5.Dana.

1.2K 47 2
                                    

C'era un corso di disegno, il pomeriggio, o qualcosa del genere. E avevo in mente un'idea per Zayn, per irritarlo un po'.
Bussai alla porta dell'aula di arte e mi aprì una ragazza rossa, con tante piccole e dolci lentiggini sul viso.
"Ciao! Posso aiutarti?", fece, sorridendomi.
"Oh, ehm, sì...vorrei iscrivere una persona al corso".
"Mi dispiace, ma ci si deve iscrivere personalmente...".
"Sì, lo so, ma, vedi, mio fratello non poteva venire, così mi ha chiesto se potevo venire io al suo posto", la interruppi, speranzosa.
La ragazza alzò le spalle e annuì.
"Oh, beh...allora, ok. Se mi dici il nome, per favore, così me lo segno", disse, pronta per scrivere su un foglio.
"Zayn Malik", risposi, incrociando le braccia.
Lei alzò la testa e mi guardò, confusa, poi scoppiò a ridere.
"Zayn Malik?", ripeté, scuotendo la testa.
"Sì, c'è qualche problema?".
"Zayn non ha sorelle. E, comunque, si è ritirato dal corso, molto tempo fa, e ha giurato di non tornare mai più", rispose, sospirando.
"Tu...tu lo conosci?", feci io, curiosa.
"Ma certo, era il...oh, beh, lo conoscevo...prima che, beh, lo sai".
"Cosa?", chiesi, confusa.
Lei spalancò gli occhi e si tappò la bocca.
"Niente, per favore, vai via, ho fermato la lezione anche per troppo tempo", disse, quando tornò in sé, chiudendomi la porta in faccia.
Rimasi ferma a pensare.
Allora era davvero successo qualcosa a quel ragazzo!
E avrei scoperto cosa, a qualsiasi costo.

Corsi subito in segreteria. Dovevo trovare Zayn.
"Salve, mi scusi!", esclamai, affannata, facendo alzare la testa alla segretaria.
"Posso aiutarti, cara?", mi chiese, sistemandosi gli occhiali.
"Sì, io...ho bisogno dell'orario di Zayn Malik. E' urgente", dissi, cerando di riprendere fiato.
"Mi dispiace, ma non posso darti l'orario di altri studenti", ribatté lei, tornando a scrivere qualcosa al computer.
"Per favore, mi serve!", riprovai, sporgendomi verso di lei.
"Non posso, mi dispiace", rispose, senza neanche guardarmi.
Sospirai, ma quando stavo per andarmene vidi John uscire da un'altra stanza.
"Io vado, Claire", disse, sistemando qualcosa in borsa.
"Arrivederci, professore", lo salutò la segretaria, sorridendogli.
"JOHN!", gridai io, felice di vederlo.
La donna mi lanciò un'occhiataccia e mi morsi il labbro inferiore.
"Oh, cioè...professore...", mi ripresi, avvicinandomi a lui.
"Ciao, Jane", mi sorrise il ragazzo, uscendo dalla segreteria.
"Aspetta, ho bisogno di un favore", sussurrai, fermandolo per un braccio.
"Sì, dimmi".
"Ehm, sai dov'è Zayn?", chiesi, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
"Uhm...precisamente no...".
"Ah, perché lo sto cercando, ma la segretaria non vuole darmi il suo orario. Non è che potresti prendermelo tu?", tentai, speranzosa.
John alzò le spalle e mi sorrise.
"Certo", disse, tornando in segreteria.
"Ehi, Claire, potresti darmi l'orario di Zayn Malik? Devo trovarlo", continuò, rivoltò alla donna. Quella guardò prima me con sospetto, ma poi non poté far altro che dare l'orario a John.
"Grazie, sei stato davvero gentile", gli sorrisi, appena uscimmo dalla segreteria e lui mi passò il foglio con l'orario.
"Figurati, ma perché cerchi Zayn? Non avrà mica combinato qualcosa, eh?".
"No, voglio solo chiedergli cosa gli è successo. Perché gli è successo qualcosa che l'ha fatto diventare com'è...per forza", risposi, pensierosa.
John annuì.
"Ah, ok, allora...aspetta! Cosa?", esclamò, bloccandomi per un braccio.
"No! Non puoi farlo! Non devi dirgli niente!".
"Perché? Un attimo...tu lo sai! Tu sai cosa gli è successo, vero?", feci, divincolandomi dalla sua presa.
Lui sospirò e si passò una mano tra i capelli biondi.
"Senti, Jane, è meglio se non ti impicci, ok? Zayn ha bisogno dei suoi spazi. E' fatto così, vuole stare per conto suo e...".
"Smettila di prendermi per il culo. Tu sai cosa gli è successo e io pretendo di saperlo adesso. E se non me lo dirai tu, lo chiederò a Zayn stesso", dissi, risoluta, incrociando le braccia.
John scosse la testa e sospirò.
"Ok, perfetto", sbottai, facendo per andarmene.
"E va bene!", mi urlò dietro, facendomi voltare.
"Ma non qui. Forza, muoviti, ti firmo la giustificazione per uscire".

"Avanti, parla, stiamo camminando da mezz'ora e non hai ancora detto niente!", esclamai, spazientita, con le braccia incrociate al petto.
John mi guardò e sospirò.
"Hai ragione è che...è difficile...", sussurrò, guardando in alto, forse per nascondere la sua espressione o...le lacrime.
Aveva gli occhi lucidi.
"Due...due anni fa, mia sorella Dana è morta...", esordì, mordendosi il labbro.
Schiusi le labbra, dispiaciuta.
"Oddio io...mi dispiace tanto", dissi, stringendomi tra le braccia.
Lui mi rassicurò con un sorriso, anche se continuava ad avere gli occhi lucidi.
"Beh...era malata già da un po' di cancro e...se lo aspettava. Se lo aspettavano tutti. Era una ragazza così forte, così...dolce. Non si è mai fatta portare via il sorriso dalla sua malattia. Se soffriva, non lo dava certo a vedere. E' sempre stata coraggiosa, si è rassegnata al suo destino, ma non si è lasciata sconfiggere, anzi, ha cercato di infondere forza e coraggio in tutti quelli che la circondavano, fino alla fine. Ha combattuto fino alla fine, consapevole di quello che l'aspettava. Ma non Zayn...".
Zayn? Che c'entrava Zayn?
Corrugai la fronte, senza comunque parlare, non mi sembrava molto educato fare domande in quella situazione, anche perché lui sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
"Zayn era il suo ragazzo. Era il ragazzo di mia sorella...e, che tu ci creda o no, l'ho sempre considerato un coglione. Non mi sono mai fidato di lui, credevo che stesse con mia sorella solo per il suo aspetto, ma mi sbagliavo...lui l'amava. E, anche quando le hanno rilevato il cancro, lui non ha mai voluto accettarlo. Continuava a non pensarci, a sperare in qualcosa di impossibile, in un miracolo. Quando lei iniziava discorsi tipo 'Quando io non ci sarò più...' o 'Quando morirò...', lui la interrompeva sempre, dicendole che non sarebbe successo, che ce l'avrebbe fatta, che, insieme, l'avrebbero superata. Vivevano insieme, avevano tanti progetti, volevano addirittura sposarsi...", John si fermò un attimo, forse per riprendere fiato o forse per prendersi un momento per rilassarsi.
"Quando morì, ne furono tutti tristi, perché era una di quelle persone gentili e carine con chiunque, la adoravano tutti. Ma Zayn ne fu distrutto. Cambiò completamente vita. Si rinchiuse in se stesso, abbandonò tutti i suoi amici e li sostituì con persone da evitare, criminali, più che altro. Iniziò a fumare e per 'fumare' intendo roba pesante, si faceva così spesso che arrivai al punto in cui non riuscii a riconoscerlo. Così, decisi di aiutarlo, provai ad allontanarlo da quel giro e, anche se all'inizio ebbi un po' di difficoltà, alla fine ci riuscii e iniziammo a frequentarci. Diventò quasi un fratello piccolo per me, ma non si è mai ripreso del tutto", si fermò di nuovo e mi guardò, per vedere la mia reazione.
Io, semplicemente, non avevo più mosso un muscolo: ero rimasta a bocca aperta, immobile come una cretina.
Mi ero immaginata di tutto, dai genitori assenti, al carattere di merda. Ma, mai e poi mai, avrei potuto pensare una cosa del genere. Zayn aveva dovuto affrontare una delle cose più brutte: la perdita di una persona cara. E io l'avevo trattato malissimo, avevo perso il conto di quante volte l'avevo mandato a fanculo.
"Jane?", fece John, sfiorandomi il braccio.
Scossi la testa, cercando di tornare in me, e lo guardai.
"Cavolo...", sussurrai, con poco fiato.
"Mi dispiace per tua sorella, non immaginavo che...non te l'avrei chiesto se avessi saputo, oddio, John, scusami...".
"Ehi, calmati, va bene? Io sto bene, mi manca, ma l'ho superata. E' inutile piangersi addosso e, prima o poi, lo capirà anche Zayn", mi interruppe, bloccandomi per le braccia.
Annuii, cercando di tranquillizzarmi.
"Però mi sento così in colpa...", sussurrai, sospirando.
"Dai, non ci pensare. Ti accompagno a casa".
"Puoi...puoi accompagnarmi da Zayn?".

Comprai un enorme mazzo di fiori, prima di andare da Zayn.
Quando lui aprì la porta e mi vide, alzò un sopracciglio.
"Che c'è? Vuoi un appuntamento?", sbottò, sbuffando.
"Posso entrare?", chiesi, senza rispondergli.
Lui non disse niente, ma si spostò per farmi passare.
Mi guardai un po' intorno, poi posai i fiori sul tavolino di vetro del salotto.
"Questi sono per Dana", dissi, posando lentamente gli occhi su di lui.
Non sapevo che reazione aspettarmi e ne ero un po' spaventata.
Zayn irrigidì la mascella e spalancò gli occhi.
"Mi dispiace, mi dispiace davvero tanto che lei sia morta", ripresi, avvicinandomi.
Ma non riuscii a fare qualche passo che lui corse via, salendo di fretta le scale.
Lo seguii, chiamandolo più volte, ma lui si rinchiuse in una stanza.
"Zayn, aprimi!", esclamai, bussando alla porta.
"Zayn, ti prego", ritentai, continuando a bussare.
"Zayn...", mormorai, appoggiando la testa alla porta, sospirando.
Ok, forse avevo esagerato. Non avrei dovuto fare tutto così all'improvviso, presentarmi a casa sua. Ma che mi era preso?
Mi allontanai dalla porta, indecisa sul da farsi. Potevo andarmene e lasciarlo da solo, come voleva, o potevo restare e provare a farlo uscire dalla camera, come era giusto che facessi.
Presi un lungo respiro e mi passai una mano tra i capelli, tornando davanti alla porta.
"Non me ne vado, Zayn, perciò se vuoi farla lunga, bene. Ho tutto il tempo", dissi, sperando che, provocandolo, sarebbe uscito.
Ma non successe niente.
"Avanti, hai bisogno di parlare, di sfogarti. Non puoi sempre fare il duro senza sentimenti, perché la verità è che ce li hai, dei sentimenti", continuai, bussando dolcemente.
"Zayn...Zayn?".
Niente. Niente di niente.
Sbuffai.
"Zayn, per favore, esci di lì e parliamone. Zayn? Zayn! Cazzo, esci da quella fottuta stanza!", urlai, spazientita, bussando furiosamente.
Finalmente, sentii la serratura scattare e la porta si aprì velocemente.
Ma, prima che potessi dire o fare qualcosa, Zayn si avventò su di me, spingendomi con forza contro il muro.
"Stai zitta! Ti ho già detto di lasciarmi in pace, ma forse non sono stato molto chiaro", gridò, bloccandomi per il collo.
"Io non voglio esserti amico. Tu non mi conosci e io non conosco te. Perciò stammi a sentire: sparisci dalla mia vita", ringhiò, stringendo la presa.
Scoppiai a piangere, spaventata.
"Mi hai capito?", continuò, urlando. Sembrava impazzito, con gli occhi scuri, pieni di odio e rabbia, i capelli spettinati, le labbra storte in un ghigno furioso.
Non risposi e lui mi lasciò andare il collo, ma colpì violentemente il muro, ai miei lati, con i pugni.
"Vattene via o ti farai male!", esclamò, minaccioso, indietreggiando abbastanza perché potessi passare.
Non me lo feci ripetere due volte e corsi via, in lacrime.
Quando fui in strada, mi passai le mani sul viso, cercando di riprendere fiato.
Poi, chiamai Liam.
"Pronto?".
"L-Liam, sono Jane, sei in giro?", chiesi, cercando di avere un tono più calmo possibile.

wrong z.mDove le storie prendono vita. Scoprilo ora