16. Stop breaking my heart

12K 445 25
                                    

Lo specchio del bagno, appannato per via del vapore acqueo, gli rimandava un'immagine di sé sfocata e indefinita. Julian pensò che, ironia della sorte, era proprio così che si sentiva da un po'. Era come se vivesse perennemente dietro un vetro smerigliato, con i contorni indecifrabili e una domanda costante nella testa: come diavolo ho fatto a ridurmi in questo stato? La risposta a quella domanda ce l'aveva, sapeva bene quale fosse la ragione per cui stava vedendo andare in pezzi la sua dignità, la sua fama di playboy da strapazzo, quella per cui veniva sempre additato e sminuito, quella da cui si sarebbe dovuto allontanare più che volentieri e che, invece, a lui non era mai dispiaciuta. Si era innamorato. Aveva permesso al sentimento che provava nei confronti di Marlene di avere la meglio su di lui, sulla sua smisurata voglia di scopare senza coinvolgimenti emotivi, di godere solo per il gusto di farlo, senza pensare al "dopo", senza preoccuparsi di risultare superficiale, di voltare le spalle, di chiudersi dietro una porta e aprirne subito un'altra, diversa, magari, che era pure meglio! E, invece, no. L'amore aveva colto in flagrante anche lui, l'aveva messo con le spalle al muro e di fronte a una scomoda verità, ovvero quella che, al di là delle sue più ferree convinzioni, non fosse poi così diverso dagli altri comuni mortali, che anche Julian Keller, prima o poi, sarebbe capitolato. Che fosse successo proprio con la donna di suo cugino, con la donna sbagliata, non era che un futile dettaglio, ormai.

La sua mano destra aderì alla lastra umida che aveva di fronte e, con un gesto secco, quei contorni sfocati lasciarono il posto a un riflesso più nitido. Si guardò negli occhi senza accennare il minimo movimento, restando nudo davanti al lavabo, con il corpo ancora lievemente bagnato e la pelle che, dopo la doccia calda a cui si era piacevolmente abbandonato, stava divenendo sempre più fredda. Quel piacere era scomparso, così come quello ancora più intenso provato solo qualche minuto prima tra le gambe di Jennifer e, adesso, tutto ciò che sentiva era un vuoto all'altezza dello stomaco, un'insopportabile oppressione toracica e la voglia di sferrare un pugno allo specchio e ridurlo in frantumi. Ma a cosa sarebbe servito? Qualche ferita più o meno profonda, un dolore pungente e la soddisfazione di averlo fatto davvero non avrebbero reso più accettabile quella situazione, Marlene non sarebbe scomparsa di punto in bianco dai suoi pensieri, tantomeno lo avrebbe fatto ciò che provava per lei e che, per quel che ne sapeva, era destinato a non essere corrisposto.

Abbassò lo sguardo e lo indirizzò sul telo bianco di spugna adagiato su un mobiletto, lo afferrò con forza e, legandolo attorno alla vita, si lasciò alle spalle la toilette.

Doveva raccogliere ciò che ancora restava del suo essere uomo, del rispetto che nutriva per se stesso e dire basta. Non sarebbe più stato l'altro, non si sarebbe più accontentato di vivere il suo desiderio nell'ombra. Non era un tipo da dietro le quinte, da insulsa comparsa, lui pretendeva una parte da protagonista e l'avrebbe ottenuta. Come sempre, anche senza di lei.

Con quel pensiero nella testa, prese a salire i gradini del soppalco e, una volta in camera sua, vide Jennifer nel suo letto, avvolta tra le lenzuola di raso nero e con l'aria di chi ne aveva combinata una delle sue.

«Perché sei ancora qui?» le chiese scostante e con un evidente cipiglio in volto prima di raggiungere il comodino e tirare fuori la biancheria pulita dal cassetto.

La bionda si coprì un po' di più. «Credevo stessi scherzando.»

Lui la fulminò con lo sguardo. «Esci da quel cazzo di letto e da casa mia. Non farmelo più ripetere!»

«Oh, andiamo! Non puoi tenermi il muso per sempre!»

«Tenerti il muso?» Julian rise isterico. «Non ti tengo il muso, sono incazzato da morire con te e, fidati, è decisamente un'altra cosa!»

Così dicendo, si liberò dell'asciugamano e infilò un paio di boxer blu notte, mentre Jennifer lo osservava imbronciata. Poi fece lo stesso con una T-shirt della stessa tinta e, infine, si allungò sul letto, afferrò un lembo di lenzuolo e lo tirò, deciso, a sé. «Fuori!»

Black obsidianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora