Era una giornata fresca, anche se il cielo era abbastanza limpido, e il sole, seppur debole, brillava, al massimo della forza che poteva avere su Londra.
Mi sistemai la borsa sulla spalla e sospirai, cercando di tenere un passo lento, ma comunque non troppo da farmi arrivare in ritardo a scuola.Volevo fare una buona impressione, anche se non ero molto brava in quelle cose; volevo farmi tanti amici, come ne avevo nella mia vecchia vita; volevo stare bene, ma allo stesso tempo, una parte di me non voleva ricominciare. Una parte di me si sarebbe voltata e avrebbe corso il più lontano possibile, sarebbe andata dritta in aeroporto, senza pensarci due volte, avrebbe preso il primo volo per il Tennessee.
Ero nata e cresciuta lì, in un piccolo paesino dove si conoscevano tutti. Avevo tanti amici, tante conoscenze. Avevo dato lì il mio primo bacio, sotto un'enorme quercia in un boschetto dove andavo spesso con i miei amici.
Avevo passato tutta la vita con la certezza che mi sarei sposata lì, che avrei avuto dei figli lì, che avrei lavorato lì, magari nel negozio d'antiquariato della signora Flowers.
E, invece, no.
Com'è strana la vita, a volte.
Hai tante certezze, tante sicurezze e, alla fine, ti ritrovi senza più niente, catapultato in una realtà che non avresti mai pensato potesse diventare la tua.Calciai una lattina lungo il marciapiede e questa rotolò per qualche metro, pronta per essere di nuovo calciata da qualcun altro, con problemi magari più grandi dei miei.
Cretina, la gente muore tutti i giorni e tu sei distrutta da un trasferimento?
Beh, sì.
Roba da matti, davvero.
Scossi la testa, cacciando via quei pensieri, che, invece di tirarmi su, mi facevano soltanto deprimere ulteriormente.
Poi, mi fermai.
Ero arrivata. La scuola era davanti ai miei occhi, così gremita di studenti da farmi paura. Insomma, sarei riuscita ad ambientarmi?
C'erano così tante persone, qualcuno si sarebbe disturbato a parlarmi o, almeno, a sorridermi? Oppure se ne sarebbero fregati?Dovetti prendere un bel respiro per evitare di impazzire.
Mi feci coraggio e feci un passo, portandomi all'interno del cortile.
Visto, Janey? Non sei morta.
"Già, non ancora, almeno", sussurrai, guardandomi intorno.Un paio di sguardi si puntarono su di me, disinteressati, ma nessuno si avvicinò, si voltarono tutti dall'altra parte.
Cercai di non farci caso ed entrai a scuola: anche i corridoi erano pieni di studenti. Tutti che ridevano o chiacchieravano allegramente, vicino ai propri armadietti, senza badare minimamente a me.
Soltanto una ragazza bionda sembrava tutta sola, se ne stava appoggiata al muro e osservava, annoiata, quelli che passavano.Mi avvicinai, sfornando il miglior sorriso che potessi fare, con scarsi risultati, purtroppo.
"Ciao!", esclamai, piantandomi davanti a lei.
La ragazza mi guardò e alzò leggermente un sopracciglio, restando a fissarmi, senza nemmeno sforzarsi di fingere che le importasse qualcosa di me, masticando una gomma a bocca aperta.
"Che vuoi?", sbottò, incrociando le braccia e assumendo un aspetto che non mi incoraggiò affatto.
"Oh, ehm...volevo soltanto sapere dove si trova la segreteria...", dissi, mentre il mio sorriso, già orrendamente falso, si trasformava in una sorta di smorfia.La bionda non ci fece neanche caso, continuò a masticare la sua gomma e a guardarmi come se la mia presenza la disturbasse.
"Sai, sono nuova...", aggiunsi, sperando che mi aiutasse.
"Pensi che me ne importi qualcosa?", chiese.
"Ok, come non detto, grazie mille, eh", sbottai, girando i tacchi per andarmene.
"Prima porta a sinistra, salite le scale", la sentii dire alle mie spalle.
Rimasi un attimo ferma, sorpresa, e quando mi voltai per ringraziarla, era sparita.Mi avevano trattenuta un po' in segreteria, quindi ero giustificata.
Bussai due volte, poi mi sistemai velocemente i capelli.
"Salve, sono Jane Harper e vengo dal Ten-", provai, prima che una voce dall'altra parte mi interrompesse.
"Avanti", fece, immaginai, la voce del professore.
Aprii la porta ed entrai, sorridendo.
Gli occhi di tutti si puntarono su di me.
Il professore, un uomo sulla sessantina, era appoggiato alla cattedra.
Si sistemò gli occhiali, poi ricambiò il sorriso.
"Salve, sono Jane Harper e vengo dal Tennessee, precisamente da un piccolo paes-".
"Si rilassi, signorina Harper, la vedo molto agitata. Non si preoccupi", mi interruppe il professore, posandomi una mano sulla spalla.
Annuii con la testa, voltandomi verso i miei compagni.
Alcuni mi sorrisero e questa cosa mi rilassò abbastanza.
"Vada a sedersi...", riprese il professore, cercando un posto libero nell'aula.
"Oh, vicino a Zayn Malik", continuò, indicandomi un ragazzo in ultima fila.
Quando pronunciò quel nome, tutti si voltarono verso quel ragazzo, poi verso di me. Sembravano quasi preoccupati.
Perché aveva scatenato tutta quella preoccupazione?
Mi strinsi nelle spalle e andai a sedermi.
Il ragazzo non si preoccupò nemmeno di alzare la testa dal suo quaderno, continuò a scarabocchiare qualcosa.
Lo osservai un attimo, curiosa.
Aveva degli splendidi lineamenti orientali, dei bellissimi capelli neri, corti sui lati e tirati su in un ciuffo sul davanti. Gli occhi erano puntati sul suo quaderno, quindi non riuscii a vederli, ma le ciglia erano lunghissime. Le trovai sensuali.
"Smettila di fissarmi", sbottò, talmente all'improvviso che sussultai e con così tanta cattiveria nella voce che mi spaventò.
Obbedii, senza dire niente, e spostai lo sguardo sul professore, che aveva cominciato a spiegare; col cuore che batteva all'impazzata e non aveva alcuna intenzione di rallentare.
Mi calmai soltanto dopo una mezz'oretta di spiegazione.
Il ragazzo non aveva detto nient'altro, si era limitato a scarabocchiare, scarabocchiare e scarabocchiare su quel suo maledetto quaderno.
Ad un certo punto, presa dalla curiosità, sbirciai oltre il suo braccio e mi accorsi che non stava affatto scarabocchiando, stava disegnando, ed era davvero bravo.
Non riuscii a vedere molto, soltanto il volto di una ragazza.
"Chi è?", chiesi, senza riuscire a trattenermi. E avrei fatto bene.
Subito, il ragazzo chiuse il quaderno e mi lanciò un'occhiata gelida.
I suoi occhi, castani con sfumature verdognole, mi incenerirono.
"Non ti impicciare di cose che non ti riguardano", disse con freddezza, poi tornò ad ignorarmi, ma non osò più aprire il suo quaderno.
Mi strinsi tra le braccia e sospirai.
Quando le due ore di storia passarono, Zayn fu il primo ad alzarsi, raccolse con estrema velocità le sue cose e lasciò l'aula, senza degnare nessuno di uno sguardo.
Una domanda si insinuò nella mia mente: chi era Zayn Malik?
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wrong z.m
FanfictionTRATTO DALLA STORIA. "[...] La verità è questa, Jane, io ho paura. Ho così tanta paura". Irrigidì la mascella e si voltò verso la lavagna. Poi, sospirò. Mi ci volle qualche minuto per realizzare tutto, ma poi sorrisi e intrecciai le mie dita con le...