22. An old friend

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Fermo dentro la sua macchina, con lo sguardo oltre il cancello che delimitava la lussuosa dimora art déco di Stephen Taylor, vice sindaco di New York, Andrew si chiese più e più volte se scendere dalla vettura e varcare la soglia di quell'enorme proprietà fosse la cosa più giusta da fare o se, al contrario, avrebbe fatto meglio a lasciare White Plains e tornare al suo lavoro, a quella vita che gli sembrava andare in pezzi ogni minuto di più, ma che, perlomeno, gli avrebbe concesso di conservare un po' di dignità e d'orgoglio. Se lo chiese per un tempo indefinito, fino a che il pensiero di Marlene e Julian insieme, intenti a sfogare le loro malsane voglie dentro quel letto di Crown Heights in cui per mesi aveva dormito, non gli provocò la nausea inducendolo a uscire dall'abitacolo per prendere aria e soffocare un conato.

Non sopportava più di restare sveglio fino a tardi con gli occhi incollati al soffitto e una lama piantata nel petto. Non sopportava più quella sofferenza e quella delusione provati senza sosta che, una volta addormentato, si tramutavano in incubi, in immagini grottesche in cui la donna di cui era innamorato e il suo unico cugino si strusciavano l'una contro l'altro e si adoperavano in atteggiamenti volgari davanti al suo sguardo attonito, ridendo di lui. Sentiva di stare impazzendo, gli pareva di essere tornato indietro nel tempo o, per meglio dire, di essere stato catapultato all'improvviso dentro quel maledetto giorno di tredici anni prima, quando aveva scoperto il tradimento di Amanda e non c'aveva visto più, con la differenza che, adesso, purtroppo, faceva più male. Perché Marlene non era Amanda, perché questo era ciò che si era ripetuto fino a un attimo prima che il suo cuore venisse spaccato a metà, ancora una volta, dall'ultima persona al mondo che credeva capace di farlo. Aveva commesso il medesimo errore di un tempo, si era fidato ciecamente di qualcuno che, invece, non meritava nemmeno un briciolo di quella fiducia, forse nemmeno dell'amore che, nonostante tutto, ancora nutriva insieme alla speranza che ogni cosa, prima o poi, sarebbe tornata al suo posto. Un'utopia probabilmente, ma a lui non importava. Voleva solo riavere indietro ciò che era suo.

La domestica di casa Taylor lo fece accomodare all'interno dell'ampio e luminoso salone, che aveva raggiunto percorrendo il giardino fino alla porta d'ingresso senza rendersene conto, come se fosse in trance, per poi congedarsi da lui informandolo che la padrona di casa lo avrebbe presto raggiunto. Andrew annuì e, una volta solo, prese a far vagare lo sguardo per la stanza con aria distratta, sentendo l'ansia montargli in corpo ogni secondo di più. Alla fine fece un lungo respiro e sbuffò.

«Nervoso?»

La voce fin troppo nota di Amanda Rothschild giunse alle sue orecchie quasi come un colpo di frusta alle spalle, inducendolo ad accantonare i penosi pensieri che aveva in testa e a distogliere lo sguardo dalle fotografie in bella mostra sulla mensola del camino, che ritraevano vice sindaco e consorte fieri e sorridenti più che mai, per indirizzarlo sulla donna che gli sostava di fronte. Amanda teneva le braccia incrociate sotto il seno e le labbra piegate in un ghigno divertito.

«Puoi forse biasimarmi?» replicò Andrew, accigliato, mentre i suoi occhi mettevano a fuoco la figura che aveva davanti, la pelle olivastra, la chioma folta e castana che scendeva in onde morbide lungo la schiena, le sinuose forme infilate dentro un abito nero e aderente piuttosto scollato ma non volgare e quegli occhi vispi e scuri come il cioccolato fondente. Era la stessa di sempre, solo più sofisticata e ricca e, sebbene non la vedesse da almeno tre anni, pareva che il tempo, per lei, si fosse fermato.

«Ti ricordo che sei stato tu a cercarmi» gli disse facendosi più vicina e piegando appena la testa di lato. «Vederti è sempre un piacere per quel che mi riguarda, ma sono davvero curiosa di conoscere il motivo che ti ha spinto a chiedermi di incontrarti malgrado l'odio che nutri nei miei confronti» sospirò, all'apparenza delusa da quella consapevolezza.

«Ho smesso di odiarti tempo fa, ciò che provo adesso è indifferenza» sentenziò il ragazzo senza battere ciglio. «Sono qui perché ho bisogno di parlarti.»

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