3. Unexpected truth

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«Tesoro, sei qui!»

Andrew sollevò lo sguardo dai fogli che teneva tra le mani e sorrise a sua madre. La donna, con i capelli biondo cenere raccolti in uno chignon e l'inseparabile collana di perle che faceva bella mostra di sé su un dolcevita rosa di cachemire, lo raggiunse sul divano e, dopo essersi lisciata la gonna a matita blu scuro, prese dolcemente la mano del figlio nella sua. «Credevo non ci saremmo visti fino a domani.»

«Infatti non sarei tornato a casa per pranzo, se Julian non ne avesse combinata una delle sue. Il lavoro è l'ultimo dei suoi pensieri e a me, invece, sembra di spaccarmi la schiena il doppio!» esclamò il ragazzo, sfilando la mano da quella di Hanna Keller per poi scuotere la testa e sospirare. Allo stesso tempo, lanciò i fogli che stava esaminando sul tavolino di cristallo che aveva davanti e abbandonò la schiena sulla spalliera del divano. «Se non fossi obbligato a tenerlo con me, lo avrei già buttato fuori dallo studio...»

«Perfetto!»

Una voce profonda e imponente gli fece eco dalle scale e, in pochi istanti, suo padre entrò in soggiorno con lo sguardo già puntato su di lui, quello che gli riservava sempre quando c'era qualcosa su cui dissentiva, sottile e tagliente. «A quanto pare, tutte le volte che mi raccomando con te e tuo cugino di smetterla di fare i bambini, di pensare a costruirvi un futuro solido e di sforzarvi di andare d'accordo, fate sì con la testa ma, in realtà, mi prendete in giro!» disse a voce alta, fermandosi dall'altro lato del tavolino, di fronte a sua moglie e suo figlio, con le mani appoggiate sui fianchi e gli occhi, identici a quelli di Andrew, fissi sul ragazzo.

Victor Keller sarebbe rimasto per sempre uno degli avvocati penalisti più famosi e in gamba di New York, anche grazie alla collaborazione di una vita con suo fratello minore Robert, il padre di Julian, a cui era profondamente legato e che, come lui, aveva deciso di abbandonare la professione per lasciare lo studio legale, nonché ricca fonte di anni di gloria e soddisfazione, al suo unico figlio. Ciò che, probabilmente, i fratelli Keller avevano sottovalutato era che, al contrario di loro due, Andrew e Julian non erano mai andati d'accordo, e che quel legame che da sempre univa i loro padri non sapevano nemmeno cosa fosse. I due ragazzi, nonostante avessero percorso la stessa strada per tutti quegli anni, dall'asilo fino all'università, erano sempre stati rivali, si erano sempre detestati senza farne mistero.

Andrew fece scorrere lo sguardo sulla figura autoritaria di Victor, dagli occhi di ghiaccio con cui lo fissava al completo elegante che aveva addosso e che - a parte i capelli quasi del tutto bianchi e qualche ruga in più - contribuiva a ricordargli quanto fossero simili sia fisicamente che nei gusti e nel modo di fare. Era sempre andato d'accordo con suo padre, ma, quando si trattava di Julian, era come se parlassero due lingue diverse: non ne comprendeva esattamente la ragione, ma Victor si ostinava a credere in lui, a dargli fiducia e, anche più di Robert, a sperare in un miracolo. Andrew, però, a quel miracolo non credeva. Lui e Julian si sarebbero odiati per sempre, forse anche se quest'ultimo si fosse deciso a prendere sul serio il suo lavoro. Per come la vedeva lui all'orizzonte il cielo era nero più che mai.

«Sei tu che continui a sperare nella redenzione di tuo nipote, nonostante i fatti dicano altro. Io non c'ho mai creduto e, a dirla tutta, non mi è mai importato di lui. In comune abbiamo circa il dodici percento dei geni. A mio parere... davvero poco!» Andrew si alzò in piedi, aggirando il tavolino per portarsi più vicino a suo padre, che continuava a guardarlo con gli occhi stretti. «Capisco che tu gli voglia bene, ma per me è diverso. Posso sopportare il fatto che sia un lavativo, anche se questo si ripercuote inevitabilmente sull'intero studio, ma il resto toglitelo dalla testa. Se non siamo mai andati d'accordo, un motivo ci sarà!»

«Già. E io vorrei proprio sapere qual è!»

Andrew non rispose. Si limitò a tenere gli occhi in quelli di suo padre per qualche istante ancora. Poi, con la mascella lievemente contratta, diede le spalle a entrambi i genitori e, in fretta, lasciò la stanza. Aveva voglia di spaccare qualcosa e, se fosse rimasto ancora un po' in quel soggiorno, se la sarebbe presa con la collezione di vasi pregiati di sua madre.

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