Smoke

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Quegli occhi, quegli occhi riuscirono ad incatenarmi al cielo, che era del loro stesso colore.
Occhi che mi fecero d'improvviso ritornare in mente una persona.
«Hey, non prendertela sul personale, Collins è un bastardo con tutti.»
Nash mi sorrise, un sorriso sghembo, sincero.
Ricambiai quel sorriso e continuai a camminare, ma il ragazzo mi bloccò per un polso, facendomi voltare, un'altra volta.
«Hai bisogno di prendere aria, vieni con me.»
Forse fu perché aveva ragione, o semplicemente perché volevo fare qualcosa di diverso, ma quando il ragazzo dagli occhi come il cielo mi prese la mano, non mi opposi, e mi feci trascinare da lui, in un posto di cui ancora non ero a conoscenza.
Uscimmo dall'entrata principale, dirigendoci verso un campo da calcio, davvero, davvero grande.
Mi portò fino alle scalinate in ferro, quando arrivammo lui lasciò la mia mano, improvvisamente fredda senza la sua che la stringeva.
Prese una sigaretta dal pacchetto che aveva uscito dal pantalone nero e me ne porse una.
«Non fare complimenti.» affermò, io la presi e la posai tra le mie labbra, in attesa che uscisse l'accendino, quando lo fece accese prima la sua sigaretta, la mise tra le labbra e poi l'avvicinò alla mia, accendendo anch'essa.
Anche Christian faceva così.
Quel piccolo gesto mi riportò alla mente centinaia di altri avvenimenti che non avrei potuto più rivivere, perché semplicemente il protagonista di quelle azione non mi sarebbe potuto più stare accanto.
Inspirai il fumo e poi lo feci uscire dalla mia bocca, cominciando a formare dei cerchi che se ne volarono via.
«A cosa stai pensando?» mi chiese il ragazzo espirando fuori il fumo.
«A tutto, a niente.» risposi vaga, sorridendo.
Lui si tolse la sigaretta dalle labbra e mi guardò.
«Ah, poetica la ragazza.»
Lo guardai anch'io.
«Semplicemente dico ciò che pensò.»
Si avvicinò a me, portandosi un'altra volta il piccolo tubicino velenoso alle labbra.
«Mi piaci.»
Il modo in cui lo disse fu sorprendentemente spontaneo, ma non mi spaventò.
«Anche tu mi piaci.»
Voleva giocare? Bene, lo avremmo fatto in due quel gioco.
Mi avvicinai a lui, la sigaretta ancora tra le labbra di entrambi, continuai ad avvicinarmi, e quando fui abbastanza vicina da vedere precisamente in quale punto il colore dei suoi occhi diventava più chiaro, mi allontanai di scatto, buttai la sigaretta per terra, calpestandola, e tornai dentro l'edificio.
Ero soddisfatta.
Mi diressi verso la mia stanza, ma dopo un po' di camminata mi accorsi di essermi persa.
Quel posto era davvero immenso, e le porte erano tutte uguali, a parte i numeri attaccati sopra, ovviamente.
Decisi di tornare indietro, per ricontrollare tutte le porte, ma niente, non ricordai la strada.
«Che cazzo ci fai qui, ragazzina?»
Quella voce non l'avrei mai scambiata con quella di nessun altro. Feci finta di non aver sentito, continuando a camminare, ma il ragazzo mi prese per un polso, facendomi scontrare contro il suo petto.
Mi ritrovai a guardare negli occhi la ragione del mio scontento.
«Non dirmi che vuoi aiutarmi, Collins, non sarebbe da te.»
Sentii la stretta sul mio polso stringersi, non sopportai di più, d'improvviso, sbottai.
«Senti, razza di "Con lei non saprei cosa farci", lascia che io ti dica due cose su questa "ragazzina".
Odia quando qualcuno la tiene troppo stretta, come stai esattamente facendo tu, per motivi che non sei tenuto a sapere.
Odia quando le parlano in maniera superiore, tu non sei nessuno.
E soprattutto, odia quando le persone le parlano in maniera insolente o strafottente.»
Niente di ciò uscì dalle mie labbra in tono arrabbiato, dissi il tutto tranquillamente, come se stessi parlando di argomenti totalmente normali.
Non ottenni ciò che desideravo.
Crawford si mise a ridere. Stava letteralmente ridendo di me.
Fu il culmine.
Strattonai il mio braccio, sfuggendo alla sua presa e cominciai a correre, quei corridoi mi erano ancora completamente sconosciuti, ma l'unica cosa che desiderai in quel momento fu scappare da lui.
Era tutto così vuoto, dei ragazzi nessuna traccia.
Guardai un orologio che si trovava sulla parete di fronte a me e vidi che segnava le sei e mezza.
Ero rimasta davvero così tanto tempo fuori con Nash?
Il sole era già calato e quelle pareti mi sembrarono tutte uguali.
Mi accasciai contro una colonna e rimasi lì.
Non avrei pianto, non avrei urlato, sarei rimasta in quel punto esatto, in silenzio, a logorarmi pensando a tutto ciò che non avrei riavuto più in dietro.
Portai le ginocchia contro il mio petto e poggiai la faccia su di esse.
Sentii un respiro contro il mio orecchio e una voce calda sussurrare «Non fare la bambina e vieni.»
«Collins, va via.»
Finalmente calma.
Per poco.
Delle braccia possenti afferrarono i miei fianchi, e in un secondo mi ritrovai a faccia in giù.
Mi aveva presa in braccio, a mo' di sacco di patate.
«Mi ci hai costretto, ragazzina.»
«Lasciami immediatamente!»
Cominciai a scalciare e a tirar pugni, senza ottenere risultati.
«E perché mai dovrei? La vista è così bella da qui.»
Afferrai cosa volesse intendere e smisi di muovermi, d'un tratto arrossita spaventosamente.
«Potrei giurare che sei arrossita.»
Misi una mano sulla mia faccia e replicai con un «No.» sussurrato a malapena.
Dopo minuti, che sembrarono ore, finalmente mi mise giù.
Rimanemmo a guardarci per un po'.
Io con lo sguardo arrabbiato, lui con lo sguardo divertito.
«Bhe non c'è di che, ragazzina.»
Disse con sarcasmo, guardando la porta davanti la quale mi aveva lasciata.
La guardai anche io, numero 24, la mia stanza.
«Va bene, va bene. Ora puoi anche andare.»
Lui mi guardò, indifferente.
«Quindi sei una bella stronzetta, eh?»
«Oh, non sai quante altre cose posso essere.»
Presi le chiavi e le infilai nella serratura, diedi due giri, la porta si aprì, ed io entrai, il tutto seguita dallo sguardo attento del ragazzo dagli occhi color bronzo.







jessi_tane ti taggheró in tutti i capitoli, amami☺️

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