The director

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La prima camera in cui facemmo tappa fu quella di Hunter.
Appena entrata potei riconoscere una chioma bionda.
«Clara!»
In quel momento notai che Jacob era l'unico in quel posto a chiamarmi con il mio nome.
«Jack» lo salutai, vedendolo avvicinarsi.
«Hunter?» mi chiese, ed io mi girai, per controllare dov'era finito il ragazzo.
Lo individuai vicino ad un gruppo di ragazze, mi venne da ridere, non lo facevo un tipo del genere.
Lo indicai, e Jacob seguì il mio dito, sorrise anche lui, ma poi si diresse verso il suo amico.
Perfetto. Pensai, le uniche due persone che conosco qui dentro mi hanno appena lasciata da sola.
Vidi un pacco di patatine poggiato sul comodino di Hunter, lo presi velocemente e cominciai a mangiarle, in disparte.
Mi girai di scatto quando la porta della camera si aprì, ed un paio di occhi marroni mi investirono totalmente.
Decisi, in quel momento, che mi sarei comportata da stronza anch'io.
La regola era: uno viene, l'altro va.
Perfetto. Lui era arrivato, io me ne sarei andata.
Lo guardai dritto negli occhi, e lui fece lo stesso.
Dietro di lui notai anche Ethan, ma Alex non c'era.
Mi diressi verso la porta, ancora aperta, dopo aver posato le patatine, ma una mano strinse saldamente il mio polso.
«Cosa vuoi, Collins?» strattonai il braccio, ma lui non diede segno di voler lasciare la presa.
«Dobbiamo parlare» disse, portandomi fuori dalla stanza e chiudendo la porta.
Mi trascinò fino a quando non svoltammo l'angolo del corridoio.
«Parla» dissi. Irritata. Non avevo nulla da dirgli.
Finalmente lasciò andare il mio polso.
Lo massaggiai con l'altra mano, non faceva male, ma il solo pensiero di avere quella mano calda, a contatto con la mia pelle fredda, mi provocava dolore.
«Mi stai evitando.» affermò.
Io scoppiai a ridere.
«Già» riposi solo, lui mi guardò «perché» chiese, con la voce ancora più dura di quanto ricordassi.
«Perché hai cominciato tu» risposi, calma.
Sembrò non sapere cosa dire, rimase a guardarmi, per un tempo che mi parve infinito.
«Non sai neanche tu cosa dire» affermai, stanca di quella situazione.
Feci per scostarmi dal muro a cui mi ero appoggiata, ma Crawford posò delicatamente una mano sul mio fianco.
Brividi.
Quel contatto mi aveva provocato una scossa elettrica davvero forte.
«Non ti capisco proprio, ragazzina»
Lo guardai, confusa, non capendo a cosa si stesse riferendo.
«Di solito sono bravo a capire le persone» cominciò lui «ma con te è tutto più difficile, vorrei davvero scoprire cosa ti passa per la mente, ma sembra tu non voglia farmici entrare»
Trovai la forza di guardarlo negli occhi.
«Non ti stai impegnando abbastanza, Collins» replicai, con voce tremolante.
La mano che era ferma sulla mia vita si mosse, arrivando al mio collo, mi accarezzò la mascella, dolcemente, e poi la riportò sul mio fianco, stringendolo.
Mi scordai di respirare.
Tutto quello era dannatamente sbagliato, eppure mi faceva sentire così bene.
Il suo viso cominciò lentamente ad avvicinarsi al mio, sentii il suo naso sfiorare il mio, il suo respiro fondersi al mio.
Era tutto così...perfetto.
Ma si sa, nulla dura per sempre.
«Chi è la?» una voce di uomo ci fece allontanare violentemente.
Una torcia si puntò sul mio volto.
Crawford strinse la mia mano, sussurrandomi all'orecchio un «corri».
Io mimai con le labbra un "no".
Non l'avrei lasciato nella merda.
«Voi due, nell'ufficio del direttore. Adesso.»

Arrivati nell'ufficio del direttore, il signor Ray ci accolse con un'espressione tutt'altro che felice.
«Può andare ora, Greg, grazie per la collaborazione» disse, rivolgendosi garbatamente all'anziano signore che ci aveva scortati fino a lì.
«Signor Collins, mi delude molto il suo comportamento» riprese poi, rivolto a noi due.
Crawford, che era accanto a me, si irrigidì «lo so, signore, mi dispiace, ma deve sapere che è tutta colpa mia. Clara non ha fatto nulla»
Sussultai, mi aveva appena chiamata con il mio nome.
Mi venne da sorridere, consapevole che non fosse la situazione più adatta.
«Può andare, signor Collins, vedrò io come cavarmela, con lei»
Crawford serrò una mano intorno alla mia.
«Ho detto» disse il direttore «che può andare»
La sua voce non lasciava intendere nient'altro, ed io cominciai ad avere paura.
Con Crawford al mio fianco, avrei anche potuto superare una sfuriata, ma da sola, non ci sarei riuscita.
La sua mano abbandonò lentamente la mia, e dopo uscì dalla stanza.
«Signorina Smith» disse il direttore, facendomi riportare completamente l'attenzione su di lui.
«Mi dispiace, ma devo punirla» terminò.
Io sbarrai gli occhi, e rividi, anche se brevemente, il volto di Frank dire quelle esatte parole.
Io indietreggiai, andando a sbattere contro la porta.
Il signor Ray si avvicinò al grande armadio poggiato alla parete destra dell'ufficio.
Lo aprì, ed il mio cuore perse un battito.
«Qui tutti devono rispettare le regole.»

Uscii da quell'ufficio, gli occhi rossi e gonfi, e mi diressi senza esitazione verso la mia camera.
Ero riuscita a recuperare le chiavi da Alex, quando le avevo chiesto il cellulare.
Feci scattare la serratura e poi girai il pomello.
Mi bloccai immediatamente.
«Passerotto!» urlò Alex, coprendosi velocemente con il lenzuolo.
La guardai, posando poi lo sguardo sul suo amico.
«Nash» dissi, fissandolo.
«Ciao, Clara» rispose, coprendosi anche lui con le coperte.
«Non mi interessa cosa stavate facendo, uscite da qui, subito.»
Forse fu per il mio tono atono, o per la mia faccia stravolta, ma quando tornai in camera, uscita dal bagno, i due erano scomparsi.
Trovai un bigliettino sul mio letto, lo presi

Scusami, passerotto.
-A.

Scusarti un cazzo.
Mi misi il pigiama e mi diressi verso il letto.
Quando mi coricai, una fitta di dolore pervase tutto il mio corpo.
Per la prima volta, da quando ero in quel posto, capii una delle tante regole che mi avevano imposto.
Avrei dovuto imparare a correre più veloce del direttore.





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Hey! Nuovo capitolo. Non si capisce molto, ma vi ho dato una scena #Crala, anche se rovinata bruscamente da un settantenne con una torcia in mano, okay.

Al prossimo capitolo, gente🌞

[jessi_tane weeentz ]

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