26. Loving you

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Marlene si mosse piano sotto le coperte, allungò un braccio in cerca di Julian ma non lo trovò, quindi, riaperti gli occhi, si sollevò su un gomito e indirizzò lo sguardo assonnato sul display luminoso della sveglia sul comodino. Segnava le sei.

Scivolò fuori dal letto e infilò il suo corpo nudo dentro la camicia che il ragazzo si era tolto la sera precedente, quando, mantenendo la parola data nel suo studio, l'aveva posseduta come solo lui sapeva fare per poi crollare sfinito al suo fianco e addormentarsi alla velocità della luce. Quel sonno, però, doveva essere stato intenso ma breve, visto che era già in piedi con un anticipo di un'ora.

Scese le scale del soppalco adagio, mentre ancora era intenta ad abbottonare la camicia sul seno, e poi, scalza, lo raggiunse in cucina. Julian era seduto su uno sgabello della penisola e teneva lo sguardo sull'iPad appoggiato davanti a sé. Aveva i capelli arruffati e indossava soltanto i pantaloni di un pigiama di cotone bianco a quadrettini blu di cui Marlene, fino a quel momento, aveva ignorato l'esistenza.

«Tu con un pigiama addosso?» gli chiese col sorriso sulle labbra mentre prendeva posto accanto a lui. «Credevo li detestassi!»

Julian ricambiò lo sguardo della ragazza, poi annuì. «Infatti. Questo me lo ha regalato mia madre prima che mi trasferissi qui. Non ha mai apprezzato il fatto che dormissi in mutande o nudo. Dopo essere sceso dal letto, al buio, non riuscivo a trovare i boxer, quindi mi sono coperto con la prima cosa saltata fuori dalla biancheria pulita, ovvero questo obbrobrio» rise sghembo. «Ma tu che ci fai in piedi a quest'ora?»

«Potrei farti la stessa domanda.»

«Non avevo più sonno e non mi andava di rigirarmi nel letto.»

Marlene poggiò un gomito sul tavolo e una guancia sul palmo aperto. «Stai pensando ancora alle minacce di Amanda?»

Lui sospirò a fondo. «È che non mi piace che abbia provato a mettersi tra noi. Il prossimo che ci prova lo ammazzo!»

«Non dirlo nemmeno per scherzo! E togliti quel pensiero dalla testa. Per me la questione è chiusa da ieri!»

«Oookay, lo farò» le rispose, con un nuovo sospiro e poca convinzione nella voce, tornando con lo sguardo al display dell'iPad.

Marlene restò a osservarlo per un po', in silenzio. Apprezzava l'ardore con cui le dimostrava di tenere a lei; che l'amasse era innegabile, e percepiva la sincerità in ogni sua parola, anche quando asseriva di poter commettere un omicidio, ecco perché non poteva fare a meno di preoccuparsi per lui in quel momento più che mai. Non era sereno come, invece, avrebbe dovuto essere ora che potevano amarsi liberamente, ora che c'erano loro due soltanto.

«Ascolta...», fece scivolare una braccio sul ripiano di vetro e cominciò ad accarezzargli una mano con dolcezza, «nessuno si metterà tra noi perché noi non glielo permetteremo. Staremo insieme qualunque cosa accada e ci impegneremo affinché il nostro amore duri per sempre» disse, mentre le dita si intrecciavano e sulle sue labbra nasceva un sorriso caldo.

Julian sorrise di rimando, aveva gli occhi lucidi. «Hai detto una cosa bellissima.»

«È ciò che penso. E dovresti farlo anche tu.»

Il ragazzo non disse altro, mostrò un semplice cenno d'assenso con la testa. Poi mise da parte l'iPad e si alzò in piedi. «Preparo il caffè.»

«Ottima idea!» gli fece eco Marlene un attimo prima che i suoi occhi fossero catturati da un paio di cartoncini avorio posti sotto il centrotavola.

Li tirò fuori e, quando si rese conto di avere tra le mani due inviti per il tradizionale e prestigioso party organizzato dall'Ordine degli Avvocati di New York, il suo sguardo si illuminò. «E questi?»

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