Regrets

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Non avrei voluto lasciare Clara da sola, ma in fondo quell'uomo non avrebbe potuto farle nulla.
Uscito dall'ufficio del direttore mi diressi verso la mia stanza.
Mi fermai e rimasi qualche secondo a guardare il numero 4 attaccato sopra a quel pezzo di legno.
Girai il pomello ed entrai, una decina di persone erano ammassate all'interno della camera.
«Craw!» quella voce fastidiosa arrivò fino al mio orecchio, feci finta di non aver sentito, quando una mano si poggiò sulla mia spalla sinistra.
«Ciao, Tayssa» la salutai irritato, girandomi.
«Ti va di fare qualcosa, io e te?» mi chiese con quel suo solito tono da gattamorta, io la guardai, disgustato, ed uscii dalla stanza, non l'avrei sopportata ancora per molto, soprattutto se ogni volta che la guardavo mi ritornava in mente il pugno che aveva tirato a Smith.
«Craw, aspetta, ho fatto qualcosa di male?» il mio nome, pronunciato da quelle labbra, mi fece ribrezzo.
La bionda chiuse la porta dietro di se, e mi si avvicinò, sembrava una bambina in quel momento, il labbro all'infuori e le ciglia che sbattevano troppo velocemente.
D'improvviso quel volto si trasformò, i lunghi capelli biondi si tinsero di un viola chiaro, gli occhi scuri divennero del colore del cielo.
Scossi la testa, cacciando via quell'immagine.
Stavo diventando pazzo.
Decisi che avrei dovuto fare qualcosa per mandarla via dalla mia testa, come avevo fatto la sera in cui avevo deciso di ignorarla.
«Dai, bambino, come l'altra sera, ricordi?» sibilò la ragazza, poggiando una mano sul mio petto, io non mi ritrassi, decisi di farla fare.
Tayssa si abbassò lentamente, fino ad arrivare alla cerniera dei miei pantaloni.
Aprì la lampo, e fece ciò che doveva fare.
Dei gemiti strozzati provenirono dalle mie labbra.
Quando ebbe finito, si alzò, si pulì la bocca, io mi risistemai i pantaloni, e mi baciò.
Non un bacio casto, ma uno di quelli sporchi, che fanno capire che tra i due non c'è neanche un minimo d'amore.
«È stato un piacere, Craw. Alla prossima» mi salutò la bionda, dirigendosi verso la fine del corridoio, quando ebbe svoltato, io tornai nella mia camera.
Erano le due passate, probabilmente le persone se n'erano andate.
Stavo per aprire la porta quando mi bloccai, vedendo Alex passare per il corridoio insieme ad un ragazzo, quando lo misi a fuoco, notai non fosse Ethan, ma Nash.
Guardai la rossa negli occhi, lei rispose con uno sguardo dispiaciuto, e scomparve, insieme al biondo.
Non ero il tipo di persone che fa la spia, sapevo da tempo della relazione segreta tra Alex e Nash, ma avevo sempre sperato di sbagliarmi.
Quel suo gesto aveva dato la conferma a tutti i miei dubbi.
Aprii la porta e trovai Ethan nel suo letto, decisi di non svegliarlo, mi infilai anch'io il pigiama e andai a letto.
Mentre stavo per addormentarmi un leggero odore di vaniglia sfiorò le mie narici, ma sapevo che si trattava solo di un sogno.

Il sole proveniva flebile dalle sbarre alle finestre, entrando a strisce nella stanza.
Alex non era tornata, avevo dormito di pancia in giù per tutta la notte, il dolore era diventato incredibilmente più forte.
Mi alzai a fatica dal letto e andai in bagno, mi sciacquai la faccia, dopo aver legato l'ammasso di capelli viola che non voleva rimanere al suo posto.
L'acqua fresca sul mio volto mi fece dimenticare per qualche istante gli avvenimenti della sera prima.
Crawford mi aveva lasciata da sola.
Se ci fosse stato anche lui con me, probabilmente il signor Ray non avrebbe fatto ciò che aveva fatto.
Tornai in camera e mi vestii velocemente, pur sapendo che il sabato non erano previste lezioni.
Controllai sul piccolo calendario posato sul comodino di Alex e notai che il 21 ottobre sarebbe stato di venerdì.
Fantastico, sarei andata a vedere una partita di calcio il giorno del mio compleanno.
Il calcio mi piaceva, tanto, ero anche il capitano di una squadra femminile, nella mia città.
Quando scendevo su quel campo, respiravo l'odore dell'erba fresca, mi sentivo libera, priva di ogni forma di timidezza che ogni giorno prendeva possesso di me.
Mancavano ancora due settimane, prima del mio compleanno.
Diciassette anni erano passati così velocemente.
Come il primo mese in quel riformatorio.
Uscii dalla stanza, il naso era tornato completamente normale, ma ora avevo un'altra ferita, ben più grave, di cui dovermi occupare.
Andai spedita verso la camera 9, non bussai neanche, entrai.
«Svegliatevi!» urlai, i due ragazzi coricati beatamente nei loro letti, sussultarono, quando mi buttai prima su uno, e poi sull'altro.
«Smith, ma sei impazzita?!» biascicò, con la voce ancora impastata dal sonno, Hunter.
Io, che mi trovavo a cavalcioni su di lui, cominciai a prendere a schiaffi il suo petto, scherzosamente.
Lui, stancatosi di quella situazione, mise un braccio intorno alla mia vita, facendomi sussultare, quando mi fece passare sotto di lui.
Le posizioni si erano invertite, e mi venne da ridere.
Hunter cominciò a solleticarmi i fianchi, poi il collo, ritornando di nuovo sui fianchi.
Cominciai a ridere e a dimenarmi come una forsennata.
Anche lui e Jacob stavano ridendo.
Mi girai verso il quattordicenne, ancora in preda agli spasmi, «finiscila di ridere, che ora me la prendo anche con te» riuscii a dire, tra una risata e l'altra.
Lui mimò un «sei potente» e a me venne ancora di più da ridere.
La felicità del momento si spense all'istante, quando una forte fitta di dolore attraversò la mia schiena.
Hunter, notando la mia espressione, mi fece alzare velocemente, mettendomi a sedere sul suo letto.
«Hey Smith, cosa c'è?» mi chiese, inginocchiandosi difronte a me, io scossi la testa, «mi fa solo male la pancia, niente di che» cercai di essere il più convincente possibile, non volevo che Hunter si preoccupasse per me.
«Clara, dai, a noi puoi dirlo» intervenne Jacob, che si era avvicinato anche lui furtivamente.
«Ho detto che non ho niente, finitela!» sbottai, all'improvviso.
Uscii dalla stanza, non spiegandomi l'attacco d'ira appena avuto.
Decisi di prendere un po' d'aria.
Uscii dall'edificio e mi diressi verso il campo da calcio, magari riprendere a fare qualche tiro mi avrebbe fatto sentire meglio.
Ma ero arrivata troppo tardi.
Il campo era già stato occupato.

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Hey! Crawford era tanto strano perché si sentiva in colpa per quello che si era fatto fare da quella mezza scimmia di Tayssa. So che volete sapere cosa ha fatto il direttore a Clara, e nel prossimo capitolo, probabilmente, lo scoprirete🌞

[jessi_tane weeentz ]

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