«Perché sei qui...?» la sua voce tremante mi fece capire che aveva paura, paura che il rivedere quella ragazza mi avesse fatto cambiare idea su tutto; su di lei, su di me, su di noi.
Ma non era stato così.
«Devo dirti una cosa, una cosa importante» affermai, sedendomi sul suo letto.
Giselle rimase in piedi, le braccia conserte, in attesa.
«Avanti, parla.» mi spronò.
Sospirai, pensando alla nostra prima sera, pensando che io sapevo già tutto quello che avrei dovuto dire, ma che nessuna parola mi sembrava adatta.
Pensando a tutto ciò che aveva passato per colpa mia, per colpa della mia vista cieca.
«Christian» sussurrò, riportandomi alla realtà, «Non so cosa stia succedendo» cominciai «so solo che quando ti vedo mi si blocca lo stomaco» sorrisi «mi si blocca tutto, il cervello, il respiro, il cuore. E ho paura. Ho paura perché non avevo mai provato nulla di tutto ciò, ho paura, perché credo di essermi innamorato di te.» quelle parole non mi sembrarono sbagliate, né tantomeno giuste.
Mi sembrarono le uniche parole che avrei potuto dire in un momento del genere.
La ragazza non parlò, mi guardò silenziosamente, i lunghi capelli neri la facevano sembrare ancora più piccola.
Si spostò una ciocca dietro l'orecchio sinistro, lo faceva sempre, avevo notato, mi si avvicinò, sedendosi sulle mie ginocchia, come i bambini quando vanno sulle gambe dei nonni per ascoltare una storia.
Posò una sua mano, calda, sulla mia guancia, continuò ad avvicinarsi «Credo di essermi innamorata di te, Christian Collins» sussurrò al mio orecchio, e nessuna parola sarebbe potuta sembrarmi più adatta.
La guardai, sorrisi, e la baciai.
Facemmo l'amore, non sesso, perché ci amavamo, e anche se tutto quello sarebbe potuto finire, non ci importava, perché eravamo entrambi felici, nel nostro piccolo, ingenuo e spensierato mondo.«Sono arrivati!» sentii gridare nel corridoio, tutti i ragazzi che stavano camminando tranquillamente cominciarono a correre verso la porta del riformatorio.
I nuovi ragazzi stavano scendendo da un grande pullman, ed io arrivai giusto in tempo per vedere il primo di loro posare piede per terra.
Le persone spingevano in continuazione, per vedere i nuovi arrivati, ma io non avevo tutta questa voglia di scoprire con chi avrei condiviso quel posto.
«Clara!» mi sentii chiamare, mi girai, con qualche difficoltà e vidi Jacob venirmi in contro.
«Hey, piccoletto» lo salutai scompigliandogli i capelli, «Oh, andiamo!» si lamentò lui «neanche avessi nove anni» sbuffò.
Io risi, riportando l'attenzione all'autobus.
Notai che la maggior parte delle persone che scendevano erano ragazzi, strano, perché il direttore aveva detto fosse un istituto misto.
Le ragazze cominciarono a farsi vedere, molte delle quali avevano la faccia praticamente dipinta.
Tutto quel trucco non l'avevo mai visto in faccia a qualcuno, ma soprattutto, non avevo mai pensato che qualcuno potesse essere tanto forte da portarsi dietro tutto quel cemento sul viso.
Notai una chioma corvina in mezzo alla folla di persone, riconoscendola subito.
Come avesse sentito i miei pensieri, il ragazzo si girò, sorridendomi in modo irritante, come solo lui sapeva fare.
Io distolsi lo sguardo e cominciai di nuovo a parlare con il quattordicenne di fianco a me.Quando tutti i ragazzi furono entrati, noi tornammo alla normalità, se si poteva definire tale, i nuovi andarono tutti, ma proprio tutti, in segreteria, attendendo di essere assegnati ad una camera.
Il nostro riformatorio era davvero grande, difatti c'erano molte stanze libere, il motivo per cui il signor Ray aveva deciso di ospitare nuove persone doveva essere che da noi c'era molto spazio.
E ovviamente, quasi sicuramente, l'altro istituto lo avrebbe pagato.
«Scusami» mi sentii chiamare, mi girai e trovai davanti a me un ragazzo, non l'avevo mai visto, ma poteva tranquillamente essere del mio riformatorio, dato che non conoscevo praticamente nessuno.
«Sono Cameron, piacere» mi porse la sua mano «Clara» risposi, stringendola.
«Non so dove sia la segreteria, non è che potresti aiutarmi a trovarla?» il suo tono di voce sembrava imbarazzato, doveva essere dell'altro istituto, mi ricordava me il primo giorno in cui avevo varcato la soglia di quella struttura.
Io sorrisi cordialmente «Certo, seguimi» il ragazzo ricambiò il sorriso e cominciò a camminare dietro di me.
Arrivammo davanti la porta della segreteria, che era colma di persone.
«Credo dovrai aspettare un po'» affermai, fermandomi.
«Si, credo anch'io» concordò il ragazzo, sorridendo divertito davanti a quella scena.
«È stato un piacere conoscerti, Clara» riprese lui, guardandomi negli occhi.
Lo stesso feci io.
Aveva un colore di occhi che mi ricordava terribilmente Crawford.
Con l'unica differenza che gli occhi del ragazzo che mi aveva baciata erano leggermente più chiari, alle volte diventavano persino verdi, se li si guardava attentamente.
«Anche per me, ci si vede in giro» affermai, cominciando a camminare verso il corridoio.
Svoltai l'angolo e una mano afferrò il mio polso, facendomi girare bruscamente.
«Chi era quello?» il suo tono era alquanto arrabbiato, e a me venne da ridere per quel attacco improvviso di gelosia.
«neanche il tempo di farli arrivare e subito uno ti si attacca addosso?»
«Collins, finiscila, mi ha chiesto dov'era la segreteria» risposi, sbuffando e alzando gli occhi al cielo.
La sua mano lasciò il mio polso.
«D'accordo» disse solo.
Poi mi posò un leggero bacio sull'angolo destro della bocca e se ne andò.
Proprio non riuscivo a capirlo.
Aveva quegli sbalzi di umore che mi facevano andare fuori di testa, non riuscivo mai a prenderlo nel momento giusto, era sempre troppo scorbutico, ma delle volte poteva davvero rendermi felice.
Era semplicemente Crawford.
Scossi la testa e mi diressi verso la mia stanza.«Craw!» sentii dietro di me, non mi girai, avendo riconosciuto quella voce cantilenante.
«Oh andiamo dolcezza, non ignorarmi» continuò, piazzandomisi davanti.
«Cosa vuoi, Tayssa?» chiesi irritato.
«Mi mancano le nostre seratine» rispose lei, ammiccando, «Beh, trovati qualcun altro, io ho di meglio da fare.»
La scostai, riprendendo a camminare.
«Come stare con quella ragazzina?» mi rimbeccò lei.
Mi fermai di scatto.
«Non nominarla mai più» intimai, portandole un dito al petto.
Lei rise, «Quindi è vero» affermò, prendendo il mio dito e passandoselo sul collo.
Io ritrassi in fretta la mano, «Te la fai davvero con...quella?» continuò lei marcando l'ultima parola, con tono schifato.
Io non risposi, mi girai e continuai a camminare.
«Com'è che si dice? Dalle stelle alle stalle!» urlò per il corridoio.
«Meglio le stalle che le vacche che ci abitano dentro!» risposi, alzando altrettanto la voce.
Non sentii nessuna risposta, e sul mio volto si formò un sorriso di vittoria.Arrivai davanti la mia stanza e sentii delle voci.
Entrai e vidi Ethan intento a parlare con un ragazzo, mi sembrò di averlo già visto, ma non capii subito bene dove.
Quando si girò verso di me, lo riconobbi.
«Crawford lui è Cameron, dividerà la stanza con noi, hanno appena portato un letto in più» annunciò Ethan indicando il materasso nuovo.
Io porsi la mano al ragazzo, guardandolo con aria di sfida.
«Crawford»
«Cameron»
Il ragazzo sembrò sconcertato dal mio comportamento, ma non disse nulla.
«Bene Cameron, meglio andare a cenare, prima che si freghino tutto il cibo migliore» annunciò il mio migliore amico.
«Craw tu non vieni?» mi chiese, sull'uscio della porta.
Io mi coricai sul letto, «Vi raggiungo tra poco, se la incontri, puoi dire a Clara di venire in stanza?»
Lui sorrise maliziosamente «Certamente» e se ne andò, non prima di avermi lanciato un'occhiata divertita.scusate l'attesa! so che non è niente di che, ma prometto che il prossimo sarà decisamente più bello. prendetelo come un capitolo di passaggio, baci!
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Reformatory
Fanfiction-Mi guardò, a volte si prendeva delle pause per guardarmi, non mi dava fastidio, al contrario degli altri, lui non mi guardava come se fossi una creatura strana proveniente da un altro pianeta, lui mi guardava semplicemente perché gli piaceva guarda...