10.Ancora feste,ancora idioti.

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"Tutto chiaro, Jane?", chiese John, osservandomi.
Annuii, giocherellando con una penna.
"Uhm...sì, ma ancora non mi rinvengo con le date", sussurrai, grattandomi la testa.
"Non importa, per ora basta che tu abbia capito. Margaret?", fece poi, voltandosi verso la bionda.
Lei sorrise e annuì.
"Perfetto. Zayn, invece, hai capito?", continuò, voltandosi verso il ragazzo, che non sembrava in alcun modo interessato alla lezione.
"Certo", mormorò, irritato.
Secondo me, non aveva ascoltato una parola di quello che aveva detto John.
E lo sapeva anche il biondo, ma non insistette in alcun modo, si limitò a sospirare.
"Ok, allora per oggi abbiamo finito. Ci possiamo rivedere giovedì, va bene?".
Io e Maggie annuimmo, Zayn non rispose, sistemò soltanto le sue cose e se ne andò.
Lo seguii in fretta.
"Devi smetterla, ti comporti come un bimbetto", sbottai, acida, cercando di stargli dietro, anche se stava camminando davvero velocemente.
Lui mi ignorò.
"Possibile che tu non riesca a fare altro che essere arrabbiato con tutti?", continuai, facendo una smorfia.
Zayn non batté ciglio, continuò a camminare e a ignorarmi.
"Fermati, Dio mio!", urlai, bloccandolo per un braccio.
Me ne pentii subito, ricordando la reazione che aveva avuto quando l'avevo fermato la prima volta.
Ma, questa volta, si fermò e mi guardò negli occhi, aspettando che parlassi.
Deglutii leggermente.
"Ok, senti, non puoi più comportarti così con la scusa della tua ragazza morta. Sono passati anni, è da infantili", sbottai, scuotendo la testa.
"Non ti azzardare a toccarmi e, soprattutto, a nominare Dana un'altra volta", ringhiò, assottigliando gli occhi.
Poi, riprese a camminare.
"No, non questa volta", sussurrai, raggiungendolo.
"Pensi che lei vorrebbe vederti così? Lei vorrebbe vederti andare avanti e felice. Perché non riesci a capirlo? Ti stai rovinando la vita".
Zayn si irrigidì e mi bloccò violentemente per i polsi.
"Devi essere veramente dura di comprendonio, allora. Ti ho detto di non nominarla. E non voglio più sentirti parlare, noi due non siamo amici", ringhiò per poi andarsene.
"Sai? Harry mi ha detto che provi qualcosa per me perché ti ricordo Dana", gli urlai dietro, fuori di me.
Non avrei mai dovuto dirglielo.
Si fermò, ma si voltò solo dopo qualche secondo e mi guardò sprezzante.
"Evidentemente, Harry non capisce un cazzo di me. Tu per me non sei niente: non vali la milionesima parte di quel che valeva Dana", sputò, crudele, per poi andarsene.
Sentii il cuore spezzarmisi e non riuscii a trattenere le lacrime.
Corsi via, senza una meta, mentre le lacrime combattevano per uscire.
Mi lasciai andare ad un pianto liberatorio, rumoroso, più che altro e rallentai la mia corsa, sempre di più, fino a quando non mi ritrovai a camminare lentamente, in un quartiere in cui non ero mai stata.
Entrai in un bar, dopo essermi asciugata le lacrime, e me ne pentii subito.
Non era certo uno di quei posti in cui si dovrebbe trovare una ragazza: c'era odore forte di alcool e tabacco e, appena mi richiusi la porta alle spalle, mi ritrovai tutti gli occhi dei presenti addosso.
Niente di strano, se non fosse che continuarono a fissarmi anche quando feci alcuni passi titubanti verso il bancone. E non mi piacevano per niente quegli sguardi.
Cercai di non farci caso e ordinai una birra, ma sentivo ancora quegli occhi inquietanti trapassarmi la nuca.
Qualcuno mi affiancò e dal suo fiato capii che doveva essere davvero ubriaco.
"Che ci fa una bella ragazza come te in un postaccio come questo?", ghignò un uomo al mio orecchio, appoggiandosi al bancone del bar per assumere una posizione più comoda o, semplicemente, per reggersi, data la sua condizione.
"Non credo siano affari suoi", bofonchiai, sorseggiando la birra.
"Oh, andiamo, non fare la timida. Voi ragazze volete sempre parlare, non fate altro che parlare e parlare e parlare. Ti sto offrendo la possibilità di parlare con me", ridacchiò, venendomi ancora più vicino.
Sentii qualcun altro ridacchiare.
Mi allontanai, schifata.
"Mi lasci in pace".
"Uuh, fa la difficile, la ragazzina, eh?", mormorò l'uomo, facendo ridere anche gli altri.
Notai che anche il barista era parecchio divertito e la cosa non fece altro che preoccuparmi.
"I-io dovrei andare", balbettai, rendendomi finalmente conto del casino in cui mi ero cacciata.
Mi alzai, ma l'uomo mi bloccò per il braccio.
"Perché prima non parliamo un po', eh?", continuò.
Improvvisamente, qualcuno bloccò il suo, di braccio.
"Uh-uh, non è carino infastidire le ragazze", commentò una voce.
Alzai la testa e incontrai due meravigliosi occhi azzurri.
"Forse dovresti andare a casa, eh, Fred?", continuò il ragazzo, piegandogli il braccio dietro la schiena e spingendolo contro il bancone.
"O forse hai voglia di parlare con me?".
L'uomo mugolò qualcosa di incomprensibile e l'altro ridacchiò, prima di lasciarlo andare e barcollare all'indietro.
"Qualcun altro vuole parlare?", ringhiò, facendo una goffa giravolta su se stesso, che non fece altro che farlo barcollare ulteriormente.
Il bar era più silenzioso di un cimitero. Tutti erano tornati a farsi gli affari loro o, almeno, a far finta.
"Sei ubriaco, Lou", fece una voce alle mie spalle.
Mi voltai e incrociai lo sguardo di un biondino.
"Per questo guidi tu", ribatté l'altro ragazzo, ridendo, mentre tirava un mazzo di chiavi al suo amico, che le afferrò al volo.
Il biondo scosse la testa e se ne andò, seguito a ruota dall'altro.
Raccolsi le mie cose e uscii anch'io, rincorrendoli.
"Aspettate! Aspettate!", esclamai, alle loro spalle.
Si voltò soltanto quello biondo, l'altro continuò a camminare come se nulla fosse.
"Potete darmi un passaggio a casa?", chiesi.
Sapevo di essere sfacciata e forse anche stupida, ma non volevo aspettare un taxi.
"Noi stiamo andando ad una festa, quindi, spiacente, ma dovrai andare a piedi", borbottò quello che mi aveva aiutato con l'ubriaco, voltandosi con un'altra giravolta per poi tornare a camminare.
"Andiamo, Niall", disse all'altro, dato che il biondo se ne stava ancora fermo a guardarmi.
"Posso venire con voi, allora?", ritentai.
Il ragazzo si voltò ancora e mi guardò.
"E' una festa per grandi", commentò, facendo qualche passo per afferrare Niall.
"Ho diciannove anni", dissi.
Il ragazzo scoppiò a ridere, poi alzò le braccia e mi fece cenno di seguirlo.
"Chi sono io per impedirti di venire ad una festa?".

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