18. Rain and tears

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Portland, quel giorno, non sembrava affatto la grande e movimentata città che si era lasciata alle spalle quattro anni prima. Del sole cocente di mezza estate che l'aveva accompagnata alla fermata dell'autobus - e per quasi tutto il tragitto fino a New York - non c'era il minimo raggio, l'aria era piuttosto umida e qualche goccia di pioggia, di tanto in tanto, cadeva a bagnarle il viso.

Perfino la via in cui si trovava casa sua (o per meglio dire di suo padre) appariva diversa. Quella stessa dimora lo era, dipinta da poco di giallo canarino, con la recinzione messa a nuovo e cespugli verdissimi a incorniciarla, cespugli che, un tempo, non erano stati altro che erbaccia incolta. Marlene la ricordava bene, non aveva dimenticato nemmeno un particolare di ciò che era stata la sua vita in quel periodo, quello più brutto della sua esistenza, quando si era ritrovata sola, senza più una madre e nel bel mezzo di un incubo senza fine. Mentre era ferma sul ciglio del marciapiede, con lo sguardo che non voleva saperne di staccarsi dalla facciata dell'abitazione paterna e il cuore che sembrava pronto per essere vomitato, si ritrovò, per la prima volta dall'inizio di quel lungo viaggio, a ringraziare il Cielo che Julian fosse lì, accanto a lei, che non dovesse essere costretta ad affrontare da sola i fantasmi del suo passato.

«Se restiamo qui immobili a fissare la casa ancora un po', qualcuno chiamerà la polizia. Sembriamo due stalker!» esclamò il ragazzo ridacchiando. Si era reso conto di quanto Marlene fosse tesa, soprattutto per via dei lunghi respiri che le sentiva fare ogni tanto, quindi quella frase, non meno stupida di molte altre già venute fuori dalla sua bocca, era stata detta nel tentativo di scuoterla e incoraggiarla a farsi avanti. Dopotutto, avevano macinato chilometri proprio per quello. «Forza! Bussa alla porta» la incalzò, incamminandosi per primo verso l'uscio. Marlene non disse nulla, si limitò a fare ancora un profondo respiro e a seguirlo fino a raggiungere il portico. Le mani le tremavano, era emozionata, felice, ma al tempo stesso aveva paura di ciò che avrebbe trovato al di là della porta laccata di rosso.

Un tempo era marrone e fradicia, pensò, mentre le sue dita si facevano sempre più vicine al campanello. Stava quasi per pigiare il bottoncino dorato, quando ebbe un ripensamento.

«Non ci riesco, non sono pronta, forse non sarei dovuta venire o avrei fatto meglio ad avvisare. Qui è tutto diverso, tutto nuovo... Oddio, non so che fare!»

Julian, con un sopracciglio sollevato, la vide muoversi su e giù davanti all'ingresso, con i palmi appiccicati alla fronte e in preda all'agitazione. Scosse il capo, sorrise sghembo e poi, in un lampo, schiacciò il pulsante.

Marlene si bloccò di colpo. «Che hai fatto?» chiese con gli occhi strabuzzati.

«Ho suonato il campanello» replicò lui candidamente. Poi incrociò le braccia al petto e, mentre Marlene farfugliava qualcosa di incomprensibile - probabilmente insulti al suo indirizzo - restò, come la ragazza accanto a sé, in attesa che qualcuno arrivasse ad aprire.

Marlene sperò che fosse proprio suo padre a farlo, quindi si stampò un bel sorriso sulle labbra e cercò di scacciare via la tensione dal suo volto. Quando, però, la porta fu aperta, quel sorriso le morì e le mani si strinsero inevitabilmente a pugno.

Una donna dalla chioma mechata e fresca di parrucchiere, rossetto vermiglio sulle labbra e sigaretta slim accesa tra le dita, dopo l'iniziale stupore, la squadrò da capo a piedi.

«Toh, chi si rivede! La povera derelitta è tornata!» espresse in una sonora risata che, alle orecchie di Marlene, risuonò alquanto irritante.

«Patricia. Mentirei se dicessi che sono qui per te. Voglio vedere mio padre!» disse decisa, ignorando il modo poco gentile con cui l'aveva appellata, mentre Julian osservava le due donne a confronto e respirava la tensione che erano riuscite a generare con un piccolo scambio di battute. Non era difficile immaginare l'aria che tirava un tempo da quelle parti. I suoi occhi neri incontrarono quelli contornati dalle ciglia finte di Patricia, quindi la donna, dopo avergli rivolto un mezzo sorriso compiaciuto, indirizzò nuovamente lo sguardo su Marlene. «Vuoi... vedere tuo padre?» chiese, e la ragazza annuì.

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