Julian fu dimesso qualche giorno prima di Natale, nonostante il parere contrario dei dottori che avrebbero preferito tenerlo sotto controllo ancora per un po'. Non ne poteva più di essere rinchiuso dentro una stanza (già mal sopportava lo studio e, a volte, perfino casa sua), dell'odore di medicinali e disinfettante, di quel materasso a cui non era abituato, di starsene disteso a letto da solo, quando tutto ciò che desiderava era poterlo fare con Marlene, soprattutto adesso che la ragazza era sua soltanto. Aveva, quindi, insistito per firmare e andare via, proprio sotto lo sguardo contrariato e preoccupato di lei, che era stata molto più interessata di quanto non lo fosse lui al discorso del medico e alle sue raccomandazioni sulla terapia da continuare a casa per un paio di settimane ancora. Il gesso, invece, avrebbe dovuto portarlo per almeno un mese.
«Continuo a pensare che saresti dovuto restare, hai battuto la testa, sei ancora debole...»
«Sto benissimo. Ho solo bisogno di te!» Le disse, una volta giunti a Gramercy Park, afferrandola con il braccio "buono" e attirandola a sé prima di fiondarsi su quelle labbra morbide che sapevano di caffè, sesso e tenerezza.
Marlene ricambiò il bacio con trasporto, poi si staccò appena da lui e gli prese il volto tra le mani, piantando gli occhi nei suoi.
«Devi andarci piano anche con quello, sei convalescente!»
A Julian, a quella specie di ammonimento, comparve un piccolo solco tra le sopracciglia. «Ti desidero, non facciamo l'amore da settimane, me ne frego della convalescenza e perfino del braccio ingessato!» esclamò mentre, a passi lenti e con un ghigno divertito sulle labbra, si faceva in avanti sospingendo Marlene verso il divano. Al contatto tra i polpacci e la seduta, la ragazza vi si lasciò cadere sopra ridacchiando, e Julian si sistemò accanto a lei, appiccicato al suo corpo.
Le iridi nere erano incollate a lei, alla donna che amava. Ne seguivano le linee del volto, soffermandosi su ogni più piccolo particolare, il colorito naturale delle labbra, la punta del naso lievemente all'insù, qualche peletto di troppo sotto l'arcata sopraccigliare che non per questo la rendeva meno bella, o desiderabile. La guardava e sorrideva, era felice ed era certo di sembrare un idiota in quel momento, ma non gli importava.
Marlene sentì le guance farsi calde. Nonostante adesso fosse il suo uomo, nonostante la complicità tra loro, Julian continuava ad avere il potere di scavarle l'anima con un solo sguardo, di farle tremare la terra sotto i piedi. Proprio come in quel momento. Non resse a lungo il contatto visivo, quindi fece scivolare i suoi occhi sul petto di lui, sulla T-shirt nera che indossava, prima di adagiare la testa, dolcemente, appena sopra il braccio piegato e sorretto dal tutore. Sentiva il suo cuore battere forte e il profumo di Julian sulla stoffa leggera. La sua pelle calda le mancava, anche lei lo desiderava, era innegabile.
Lui infilò le dita tra i capelli che gli solleticavano il mento e cominciò a giocarci, facendoli scivolare tra esse per poi attorcigliarli con dolcezza e scioglierli di nuovo.
«Ora che stiamo insieme dovremmo vivere nella stessa casa, non trovi?»
Marlene ebbe un sussulto impercettibile. «Be', sì, credo di sì.»
«Casa tua è più grande e più comoda della mia, però la mia è arredata meglio ed è più nuova. Scelta difficile!»
«Possiamo sempre trasferirci da qualche altra parte. Tu ti occuperesti dell'arredamento, ovviamente, visto che ne sai più di me» replicò dandogli un pizzicotto sulla coscia.
Julian ridacchiò. «Sarebbe un'idea, ma nel frattempo?»
Marlene sollevò la testa dal petto di lui e lo guardò. «Dopo il turno al Johnny's passo da casa, riempio una borsa e vengo a stare qui!»
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Black obsidian
ChickLit#1 || The Colors of Desire Series || Andrew e Julian Keller sono due giovani avvocati newyorkesi, cugini, uno con la testa sulle spalle, dedito al lavoro e intento a costruirsi una famiglia, l'altro più incline a soddisfare le proprie voglie e ad af...