. Non c'era più alcuna traccia di liquido seminale, né sopra il suo sesso né sulle labbra di lei. Ingorda.

Julian provò un leggero moto di fastidio nel rendersi conto che Jennifer, la maga dei pompini, non somigliava neanche un po' alla donna incontrata nello studio di Andrew. Non era lei, perché lei, in quel preciso istante, se la stava spassando insieme a quel rompipalle di suo cugino, magari glielo stava succhiando avidamente, proprio come la bionda aveva fatto con lui. Andrew, però, una bomba sexy come quella non se la meritava. Ma dove diavolo l'aveva pescata? Era così diversa dalle donne con cui, di solito, gli capitava di vederlo in giro, quelle insipide come colui che se le portava dietro. Esemplari femminili che, poteva scommetterci, se le avesse viste nude – e all'opera – sarebbero state capaci di farglielo divenire moscio, di guarirlo dalla sua malattia o, addirittura, di farlo convertire all'omosessualità. Più o meno.

Jennifer, ormai con lo stomaco pieno, risalì con movenze feline lungo l'addome e il petto nudo del ragazzo, ancora steso sul materasso, fino ad arrivare a sfiorargli le labbra con le sue. Poi, con un po' di esitazione, cercò il suo sguardo.

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