Scars

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Hunter, come scoprii alla fine delle lezioni, andando a pranzo, adorava disegnare, infatti mi aveva mostrato degli schizzi davvero niente male!
«Hey Smith, andiamo a quel tavolo» disse Hunter afferrandomi per una manica della felpa e trascinandomi verso un tavolo completamente vuoto.
«Passerotto!»
Sentii dietro di me, proprio mente appoggiavo il vassoio sulla superficie legnosa, mi girai ed una massa di capelli rossi si intromise nel mio campo visivo.
«Ciao Alex» risposi alla ragazza, ma un pensiero si fece spazio nella mia mente, ti prego, non chiedermi le chiavi, ti prego..
«Non torno in stanza oggi, ci si vede sta sera, okay?»
Si! A quanto pare, per una volta nella vita, un dio al di sopra di noi aveva ascoltato le mie preghiere.
«D'accordo, rossa» risposi scherzosamente, tirandole una pacca sul braccio, non sapendo bene cos'altro fare.
«Ti senti bene, passerotto? Sembri strana» constatò la ragazza avvicinandosi a me; cercai di non far intravedere il mio sollievo misto alla preoccupazione.
«Sisi, tranquilla, ci vediamo stasera» risposi, sperando di essere stata il più convincente possibile.
Lei rimase a guardarmi, ancora un po' scettica, ma poi alzò le spalle e se ne andò.
Mi girai verso Hunter, e notai che mi stava guardando con aria interrogativa.
Mentre stavo per sedermi, qualcuno scostò la mia sedia, ed io caddi rumorosamente a terra.
Sentii delle risate provenire da tutta la stanza, mi girai verso chi aveva commesso quell'atto talmente infantile, e non mi sorpresi nel vedere la bionda che avevo urtato distrattamente quella mattina.
Mi alzai goffamente e feci finta di nulla.
«Così impari ad importunare le persone sbagliate.» disse lei, non resistetti.
«Io non ho importunato proprio nessuno» risposi, non so con quale sicurezza, la ragazza ed il suo seguito di robuste amiche si girò nuovamente verso di me, con un'espressione che sul momento non seppi decifrare se non come sorpresa mista a rabbia.
«Cosa hai detto?» chiese avvicinandosi, «ho detto» ripetei, «che io non ho importunato proprio nessuno.»
Mi accorsi in quel momento, che nella stanza non si sentiva più alcun minimo suono.
«Senti, sei nuova qui, capisco, ma devi imparare a rimanere al tuo posto, e a non rispondermi.»
Aggrottai le sopracciglia, con aria di sfida, quel posto mi aveva cambiata in neanche tre giorni.
«Perché non dovrei? Mamma mi ha dotato della lingua» ammiccai.
La bionda sembrò non reggere più, si avvicinò a me, che prontamente feci due passi indietro, allontanandomi.
«Te la sei proprio cercata.» affermò, prima di tirarmi un pugno in piena faccia, al momento non sentii nulla, un secondo dopo dal mio naso cominciarono a sgorgare fiotti di sangue, ed ecco il dolore.
«Andiamo Tay, muoviti, lasciala stare, è solo una ragazzina.» una delle sue amiche la prese per un braccio, portandola fuori dalla stanza, mentre ancora sorrideva orgogliosa guardando ciò che aveva provocato alla mia faccia.
Ebbene, ecco la famosa Tay, la bestia. La persona che meno di tutte avrei dovuto importunare.
Complimenti davvero, Clara.
Pensai, mentre qualcuno mi cinse le spalle con le braccia, portandomi fuori dalla mensa.
«Hey, Smith, tutto bene?»
Hunter mi stava guardando, ma avevo la vista talmente appannata che non riuscii a capire nemmeno se si trattasse effettivamente di lui.
«Sto bene» farfugliai confusamente, mentre continuavamo a camminare verso un posto ignoto.
Quando si fermò davanti ad una stanza, con il numero 9, presupposi, attacco sopra, le mie mani erano totalmente zuppe di sangue, avendole tenute sul mio naso per tutto il tragitto.
Lui mi spinse all'interno della camera e mi fece poggiare su di un, letto? Poltrona? Non riuscì a capire niente.
Mi mise qualcosa di fresco sul naso ed io sentii un sollievo pervadere il mio corpo ancora un po' intontito.
Dopo qualche minuto, la vista finalmente tornò lucida, e cominciai a mettere a fuoco la stanza in cui mi trovavo.
Identica alla mia, due letti, due armadi, una poltrona, le sbarre alle finestre. Esattamente uguale.
«Come ti senti?» mi chiese il ragazzo dagli occhi color smeraldo uscendo dalla porta che doveva essere quella del bagno.
Mi tolse l'oggetto freddo, ghiaccio, capii dopo, dal naso e lo poggiò su uno dei due comodini vicino ai letti.
«Bene, non mi ha fatto poi così male» lo rassicurai, tentando nel migliore dei modi, di sorridere.
Lui rise, «si, certo, vallo a dire al tuo naso» affermò, facendo ridere anche me, pur provando ancora dolore alla zona ferita.
«Ti va se parliamo un po'? Così ti distrai.» chiese, io lo guardai e annuii.
«Cosa vuoi sapere?»
«Tutto» rispose ridendo, «su di te, ovviamente, raccontami qualcosa, dai. Com'era la piccola Clara?»
Io sorrisi malinconicamente al ricordo della mia infanzia.
«La piccola Clara» cominciai, e aspettai che lui si sistemasse meglio sul letto, accanto a me, «era una bambina davvero, davvero strana. Lo sono ancora, lo so, forse la mia stranezza è aumentata con gli anni» rise.
«I miei genitori si amavano davvero tanto, avevano progettato viaggi insieme, poi arrivai io, loro non erano sposati, e né tantomeno pronti ad intraprendere quella strada così impegnativa, ma decisero di rimanere insieme, per crescere una figlia in una vera famiglia.» a quel pensiero sorrisi, continuando a guardare di fronte a me.
«Quando avevo quattordici anni, qualche anno fa, mio padre venne arrestato. Per spaccio di droga. Fu scoperto e mamma non lo perdonò mai.
Io, essendo ancora una ragazzina, fui costretta a crescere prima del dovuto, assistendo mia madre in quel periodo davvero, davvero buio.
Non vedo mio padre da allora, non mi ha mai potuto spiegare ciò che era successo, nei dettagli, intendo, volevo, e voglio tuttora, sapere ciò che è accaduto realmente.
Da qualche mese, mia madre ha trovato un nuovo compagno.»
Finalmente respirai, non mi ero nemmeno resa conto di aver trattenuto l'aria per tutto il racconto.
Mi sorpresi di me stessa, per la fiducia che avevo appena messo nelle mani di quel ragazzo tanto bizzarro che mi stava guardando con aria attenta.
Non continuai, l'ultima parte non ero ancora in grado di raccontarla a qualcuno, solo Christian sapeva.
Mi girai finalmente verso di lui, e lo osservai, Hunter fece lo stesso.
Rimanemmo in quella posizione per circa cinque minuti, fin quando lui non si avvicinò di più a me e mi cinse la vita con le braccia, invitandomi ad appoggiarmi al suo petto.
Lo feci.
Forse avevo bisogno di qualcosa di stabile, costante, a cui reggermi.
«Hey, va tutto bene, sei forte, lo sai questo, vero?»
Io annuii e lo guardai negli occhi, mi ci persi per qualche istante, tanto erano verdi e profondi, poi mi staccai da quel goffo abbraccio e tirai su col naso, non stavo piangendo, solo avevo bisogno di cacciare indietro qualcosa che mi si era formato in gola.
Non avrei dovuto farlo. Il sangue cominciò di nuovo a sgorgare fuori dal mio naso, ed Hunter si mise a ridere, «sei proprio un disastro» affermò, andando a prendere la borsa del ghiaccio, e poggiandola delicatamente sul mio naso dolorante.

Quando uscii dalla camera numero 9, con il naso fasciato alla meno peggio perché «Meglio non andare in infermeria, chissà cosa potrebbe fare il direttore.», aveva detto Hunter, notai fossero le sette e mezza.
Merda.
Alex.
Le chiavi.
Corsi il più velocemente possibile verso la mia stanza, quasi non inciampai mentre percorrevo a due a due la rampa di scalini.
«Ragazzina» sentii una presa salda sul mio polso, che mi costrinse a bloccare la mia corsa e a girarmi.
«Cosa c'è, Collins? Non vedi che sono occupata?» affermai irritata, cercando di divincolarmi dalla sua stretta, ahimè, troppo forte.
«Volevo solo sapere come stavi. Non ero a pranzo oggi, e ho saputo che te le hanno date per bene» sulla sua faccia, stranamente, non si formò quel suo solito ghigno fastidioso.
«Sto bene» lo rassicurai «ho solo un piccolo livido.»
Crawford, con la mano libera, mi tolse la piccola benda che avevo sul naso, provocandomi un'altra fitta di dolore.
«Ma sei impazzito?!» quasi urlai, con la mano che non era bloccata dalla sua, lo colpii al petto, non smuovendolo neanche di un centimetro.
«Non direi proprio che sia un "piccolo livido"»
Affermò guardandomi.
«Invece lo è.» controbattei, irritata.
Finalmente lasciò la presa sul mio polso, feci per riprendere la benda, ma lui la scostò prima che io potessi afferrarla.
«Ti hanno fatto una fasciatura da schifo. Vieni, te ne faccio una migliore.»
Si diresse verso la mia stanza, ed io lo guardai, imbarazzata.
Lui si voltò, notando che non lo stavo seguendo.
«Bhe, che c'è?» chiese, aggrottando le sopracciglia, io mi grattai il dietro della testa, e «le chiavi sono dentro la stanza, non so come aprire, ti prego aiutami» buttai fuori tutto d'un fiato.
Quasi non cadde per terra, tanto stava ridendo.
«Sei proprio stupida, vieni.» affermò, asciugandosi le lacrime, io lo guardai indignata «non sono stupida.» dissi, seguendolo davanti la stanza 24.



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Heylá! Ecco un nuovo capitolo.
Finalmente si scopre cos'è successo al padre di Clara, spiegando le parole che la madre le dice nel primo capitolo.

Tay si è fatta vedere, ye.

Hunter ora sa tutto, beh, quasi tutto, ma non vi spoilero nulla.
Lasciate un commento, o un voto, per farmi capire che la storia vi sta piacendo, e nulla, al prossimo capitolo🌞

[jessi_tane weeentz vi amo xoxoxo]

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