6. Scent of vanilla

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«Avvocato, suo cugino mi ha chiesto di consegnarle questi documenti e...»

«Grazie, Rose! Può andare.»

Julian prese il fascicolo accuratamente rilegato dalle mani della receptionist senza nemmeno guardarla in faccia, lo adagiò sopra la tastiera del laptop che aveva davanti e cominciò a sfogliarlo in fretta. La donna, dopo aver annuito ed essersi congedata, raggiunse la porta e se la chiuse alle spalle. Lui nemmeno se ne rese conto. Aveva il cervello diviso in due: da un lato c'era la causa a cui avrebbe dovuto partecipare di lì a poco e tutto il lavoro che – a dispetto di ciò che Andrew pensava di lui – aveva svolto in quelle ultime settimane per poterla affrontare come era abituato a fare: da vincente. Dall'altro, invece, non poteva che esserci lei, Marlene, quella ragazza tanto sexy quanto imprevedibile che, dopo il pomeriggio trascorso insieme a lui, su di lui, lo aveva lasciato solo con i suoi pensieri e una bottiglia di vodka a cui, alla fine, non aveva saputo resistere, come, d'altra parte, faceva con qualsiasi cosa lo tentasse.

Afferrò la stilografica dal portapenne e firmò alcuni fogli, poi lasciò tutto dinnanzi a sé e, con un mix tra un sospiro e uno sbuffo, prese a massaggiarsi i bulbi oculari sprofondando nella sua poltrona di pelle. Da quanto tempo non vedeva la ragazza? Forse una settimana, forse due, era comunque troppo. Riaprì gli occhi e, con lo sguardo perso oltre le veneziane semichiuse, pensò al motivo di quel silenzio: Marlene si sentiva in colpa per aver tradito il suo uomo oppure, contro ogni aspettativa, quella storia assurda che si era raccontata era servita a renderle meno sporca la coscienza? Non ne aveva idea. Sapeva solo che gli mancava, che per giorni aveva sperato di vederla comparire in quello studio o sulla porta di casa sua, sorridente e maliziosa, con addosso quel profumo di vaniglia che gli aveva lasciato sulle lenzuola – che si era ostinato a non cambiare – e di cui aveva bisogno come dell'aria per respirare. E la desiderava più di prima, più di quando godere con lei e dentro di lei era soltanto un sogno.

Due energici colpi dietro la porta lo indussero ad abbandonare quei pensieri e a mettere da parte la malinconia. Julian si rimise composto e, d'istinto, sistemò il nodo della cravatta, ma,  prima che potesse rispondere "avanti", Marlene era già di fronte a lui. La vide avvicinarsi con un sorriso appena accennato sulle labbra rosse, accompagnata dal rumore dei sottili tacchi dei sandali gioiello che indossava. Era bellissima e sofisticata, infilata dentro un tailleur nero avvitato dalla cui giacca spuntava un top bianco con scollatura a cuore che metteva in risalto le morbide forme del suo décolleté. La ragazza prese posto su una delle poltrone all'altro capo della scrivania, riempiendo le narici di Julian di quel profumo vitale che era stato il suo unico "nutrimento" in quei giorni trascorsi lontano da lei. E il cuore dell'uomo perse un battito.

«Credevo che non ti avrei più rivista» le disse con gli occhi nei suoi, senza sorridere. Non ne aveva voglia, anzi, per quanto fosse felice di rivederla, ce l'aveva con lei per averlo sadicamente torturato con la sua assenza.

«Prima o poi ci saremmo incontrati di nuovo, dopotutto apparteniamo alla stessa famiglia!» replicò Marlene, risoluta, mostrandosi piuttosto rilassata, cosa che, invece, non era lui.

Julian rese il suo sguardo sottile. «Perché sei qui? Andy è con te?» le chiese col sospetto che, se la ragazza dei suoi pensieri proibiti fosse da Keller & Keller, anche suo cugino doveva essere nei paraggi.

«Lui è nel suo studio che parla con un cliente. Io volevo solo salutarti...»

«Solo?» la incalzò, stavolta increspando le labbra in un sorriso obliquo e malizioso.

«Solo» rispose la ragazza, sicura di sé. «Ciò che è successo tra noi non sarebbe dovuto accadere. Ad ogni modo, anche se è stato bello, non si ripeterà più.»

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