Era lì, proprio sul mio comodino, mi fissava come se volesse affermare di aver vinto, non sarebbe riuscita facilmente a battermi.
Quella busta, aveva un colore triste, macabro, un giallo che non è un giallo, ma più un marrone. Orribile.
«Clara, hai finito?»
La voce di mia madre arrivò affannata dal piano di sotto, deve aver appena finito di baciare quel suo nuovo compagno, "l'artista", pensai.
«Quasi.»
Quando si prepara la valigia, non si sa mai cosa mettere all'interno.
Eppure le regole erano chiare, solo abiti neri, per riconoscerci tutti.
Christian mi era parso strano.
In mezzo a quella piazza deserta, la sera prima, dopo avergli detto che me ne sarei andata la sua faccia aveva assunto un'espressione atona, indifferente, totalmente assente.«Cioè fammi capire, ti arriva oggi e già domani te ne vai?»
Mi spaventai per la calma con cui quella frase gli era uscita dalle labbra, pensavo si sarebbe arrabbiato, che sarebbe stato frustrato.
«Sai com'è, non gli importa. Tanto devo andarci comunque, potevano inviarmela anche un'ora prima, non sarebbe cambiato nulla.»
Mi guardò, a volte si prendeva delle pause per guardarmi, non mi dava fastidio, al contrario degli altri, lui non mi guardava come se fossi una creatura strana proveniente da un altro pianeta, lui mi guardava semplicemente perché gli piaceva guardarmi, o perché non aveva qualcosa di meglio da contemplare.
Non rimase calmo a lungo, lo sapevo, avrebbe fatto una sfuriata.
«E quindi quella stronza di tua madre e quel suo maniaco sessuale di un ragazzo ti lasciano andare via così?!»
«Io..»
«Quello è un bastardo, Clara! Un pervertito! Sai benissimo cosa ha fatto! E tua madre ha anche avuto la faccia tosta di dare la colpa a te! Sua figlia, cazzo!»
Quando faceva così mi spaventava, ma ero abituata. Sapevo perfettamente cosa fare in quelle situazioni.
Mi avvicinai a lui, con l'insicurezza che mi si leggeva nelle iridi azzurre.
Posai una mano sulla sua guancia, quando gli capitava di perdere la calma cominciava a torturarsi l'anellino che portava al labbro, a volte anche troppo.
Il suo respiro irregolare si mischiò al mio, altrettanto irregolare.
I suoi occhi color cielo mi stavano perforando, sembrava che fossero capaci di attraversare la mia mente.
«Ti prego, non lasciarmi..»
Sussurrò vicino alle mie labbra.
«Mai.» bisbigliai.
Sentii un calore pervadere il mio corpo, o forse erano solo le mani di Christian che si erano posate sui miei fianchi e cominciavano a muoversi per tutta la mia schiena.
Quel bacio non fu come gli altri.
Quel bacio fu qualcosa di molto più complesso.
Era come se le nostre labbra non volessero lasciarsi, come se le nostre lingue si appartenessero.
Il mio corpo aderì perfettamente al suo quando mi appoggiò delicatamente contro il muro di una stretta via.
Mi staccai, affannata.
Io e lui non stavamo insieme, non era il mio ragazzo, e non era neanche il mio migliore amico. Era qualcosa di più, di più di un'insulsa etichetta.
Lui era l'unica persona che mi era rimasta.Scesi le scale, sapevo che non avrei più rivisto quel posto. Non potevo neanche definirlo "la mia casa", non lo era, non lo sarebbe mai stato.
«Ti aiuto, da' qua.»
Non avrei permesso che una persona, se così si poteva chiamare, talmente ripugnante mi toccasse o toccasse qualcosa di mia proprietà.
Alla fine era solo colpa sua se avevo dovuto preparare quella valigia.
Mi scansai dalla sua mano tesa e camminai verso la macchina; i miei capelli raccolti nello chignon cominciarono a sfuggire e ad andare per i fatti loro.
«Tesoro, mi mancherai.»
Mia madre fece per abbracciarmi, non ricambiai la stretta, rimasi impassibile, ecco un'altra colpevole della mia partenza.
Lei non mi avrebbe accompagnata, dovevo andarci con Frank , il suo compagno, fantastico!
«Ci vediamo quando torno, Isabelle.»
La baciò, non fu un bel bacio, non rappresentava nulla, era solo un "ci vediamo dopo". Tutto qui.
Salii in macchina, in parte felice di andarmene finalmente da quel posto.
La mamma stava piangendo, un po' mi sarebbe mancata, era pur sempre mia madre.
Partimmo.
«Finalmente non romperai più, dolcezza.»
Non lo guardai, mi salì la nausea solo al suono della sua voce, il solo pensiero di essere nella stessa auto con quell'uomo mi fece ricordare troppe cose che avevo deciso di reprimere per sempre negli angoli più reconditi della mia mente.
Sentii la tasca dei miei jeans vibrare.
Hai un nuovo messaggio:
Da Christian
Sei partita?
A Christian
Si, sono in macchina con Frank.La sua risposta non tardò ad arrivare, come mi aspettavo.
Da Christian
Non se ne parla, accosta al primo autogrill, ti vengo a prendere.Non lo avrei mai fatto venire così lontano solo per accompagnarmi nel luogo che mi avrebbe sottratto completamente la mia libertà.
A Christian
Sono arrivata, ti chiamo dopo.In realtà non era vero, mancava ancora qualche ora, Frank continuava a cantare quelle orribili canzoni che trasmettono alle radio sconosciute, con nomi che neanche un laureato in lingue sarebbe riuscito a leggere.
Non ne potevo più. Mi misi gli auricolari nelle orecchie e gli AC/DC arrivarono giusto in tempo prima del ritornello di quella canzone detestabile.
Mi addormentai dopo un po' di minuti, T.N.T. risuonava nelle mie orecchie, e mi sentii finalmente libera, come se quelle parole mi trasportassero fuori da quell'auto, il più lontano possibile da quell'essere.
«Dolcezza, svegliati.»
Il suo alito putrido mi fece rinvenire nel peggiore dei modi, i suoi occhi mi scrutavano, era snervante.
Quando focalizzai dove mi trovavo riconobbi l'edificio che avevo cercato su internet qualche giorno prima.
Ed eccomi li.
Eccomi all'inferno.
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Reformatory
Fanfiction-Mi guardò, a volte si prendeva delle pause per guardarmi, non mi dava fastidio, al contrario degli altri, lui non mi guardava come se fossi una creatura strana proveniente da un altro pianeta, lui mi guardava semplicemente perché gli piaceva guarda...