Capitolo quinto *Blaire*

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Mi svegliai di soprassalto sentendo un acuto pianto di neonato.

Davanti ai miei occhi si aprì lo stesso panorama che vedevo da due giorni a quella parte: l'ambiente sterile e soffocante del Jesus' Heart Memorial Hospital.

Non sentivo più la schiena per il fatto di aver passato le precedenti due notti sul duro schienale di una sedia di plastica e avevo un fastidioso torcicollo, tuttavia nessun dolore era minimamente comparabile a quello che pervadeva ogni mia singola cellula.

Dopo i due giorni peggiori della mia vita, i dottori non erano ancora in grado di darci nessuna notizia di Boyd.

Era rinchiuso nel reparto di terapia intensiva, in coma, respirava ma non era ancora in grado di svegliarsi.

Alcune volte, quando i dottori non potevano vedermi, ero sgattaiolata nella sua stanza, giusto per sentire il suono della macchina che controllava il battito del suo cuore.

Quel assiduo bip mi tranquillizzava e, non solo evitava che io impazzissi, ma mi ricordava anche che si, lui era ancora lì con me.

Guardavo il suo bellissimo volto tumefatto e avevo imparato a memoria ogni livido che macchiava il viso che tanto amavo.

Non lo toccavo perché avevo quasi paura di rompere quel delicato equilibrio, quel silenzio irreale che aleggiava nella stanza, interrotto solo dal rumore dei macchinari ospedalieri.

Il sostegno dei miei amici era stato fondamentale per me e ognuno di loro, a suo modo, si era rivelato incredibile.

Selina mi era sempre accanto, la mattina prima del lavoro e poi la sera, non appena finiva il turno. Lasciava che le piangessi sulla spalla e mi obbligava a mangiare almeno due pasti al giorno, cosa che senza di lei non avrei assolutamente fatto.

Gemma portava un po' di allegria nelle mie giornate buie senza Boyd, con la sua esuberanza e il suo accento spagnolo, informandomi su tutti i pettegolezzi dell'accademia e facendomi ridere quando era l'ultima tra le cose che avrei voluto fare.

Anche Jeremy a modo suo si era dimostrato un buon amico, con la sua dolcezza e il suo umorismo un po' goffo. Rendeva davvero felice la mia amica Selina (ormai erano una coppia ufficiale e facevano sul serio) e questo non poteva che rendermelo ancora più simpatico.

Luke e Chloe erano invece le persone con cui in assoluto passavo più tempo e avevamo legato moltissimo.

Condividevamo un dolore tanto intenso che farci forza a vicenda era l'unica tra le cose possibili. Ci sostenevamo l'un l'altro e pregavamo.

In quel momento ero sola, poiché anche Chloe e Luke erano andati a fare un salto a casa per andarsi a cambiare e farsi una doccia.

Avevano tentato in tutti i modi di convincermi ad andare con loro, quel tanto che bastava per mettermi dei vestiti puliti e svuotare la testa, ma io avevo rifiutato.

Non potevo lasciarlo.

Boyd poteva svegliarsi da un momento all'altro e aver bisogno di me.

O almeno era quello che continuavo a ripetermi in continuazione.

Sospirai e mi guardai intorno nel largo corridoio che si affacciava su numerose stanze numerate.
Non vidi nei paraggi nessun medico di Boyd, così decisi di intrufolarmi di nuovo furtivamente nella sua stanza.

Aprii piano la porta ed entrai nella stanza singola del mio ragazzo.

Era disteso nella stessa posizione di sempre, con le palpebre chiuse e il respiro regolare che gli alzava e abbassava il petto.

Mi sentii in pace solo vedendo il suo viso e improvvisamente mi venne voglia di stargli il più vicino possibile.

Controllai che non si fosse nessun filo che potessi danneggiare e poi, lentamente e con cautela, mi stesi accanto a lui, appoggiando la testa sul suo petto.

Fu come se improvvisamente avessi ripreso a respirare dopo una lunga apnea, annusai il suo profumo familiare di cannella e sentii l'improvviso il bisogno di piangere.

Quanto avrei voluto che si svegliasse!

Avrei dato qualunque cosa per riavere il suo sorriso o la sua espressione dolce quando mi stringeva a sé.

Lo guardai e gli posai un leggero bacio sulla guancia, rimettendomi poi con la testa sul suo petto e stringendomi il più possibile a lui.

Pregando che non entrasse nessuno a cacciarmi, chiusi gli occhi e mi abbandonai alla stanchezza accumulata, stretta a lui.

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