Quando riaprì gli occhi, quello che Julian vide non fu il soffitto della sua casa di Gramercy Park, ma uno di un bianco candido che, ne era certo, non aveva mai visto prima di allora, nemmeno allo studio legale. Lentamente, il suo sguardo accigliato vagò per la stanza, mettendo a fuoco un capiente armadio alla sua destra, una poltrona dall'aria piuttosto comoda alla sua sinistra e il suo corpo disteso in un letto a una piazza e mezza che... no, decisamente non conosceva. E il fatto che quella stanza fosse stata resa il più accogliente possibile, che fosse pulita probabilmente anche più di tutte quelle presenti nell'edificio, non era servito a rendere meno brusco il suo risveglio. Si trovava in ospedale e aveva anche un bell'ago infilato dentro un braccio, con un tubicino di plastica collegato a una flebo appesa sopra la sua testa. L'altro braccio, invece, era adagiato sul petto. Bloccato. Come i suoi pensieri. Come diavolo c'era finito lì?
Provò a riassemblare i ricordi, a cercare immagini nella sua memoria, un misero indizio su ciò che gli era accaduto, ma nulla. L'ultima cosa che ricordava era un bicchiere stretto forte tra le sue mani e la rabbia che gli attanagliava le viscere. Niente di più, niente di nuovo.
«Finalmente è sveglio!»
Una voce femminile giunse alle sue orecchie lieve come una carezza, quindi indirizzò le iridi nere sulla figura vestita di blu che gli sostava accanto, intenta a controllare ciò che gli stava entrando in circolo - chissà da quanto tempo - con un piccolo sorriso sulle labbra. Le fissò per un po' quelle labbra, osservò il viso acqua e sapone e i capelli biondo naturale legati in una coda di cavallo senza dire nulla, lasciando che l'infermiera facesse il suo dovere – ovvero sostituire la flebo con una nuova di zecca – rivolgendole la parola solo quando tra i loro occhi si stabilì un contatto.
«Che è successo? Perché mi trovo qui?»
«Ha avuto un brutto incidente, non ricorda?»
«No.»
La ragazza con la coda sorrise ancora. «Adesso sta bene, è fuori pericolo. Vado a dire al medico che è sveglio e alla sua fidanzata che può entrare.»
«Alla mia... fidanzata?»
«Sì, è qui fuori. Gliela chiamo, stia tranquillo!»
Julian, perplesso, vide la donna lasciare la stanza per poi tenere gli occhi fissi sull'uscio, in attesa di scorgere la sua... fidanzata. Da quando ne aveva una? Se non fosse stato per il dolore alla testa, blando ma presente, e la sensazione di essere appena uscito fuori da una lavatrice, avrebbe pensato a uno scherzo. Quando Marlene varcò la soglia, lui trattenne a stento una risata: quella di certo non era la sua di fidanzata. La ragazza gli si avvicinò a passo spedito e poi, contro ogni aspettativa, si chinò su di lui per baciargli le labbra.
Julian scorse i suoi occhi lucidi mentre si rimetteva su e notò perfino l'aria stanca, provata che aveva in volto.
«Ciao» disse in risposta a quel casto bacio, sempre più confuso e affamato di risposte. «Immagino tu sia qui da sola.» Se si era fiondata sulla sua bocca senza la minima esitazione, di sicuro Andy non era con lei. «Potresti spiegarmi che cavolo sta succedendo?»
Marlene annuì, poi aggirò il letto per raggiungere il lato opposto e mettersi a sedere sulla poltrona. Infine prese la mano di Julian nella sua, intrecciando le dita con quelle del ragazzo.
«Non ricordi nulla?»
La risposta di Julian fu un accigliato no con la testa.
«Hai perso il controllo dell'auto finendo contro un palo sulla Quinta Strada ed è un miracolo che tu abbia solo qualche osso rotto. Hai dormito per due giorni, ti tenevano sedato per precauzione, ma adesso sei fuori pericolo... ringraziando il Cielo!» sorrise.
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Black obsidian
ChickLit#1 || The Colors of Desire Series || Andrew e Julian Keller sono due giovani avvocati newyorkesi, cugini, uno con la testa sulle spalle, dedito al lavoro e intento a costruirsi una famiglia, l'altro più incline a soddisfare le proprie voglie e ad af...