2. Io ci provo.

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"Sono a casa!", esclamai, chiudendomi la porta alle spalle.
A scuola non era andata molto bene.
Non mi ero fatta nessun amico, anzi non avevo neanche parlato con nessuno e, per tutto il tempo, mi ero chiesta perché Zayn mi avesse trattata in quel modo.
In fondo, volevo soltanto fare due chiacchiere.
Buttai la borsa per terra e misi le mani sui fianchi, guardandomi intorno.
Il salotto era pronto, non c'erano più tremila scatoloni sparsi in giro e i mobili non erano più coperti. Era carino, più grande di quello in Tennessee.
Beh, tutta la casa era più grande, ma non mi importava molto.
Odiavo Londra.
No, non odiavo Londra, odiavo i miei compagni di scuola.
"Oh, ciao, tesoro!", fece mia madre, scendendo velocemente le scale con uno scatolone in mano.
"Ciao", ribattei, con poco entusiasmo.
"Com'è andato il primo giorno?", continuò, andando in cucina.
La seguii e aprii il frigo, per prendere da bere.
"Bene", mentii, versandomi l'acqua in un bicchiere.
"Ah, visto? Ti avevo detto che ti saresti trovata bene!", esclamò lei, sistemando delle cose in un mobile.
Annuii con la testa, evitando di sospirare.
"Ti sei fatta degli amici?", continuò, lanciandomi una veloce occhiata allegra.
"Sì...", mentii ancora, sedendomi.
"Oh, ma che bello! E come si chiamano?".
Sbiancai a quella domanda e sparai il primo nome che mi venne in mente.
"Zayn Malik!".
Si fermò e si voltò, incrociando le braccia.
"Ah, è un ragazzo, quindi", disse, arricciando le labbra in un sorrisino malizioso.
Mi sentii avvampare.
"Mamma, non iniziare".
"No, hai ragione...", sussurrò, tornando a sistemare gli oggetti.
"E' carino, almeno?", chiese, voltandosi di nuovo per guardarmi.
Oh, altroché, se era carino.
Non risposi, mi limitai a guardarla male e lei scoppiò a ridere.

Era sera e avevo deciso di fare una passeggiata per Londra, per perdermi un po' nei miei pensieri e rilassarmi.
Non avevo passato una bella giornata, ma speravo comunque che il giorno dopo sarebbe stato diverso.
Mi sarei fatta degli amici prima o poi, no? No?
Sospirai e mi strinsi nelle spalle, tirando su col naso.
Ero sempre stata una persona amichevole, socievole, non avevo mai avuto così tante difficoltà a farmi degli amici.
Continuai a pensare per un po', fino a che una figura scura in fondo alla strada mi distrasse.
Stava fumando e parlava al cellulare.
"Non me ne frega un cazzo! Voglio i miei soldi, mi hai capito, Stevens?", sbottò.
Quella voce.
Un brivido mi percorse la schiena e mi bloccai sul posto, incapace di fare un altro passo.
Lui , invece si stava avvicinando, ma non sembrava avermi notata. Ma mi avrebbe vista di sicuro se mi fossi mossa o anche se avesse continuato ad avanzare.
"Non provare a fare il furbo con me o renderò la tua patetica vita un inferno", ringhiò, furioso.
Ormai, era vicino. Sempre di più.
E io non mi muovevo, non ce la facevo. Restavo lì, immobile, a fissare la sua sagoma scura.
"Sì, ti conviene", concluse, staccando il cellulare.
Poi, il suo sguardo si posò su di me e mi guardò per un attimo, come se non si aspettasse di trovarmi lì. Ma, subito, riprese a camminare, sorpassandomi.
Mi voltai ad osservare la sua figura che si allontanava e poi, presa da non so quale coraggio, lo seguii.
"Aspetta!", gridai, affannata.
"Lasciami in pace", rispose, aumentando il passo.
Mi fermai per riprendere fiato, ma non lo ascoltai e subito dopo, lo raggiunsi di nuovo, questa volta, affiancandolo.
"Per favore, fermat-", non riuscii a finire la frase perché, appena le mie dita sfiorarono il suo polso, intenzionate a bloccarlo, Zayn scattò.
Mi spinse contro il muro di una casa, con violenza.
I suoi occhi erano scuri, senza alcun accenno al verde, pieni di rancore e tristezza, forse.
Mi prese per i polsi e me li bloccò contro il muro.
"Ti ho detto di lasciarmi in pace!", ringhiò a pochi centimetri dal mio viso.
Spaventata dalla sua reazione, tremai.
"M-mi fai male", balbettai, singhiozzando.
Lui assottigliò gli occhi e mi liberò dalla sua presa, andandosene.
Mi toccai i polsi, doloranti, e mi lasciai cadere lungo il muro, con le lacrime agli occhi.
Chi era Zayn Malik? Sicuramente, qualcuno da evitare.
Pensai a lui durante tutto il percorso per tornare a casa e anche quando mi fui infilata sotto le coperte.
Beh, poteva essere un tipo da evitare, o forse aveva soltanto bisogno di amici.

Il giorno dopo, a scuola andò un po' meglio.
Scambiai qualche parola con la mia compagna per letteratura e anche con qualche altro ragazzo.
Mi sentii già più rilassata.
Mancava soltanto un'ora alla fine della scuola, peccato che si trattasse di storia.
Non è che non volessi rivedere Zayn, in un certo senso mi incuriosiva, volevo conoscerlo meglio, capire perché si era comportato in quel modo con me. Ma avevo anche un po' di paura di rincontrare quegli occhi gelidi.
Arrivai in anticipo, questa volta, e c'erano rimasti alcuni banchi vuoti, ma decisi di mettermi di nuovo accanto a Zayn.
Non si disturbò a salutarmi e nemmeno a guardarmi, rimase con la testa appoggiata al banco.
"Ciao", sussurrai nella sua direzione, sperando, invano, che mi rispondesse.
Purtroppo tutto quello che ottenni fu sentirlo sbuffare.
Fantastico.
Quando arrivò il professore, tirò su la testa e riprese il quaderno che aveva anche il giorno precedente e si mise a disegnare.
Lo osservai per un po' con la coda dell'occhio, poi non riuscii a starmene zitta.
"Hai davvero molto talento. Dovresti frequentare un corso", sussurrai, appoggiandomi ad un braccio e guardandolo.
Ricambiò lo sguardo.
"E tu dovresti imparare a farti i cazzi tuoi", sibilò, tornando a disegnare.
Sospirai, pazientemente.
"Sai, non mi arrendo", dissi, avvicinandomi per vedere cosa stava disegnando.
Chiuse il quaderno e sbuffò, mettendosi a guardare il professore che spiegava.
"Sono Jane o Janey, come preferisci", continuai, sorridendogli.
"E io sono stufo di sentirti parlare. Tappati quella fogna", ribatté, rudemente.
"Oh, tu, sì, che sai come conquistare una ragazza!", commentai, ridacchiando.
Roteò gli occhi e si voltò verso la finestra, sperando che l'avrei lasciato in pace.
Povero illuso.
"Posso vedere i tuoi disegni?", chiesi, cercando di prendere il quaderno sotto il suo braccio.
"No!", esclamò, guardandomi male.
"Vedo che la lezione interessa molto a voi due là, in fondo", commentò il professore, interrompendoci.
"Scusi!", feci io, imbarazzata, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
L'uomo scosse la testa e tornò a parlare.
Sorrisi, divertita, e guardai Zayn, che era impegnato a inviare un messaggio col cellulare.
"Con chi messaggi?", chiesi, curiosa.
"Ma, insomma, sai stare zitta?", bofonchiò lui, spazientito.
Scossi la testa e sorrisi.
"Uhm...no".
Lui sbuffò e mise il cellulare in tasca.
"Adesso mi sono stancato, ragazzina, smettila di rompermi i coglioni", sbottò, avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra.
Se non fossimo stati a scuola e se non fosse stato così dannatamente serio e irritato, avrei pensato che volesse baciarmi.
"Malik, Harper, in presidenza!", esclamò il professore, indicandoci la porta.
Io sbiancai e Zayn non si fece tanti problemi, afferrò la borsa e se ne andò, lanciandomi un'occhiataccia.

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