Capitolo quarantesimo *Blaire*

105 16 15
                                    

Ero finalmente distesa su una superficie morbida, non avevo freddo e non ero avvolta dall'odore penetrante di muffa ed erba bagnata che era ormai insito nella mia memoria.

Tutto mi sarebbe sembrato perfetto se non avessi sentito dolore in ogni singolo muscolo del corpo.

Sbattei più volte le palpebre e con un gemito tentai di sollevarmi sui gomiti, riuscendo finalmente a mettere a fuoco ciò che mi circondava.

L'ambiente asettico e sterile era sicuramente quello di una stanza d'ospedale, eppure non ero mai stata più felice di essere in quel luogo come lo ero in quel momento.

Se non era tutto frutto della mia fervida immaginazione o se non ero morta e quello era il paradiso, significava che ce l'avevo fatta.

Ero riuscita a fuggire dall'incubo in cui ero stata intrappolata per il mese e mezzo peggiore della mia vita.

Dall'atroce periodo che mi avrebbe segnato fino al giorno del mio ultimo respiro.

Dalla gola mi uscii un singhiozzo e gli occhi mi si riempirono di lacrime.

Per il sollievo, la tensione trattenuta ed i nervi a pezzi.

Eppure tutto era ancora così confuso...

Non riuscivo a ricordare nulla delle ore trascorse: non ricordavo come ero riuscita a fuggire, non ricordavo se ero riuscita a vedere Boyd, se lui sapeva che ero ancora viva.

Se lui... se lui sapeva già del bambino.

Il cuore mi si strinse in una morsa assassina al devastante ricordo della sua perdita.

Non ero riuscita a proteggerlo, se n'era andato perché io non ero stata forte abbastanza.

Una lacrima mi scivoló su una guancia e non riuscii ad asciugarmela perché ogni movimento mi costava un fortissimo dolore.

Qualcuno si spostò al mio fianco ed io mi girai di scatto, accorgendomi solo in quel momento di non essere sola nella stanza.

Quando i miei occhi misero a fuoco la figura addormentata sulla sedia vicina al mio capezzale, il cuore mi saltó in gola e soffocai un urlo.

Il mio amore.

La persona che più al mondo mi era mancata, la persona che più di ogni altra aveva popolato i miei sogni era finalmente lì, a distanza di un battito di cuore.

Boyd.

Terribilmente bello e distrutto allo stesso tempo, con il viso stupendo contratto anche durante il sonno, le profonde occhiaie, i capelli spettinati in cui amavo passare le dita e le labbra carnose leggermente dischiuse.

Tutto in lui faceva bene al mio cuore devastato, tutto in lui metteva ordine tra i miei pezzi dispersi.

"Oh Dio" mormorai piano per non svegliarlo, allungando una mano a sfiorargli i capelli folti e scuri.

Tutto era reale.

Le sue ciocche morbide sotto le mie dita lo erano, quella stanza d'ospedale, la libertà.

Tutto.

La porta della stanza si aprì ed entró un'infermiera giovane e bionda, che non appena mi vide sorrise e si affrettò verso il mio letto.

"Signorina Cannon, finalmente si è svegliata. Come si sente? Ricorda qualcosa?" mormorò piano ed in tono dolce, quasi per non disturbare me e Boyd.

"Mi sento... bene, credo. Mi fa male tutto, ma non potrebbe andare meglio di così. Cosa è successo? Come sono arrivata qui? E il mio bambino? Devo avere notizie su di lui prima di ogni altra cosa!" esclamai, agitandomi.

MAYBE YOU #2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora