3. John e un'altro Zayn.

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"Mi creda, non volevo disturbare la lezione", mi giustificai col preside, dispiaciuta.
"Capisco, signorina Harper, e, dato che è la prima volta, non avvertirò i suoi genitori, ma dovrà restare qua dopo la scuola. Quanto a lei, Malik, oltre a restare in detenzione, dovrà fare molto di più che inventarsi una scusa qualunque con i suoi genitori".
Zayn roteò gli occhi, ma non sembrò preoccuparsi minimamente.

Ero nell'aula di detenzione più o meno da dieci minuti e, oltre a me, non c'era nessun altro. Né un professore, né un alunno, né, tantomeno, Zayn.
Sbuffai, picchiettando le dita sul banco. Poi, improvvisamente, la porta si aprì e il moro entrò, armeggiando col cellulare.
"Oh, non ci speravo più", commentai, seguendolo con lo sguardo.
Si sedette il più lontano possibile da me, così presi le mie cose e mi sistemai accanto a lui.
"Fai sul serio? Hai un'intera classe a disposizione e vieni qui?", sbottò, scocciato.
Di tutta risposta, gli sorrisi.
"Scusate il ritardo!", esclamò qualcuno, entrando.
Era un ragazzo, che avrà avuto al massimo una decina d'anni più di noi.
Ci sorrise.
"Oh, siete soltanto in due? Zayn e...chi è la tua amica?".
"Non è una mia amica", sbottò il moro, sbuffando.
"Certo che no", ribatté il ragazzo, ridacchiando.
Poi, mi guardò.
"Sono Jane Harper", dissi, sorridendo.
"John Collins", si presentò lui, appoggiandosi alla cattedra.
No, aspettate...era il professore?
"Tu saresti il professore? Cioè...lei...".
"Oh, io non sono un professore qualunque. Io sono un professore figo", mi interruppe, facendomi l'occhiolino.
Corrugai la fronte.
"Ma smettila, John, sei patetico", commentò Zayn, alzandosi.
Il ragazzo gli fece la linguaccia.
"Sì, finché non ti regalo le sigarette, coglione", borbottò, guardandolo male.
Vidi il moro aprirsi in un sorriso. Il primo che gli vidi fare.
"Oddio! Sai sorridere!", esclamai, fingendomi totalmente meravigliata.
Lui roteò gli occhi e andò verso la finestra.
"Per oggi rimani patetico, ho le mie", commentò, tirando fuori di tasca un pacchetto di sigarette.
"Peccato", scherzò il 'professore', affiancandolo.
Poi, Zayn aprì la finestra e si sporse leggermente, prima di accendersi una sigaretta e porgerne una al ragazzo.
"Non vorrete mica fumare, vero?", feci, alzando un sopracciglio.
"Hai qualche idea migliore?", chiese il professore, aspirando il fumo dalla sigaretta.
"Ma lei è un professore! Dovrebbe controllare che...".
"Non riesce mai a stare zitta", mi interruppe Zayn, lanciandomi un'occhiataccia, prima di voltarsi di nuovo verso la finestra.
Il professore posò la sigaretta sul davanzale e si avvicinò a me.
"Prima di tutto, non darmi del lei, mi fa sentire un vecchio, poi chiamami John e terzo, se vuoi anche tu una sigaretta, non devi far altro che chiedere", disse, sorridendo.
Scossi la testa, divertita.
"Ok. Ci sto", risposi, mentre lui mi porgeva il pacchetto.
Per quelle due ore, mi divertii.
John era davvero simpatico e Zayn sembrava diverso con lui. Più aperto e gentile.
"John è davvero forte!", commentai, mentre uscivamo da scuola.
Zayn non rispose, si guardò intorno.
"Vi conoscete da tanto, eh?", continuai, curiosa.
Il moro mi guardò, scocciato.
"Sì, adesso puoi anche andartene, non devi per forza starmi appiccicata".
Sbuffai e incrociai le braccia.
"Ma perché sei di nuovo uno stronzo? Con John eri molto più simpatico".
"Sarà stata una tua impressione. Adesso sparisci", rispose, aumentando il passo verso il parcheggio.
"Perché ti comporti così? Che cavolo ti ho fatto? Che cavolo ti hanno fatto tutti?", sbottai, fermandomi e urlandogli dietro.
Non mi rispose e sparì dietro le auto.
"Vaffanculo!", gridai, neanche sicura che mi avesse sentito.
Scossi la testa e inziai a camminare verso la mia auto.
"Ehi", qualcuno mi fermò.
Mi voltai, tre ragazzi mi sorridevano, divertiti.
"Ciao, tesoro", fece uno biondo.
"Ciao", dissi, con poco entusiasmo, riprendendo a camminare.
"Aspetta, dove scappi?", continuò quello, parandosi davanti a me, bloccandomi la strada.
"Levati", sbottai, sbuffando.
"Uhm...siamo nervosette e arroganti", commentò, prendendomi violentemente il viso con una mano.
Gemetti.
"Per favore, lasciami...", mormorai, sentendo gli occhi pizzicare.
"Ora non fai più la smorfiosetta, eh?", fece quello ridacchiando e facendo ridere i suoi amici.
"Hai proprio un bel faccino, mi dispiacerebbe rovinarlo, quindi fai la brava", continuò, avventandosi sul mio collo per baciarlo.
"No!", esclamai, cerando di spingerlo via.
"Stai ferma!", mi avvertì, tirandomi uno schiaffo.
Riuscii soltanto a chiedere aiuto una volta, prima che mi tappasse la bocca con la sua lurida mano.
Cominciai a piangere, disperata, facendo ridere più forte quei ragazzi.
"Che facevi a scuola, a quest'ora? Scommetto un corso pomeridiano di qualcosa come danza o teatro", ridacchiò uno di loro, alle mie spalle.
Quello che mi teneva la mano sulla bocca fece un sorrisetto divertito.
"Scommetto che adesso te ne sei pentita, eh?", chiese, togliendo la mano per sostituirla con la sua bocca.
Mi dimenai, cercando di urlare, ma riuscivo soltanto a piangere più forte.
"Lasciatela andare!", esclamò una voce, dura.
La sua voce.
Subito, il ragazzo si distanziò da me e io caddi a terra, senza forze.
"Di che ti impicci?", sbottò uno dei tre.
"Cazzo, Kyle, ma quello è Zayn Malik!", commentò un altro, spaventato, prima di correre via.
Gli altri due si lanciarono un'occhiata e poi seguirono l'amico.
Che codardi.
Zayn corse verso di me e si chinò.
"Tutto bene?".
"Vaffanculo", commentai, sputando, cercando di smettere di piangere.
"Ehi, io ti ho salvata da quei tre e tu mi ringrazi così?", ribatté, afferrandomi per le braccia e tirandomi facilemente in piedi.
Non risposi e lo abbracciai.
Non so perché, ma in quel momento era l'unica cosa che volevo fare.
Piansi sul suo petto e lui mi circondò con le sue braccia.
"Andiamo, ti accompagno a casa", disse, poi, distaccandosi.
Lo seguii in silenzio.
Salimmo in macchina e lui si tolse la giacca, porgendomela.
"Non voglio la tua fottuta giacca!", commentai, guardandolo male.
"Non rompere i coglioni e mettitela", ribatté, duramente.
Sbuffai, ma obbedii, afferrandola.
Poi, mi strinsi tra le braccia e abbassai la testa.
Nonostante si comportasse da stronzo, mi aveva salvata e gliene ero davvero grata, anche se magari, in quel momento, non riuscivo a dimostrarglielo.
"G-grazie", balbettai, appena arrivammo a casa mia.
Non sapevo nemmeno io se lo stavo ringraziando per il passaggio o per quello che aveva fatto. Forse per entrambe le cose.
Lui annuì e ripartì velocemente.

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