Happy Birthday

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«E tu sei..?» cominciò Crawford, irritato.
Io non parlai, quel momento mi aveva davvero fatta bloccare.
Il mondo intorno a me sembrava si fosse fermato.
Non capii più nulla, non sentii più nulla.
C'era solo lui, lui e i suoi maledettissimi occhi color ghiaccio.
«Christian...» riuscii a sussurrare, lo sguardo fisso nel suo, il respiro tutto d'un tratto pesante.
«Clara» la sua voce era sempre la sua voce, calda, tranquilla.
Lo sguardo del moro vagava da me al ragazzo biondo, totalmente confuso ed inconsapevole di ciò che stava accadendo.
«Qualcuno potrebbe spiegarmi cosa cazzo sta succedendo?!» sembrava davvero irritato, tanto.
«Christian Collins, piacere» il ragazzo che aveva appena parlato porse la mano a Crawford.
«Crawford Collins, non abbiamo nessuna parentela, vero?» scherzò su lui, con una nota aspra nella voce.
«Non credo, ci sono tanti Collins in America» controbatté Christian.
Io ero ancora lì, ferma, non sapendo cosa fare, né cosa dire.
Entrambi si girarono verso di me, stavano aspettando, ma io non capii subito bene cosa.
«Cosa ci fai qui, Christian?» finalmente riuscii a parlare, il nodo che mi si era formato in gola mi impediva di emettere qualsiasi suono, ma ero riuscita, in parte, a scioglierlo.
«È il tuo compleanno, volevo farti una sorpresa, ma a quanto pare non è il momento giusto» sputò acido lui, continuando a guardarmi negli occhi, due tempeste che si scontravano, chissà cosa ne sarebbe uscito fuori.
Si stava davvero arrabbiando con me perché avevo baciato un altro? Stiamo scherzando?
«Come sta Giselle?» chiesi, sorridendo provocatoriamente.
Lui sembrò preso alla sprovvista, ma si ricompose subito.
«Bene, ti saluta» ricambiò il sorriso, irritandomi ancora di più.
«Hey amico, potresti lasciarci un attimo soli?» chiese Christian, rivoltosi a Crawford.
Quest'ultimo mi guardò, come a chiedere il mio consenso, io annuii, lui camminò verso di me, mi posò un leggero bacio sull'angolo sinistro della bocca, e poi uscì dalla stanza, non prima di aver guardato in cagnesco il biondo.

Una volta soli, il ragazzo chiuse la porta, e si diresse verso di me.
Si fermò ad un passo dalle mie labbra, e mi baciò.
Non realizzai subito, ma quando fui consapevole di ciò che stava succedendo, mi staccai immediatamente da lui.
«Sei impazzito?!» lo aggredii.
Mi allontanai di qualche passo, finendo contro il mio letto.
«Cosa c'è? Non mi pare di aver fatto qualcosa di sbagliato, o adesso solo quello lì può baciarti?» quello che diceva era totalmente senza senso, mi si avvicinò di nuovo, con l'intenzione di rubarmi altri baci, ma lo bloccai, tenendo una mano ferma sul suo petto.
«Christian, cosa c'è?! Che ti prende?!» mi stava spaventando.
Il ragazzo sembrò quasi riprendersi a quelle parole, si allontanò da me, e inspirò profondamente.
Quando si fu calmato, mi avvicinai a lui.
«Sono così felice di rivederti, Ry, non rovinare il momento», lui alzò lo sguardo verso di me, aprì le sue braccia, ed io mi ci catapultai dentro.
Mi sentivo finalmente a casa, quella sensazione così familiare di essere dove dovevo stare.
«Piccolina...» sussurrò lui, accarezzandomi la testa.
Alzai lo sguardo verso di lui, che mi alzò gli occhiali, cadutimi dal naso.
Sorrisi a quel gesto così insignificante quanto enormemente tenero.
«Tanti auguri, Lala» mi porse una scatoletta nera che estrasse dalla tasca della sua felpa.
Io mi staccai da quell'abbraccio e l'afferrai.
«Oh, Chris, non dovevi...» cominciai a dire, «Aprila e basta» mi interruppe lui.
Io feci come mi disse, il rivestimento era morbido, mi piaceva anche solo la scatola.
Ma quello che c'era dentro, era qualcosa di davvero magnifico.
Christian suonava la chitarra da quando aveva dodici anni, io invece suonavo la batteria, avevamo improvvisato qualche duetto ogni tanto, con scarsi risultati, ma ci eravamo divertiti.
All'interno di quella piccola scatoletta c'era un braccialetto con una chitarra e delle bacchette che si intrecciavano alla perfezione.
Mi venne da piangere.
Era davvero stupendo.
Saltai, letteralmente, addosso al biondo, facendolo annaspare per qualche secondo, ma dopo la sua presa su di me si fece salda e ferrea.
«Grazie, è davvero bellissimo» dissi, posandogli un bacio sulla guancia.
«Quindi è finito il tempo in cui mi baciavi?» chiese, malinconicamente.
Io smisi di sorridere, e mi feci posare per terra.
«Ry, è finito quando ho capito che ti sei innamorato, e sono così felice per te, davvero!» quelle parole non uscirono sicure come avevo sperato.
«Se parli di Giselle, ti sbagli di grosso, abbiamo fatto sesso, stop, niente di più»
«Christian, tu non sei quel tipo di ragazzo, se lo hai fatto ci sarà stato un motivo»
Lui non rispose, sapevo di avere ragione.
«Cosa dovrei fare? Dirglielo?» mi chiese, sedendosi sul letto di Alex e prendendosi la testa tra le mani.
Io mi sedetti vicino a lui, accarezzandogli dolcemente la schiena.
«Si, Ry, devi dirglielo»
Girò lo sguardo verso di me, ed annuì.
Improvvisamente si alzò dal letto, e prese il braccialetto che mi aveva regalato da sopra al comodino, su cui l'avevo posato prima di abbracciarlo.
Io gli porsi il polso sinistro, consapevole di ciò che voleva fare.
Lui lo agganciò maldestramente, e quando lo guardò sul mio braccio, sorrise.
Sorrisi anch'io, era davvero, davvero bello.
«Come hai fatto ad entrare?» chiesi, era la prima cosa che avrei voluto chiedergli, ma non mi era sembrata l'occasione adatta.
«Ho detto che dovevo darti le tue medicine» rispose, prontamente.
Io corrucciai le sopracciglia «le mie medicine? Io non ho bisogno di medicine»
«Oh io lo so, ma le guardie no» ammiccò, ed io risi, risi come non facevo da tempo.
«Solo che ora devo andare, avevano detto di fare in fretta» il suo sguardo tornò serio.
Anche io mi feci seria tutto d'un tratto.
Corsi verso di lui e lo abbracciai.
Lo strinsi forte, e lui strinse me.
Potevo sentire tutto l'amore che mettemmo entrambi in quell'abbraccio.
Potevo sentire la malinconia e la tristezza nel doverci sperare di nuovo, ma anche la speranza che ci saremmo rivisti presto.
Mi lasciò un leggero bacio sulla testa, «Ci vediamo presto, piccolina» e con quelle parole uscì dalla stanza, ed io pensai alle mille cose che avrei voluto dirgli, ma per cui non avevo trovato le parole adatte.


Quel Christian non mi piaceva.
Si era intromesso tra me e Clara, e la cosa non mi era andata giù.
Stavo per risentire il suo dolce sapore di vaniglia sulle labbra, ma quel ragazzo era arrivato giusto nel momento in cui stavo per posare le mie labbra sulle sue, così morbide e carnose.
Me n'ero andato, perché sapevo che Clara poteva cavarsela da sola, ma mi era rimasto un vuoto.
Avrei tanto voluto dirle che non la stavo ignorando per farla soffrire, ma solo perché cercavo di capire cosa mi stava succedendo.
Avrei voluto baciarla, risentirla finalmente totalmente in contatto con me.
Chissà cosa si staranno dicendo, pensai, rivolgendo la mente ai due nella camera numero 24, completamente soli.
Avevo già sentito parlare di quel Christian, era il ragazzo al telefono con Clara la prima volta che era venuta al campo, quando le avevo dedicato quel gol.
Solo a ripensarci mi venne da sorridere, sembrava fosse passato così tanto tempo.
Non avrebbe dovuto toccarla. Se solo l'avesse fatto, l'avrei preso a pugni io stesso.

Quella sera ci sarebbe stata la partita, e a me venne in mente cosa fare.
Mi precipitai al campo, dove trovai gli altri allenarsi, cercai con lo sguardo una chioma corvina.
«Amico!» mi sentii chiamare, «Hey, Ethan» risposi sorridendo al moro.
«Pronto per stasera?» chiese, io lo guardai «Veramente stasera non potrò giocare, mi dispiace»
Lui sembrò confuso «Giuro che ti spiegherò tutto, ci vediamo dopo!» dissi, mentre correvo all'interno dell'istituto.
Non avevo mai fatto una cosa del genere per una ragazza, non sapevo neanche se ciò che stavo per fare avrebbe cambiato le cose tra me e Clara, ma avrei tentato.
Avrei provato a fare qualcosa per lei, qualcosa di bello.
Qualcosa di speciale, quasi quanto lo era lei.






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