Only friends

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«Che c'è?» chiesi al ragazzo coricato comodamente sul letto, dopo aver chiuso la porta alle mie spalle.
«Vieni qui» disse solo lui, portandosi una mano dietro la testa, in modo da averla alzata quanto bastava per guardarmi negli occhi.
Io mi avvicinai al letto, «Cosa vuoi?» chiesi di nuovo, cominciando ad irritarmi.
Crawford senza preavviso afferrò il mio polso, facendomi cadere sul letto, totalmente addosso a lui.
«Ciao» disse solo, stringendomi la vita con le braccia, «Ciao» risposi, sconcertata da quel suo comportamento.
Cercai di divincolarmi da quella stretta, ma ovviamente era troppo forte per me.
«Come mai tutta questa dolcezza?» chiesi, arrendendomi, e sistemandomi meglio sul suo petto.
«C'è un nuovo ragazzo in camera con noi» mi informò lui.
Io aggrottai le sopracciglia «Ah, quindi?»
«È il tuo amico»
Ero sempre più confusa.
«E chi sarebbe "il mio amico"?»
Le sue braccia strinsero di più la presa, come se avesse paura che dopo aver pronunciato quel nome io me ne sarei andata.
«Quel Cameron»
Io sorrisi.
«Perché stai ridendo?» mi chiese, visibilmente irritato.
Io mi sporsi un po' più avanti, posandogli un leggero bacio a fior di labbra.
«Sei carino quando sei geloso»
«Non sono geloso»
«Si che lo sei»
«No, non lo so»
«D'accordo, non lo sei»
Non sentii nessuna risposta.
«Okay, forse un po'...»
Io sorrisi di nuovo e mi girai per poterlo guardare meglio.
Era davvero bello.
Ma non bello solo perché aveva un bel viso, o un bel corpo.
Lui era bello veramente.
Aveva quel non so che, che ti faceva perdere totalmente la testa.
Con un solo sguardo riusciva a farti impazzire completamente.
Aveva quegli occhi che potevano anche sembrare normalissimi occhi marroni, ma che nascondevano quel mistero dentro.
Lui era la vita.
La quiete e il temporale, l'oscurità e la luce, era tutto ciò di cui si poteva aver bisogno.
E io ne avevo bisogno, dio, se ne avevo.
Aveva il suo passato, la sua storia, ma un futuro da vivere.
Mi soffermai un attimo a pensare.
«Collins» lo chiamai, lui portò l'attenzione su di me.
«Che c'è?» chiese, cominciando ad accarezzarmi i capelli.
«Ma se hai diciotto anni, perché non te ne vai da qui?»
Lui sorrise.
«Non sei l'unica ad essere nata a fine anno, sai?»
Io ci pensai su.
«Non hai ancora diciotto anni?» chiesi sorpresa.
«A dicembre, ragazzina»
Io rimasi ancora un po' a rifletterci.
«Che giorno?»
«22»
Annuii, e presi a disegnare piccoli cerchi immaginari sul suo petto.
Rimanemmo in quella posizione a lungo.
«Cosa siamo noi?» chiesi, dopo un po'.
Lui portò le sue iridi nelle mie.
«Esseri umani» rispose, ridendo.
Io gli tirai un leggero schiaffo sul braccia.
«Dico sul serio. Cosa siamo, io e te?»
Crawford non rispose subito.
Passarono minuti, e cominciai a pensare che una risposta a quella domanda non ci sarebbe mai stata.
«Amici, credo» disse lui.
Io mi bloccai.
Ma in fondo l'avevo sempre saputo, non voleva storie serie, mi aveva semplicemente usata.
«Amici? Davvero?»
«Cosa c'è, volevi sentirti dire "Sei la mia ragazza" o cazzate simili?»
Mi alzai bruscamente dal letto.
«D'accordo, basta» affermai.
«Basta cosa? Non c'è niente che deve finire» replicò lui, alzandosi a sua volta.
«Basta tutto, basta noi» continuai io, quasi non avendolo sentito.
Quelle parole sembrarono scalfirlo per un secondo, ma durò poco la sua vulnerabilità.
«Magari è meglio tornarsi ad ignorare» affermai.
«Faccio quello che mi pare» rispose lui, con la sua finta aria da duro.
«Bene» dissi solo, prima di uscire dalla stanza.

Tutta quella situazione non aveva il minimo senso, un minuto prima stavamo bene, eravamo felici, insieme, quello dopo sembrava il centro di un temporale.
Non volevo che lui mi promettesse amore eterno, o che mi facesse la proposta di matrimonio in quel momento, semplicemente avrei voluto non rispondesse come aveva appena fatto.
Ma neanche io sapevo cosa volessi realmente.
Mi diressi verso la mensa, sperando che fosse rimasto qualcosa da mangiare.
La mia goffaggine, anche nei momenti peggiori, non poteva rimanere nascosta, ovviamente.
Urtai distrattamente un ragazzo, mentre camminavo in corridoio.
«Scusami...» affermai, la testa china.
«Clara?»
Alzai lo sguardo e potei riconoscere il ragazzo di poche ore prima.
«Ciao, Cameron» finsi un sorriso.
«Hey, che c'è?» mi chiese, portando una sua mano sulla mia guancia.
Non capii bene il senso di quel gesto, ma quando mosse un dito sulla mia pelle, mi accorsi che mi aveva appena asciugato una lacrima.
Non mi ero nemmeno resa conto di star piangendo.
«Sto bene, grazie» replicai, allontanandomi di un passo.
Lui sembrò confuso.
«Vuoi che io faccia...»
«No» lo interruppi «non ho bisogno di niente»
aprii la porta della mensa e mi catapultai a prendere un vassoio.
Erano rimaste poche cose, ma mi accontentai ugualmente.
Finito di mangiare, mi alzai silenziosamente e mi diressi verso la mia stanza.
Fortunatamente non ci avevano scaricato nessuna ragazza in camera.
Alex non c'era, probabilmente era con Nash.
Io mi infilai dentro le coperte, cercando di non pensare più a nulla.
Ma ovviamente gli incubi non tardarono ad arrivare, immagini frammentate che mi ricordavano il mio passato, che continuavano a farmi tornare in mente quei momenti tanto bui.

«Passerotto svegliati!»
Aprii, di malavoglia, gli occhi, trovandomi davanti una folta chioma rossa.
«Mmh...» replicai, stropicciandomi gli occhi.
«Farai tardi a lezione, alzati»
Guardai la piccola sveglia posizionata sul mio comodino e notai fossero le otto.
Merda.
Mi alzai il più velocemente possibile, per quanto l'essermi appena svegliata riducesse al minimo la mia velocità, e mi catapultai in bagno.
Mi sciacquai la faccia e lavai i denti, presi i primi vestiti che trovai nell'armadio e me li infilai.
Quando finii di prepararmi notai con mia grande soddisfazione che avevo ancora cinque minuti prima di dover essere in classe.
Arrivai davanti alla porta numero 9 ed entrai.
«Come va oggi Hunt?»
In risposta ricevetti un cuscino in piena faccia.
«Passami il bidone, muoviti!» urlò il ragazzo.
Io feci come mi aveva detto, e quando lo ebbe tra le mani, cominciò ad espellere tutto ciò che aveva in corpo.
Quando ebbe finito presi il secchio e lo andai a svuotare in bagno, per quanto disgustoso fosse.
Tornai e lo lasciai per terra, portando un fazzoletto bagnato al ragazzo dagli occhi smeraldo.
Si pulì la bocca e poi lasciò lo straccio.
«Non hai una bella cera» affermai, guardandolo.
Aveva gli occhi contornati di viola ed un colorito che passava dal blu al verde in qualche minuto.
«Mi sento meravigliosamente invece!» replicò lui, abbracciandomi.
«Sei impazzito? Hai la febbre?» gli toccai la fronte, ma era fredda.
«Nina...» cominciò lui.
Io mi divincolai dalle sue braccia.
«Cosa?» chiesi, sorridendo.
«Beh lei...»
«Hunter, muoviti!»
«Ci siamo baciati, Smith!»
Io cominciai a ridere, ma il vederlo felice mi fece passare ogni malinconia che mi portavo addosso.
«Sono così contenta per te!» gli diedi una spinta amichevole con la spalla e lui si mise a ridere.
«Io e Crawford abbiamo litigato» sputai fuori.
«Quando mai!» rispose lui, teatralmente.
«Questa volta credo sia una cosa seria» affermai, abbassando lo sguardo.
Hunter si sporse verso di me.
«Cos'è successo?»
«Ha detto che siamo semplicemente amici. Ti rendi conto?» mi accorsi di aver alzato la voce, così mi contenni.
«Ah...»
«"Ah" cosa?»
«Non lo so, non mi sembrate semplicemente "amici"»
«Lo so»
«Lo sai»
«Smettila»
«Sto solo cercando di capire, Smith»
Io non risposi, in fondo sapevo che non avrei dovuto immischiare Hunter in tutta quella faccenda, ma lui era una delle poche persone, se non l'unica, di cui sentivo di potermi fidare davvero.

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