Capitolo ventisettesimo *Blaire*

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Mi svegliai di soprassalto a causa della suoneria del mio telefono.

Ancora intontita, mi alzai in posizione eretta e scrutai le pareti della stanza che era stata la mia quando vivevo insieme a Selina.

Erano le tre e mezzo di notte e, afferrando il cellulare, mi salii il cuore in gola leggendo sul display il nome di Boyd.

Perché mi chiamava a quell'ora?

Dovevo rispondergli o sarebbe stato meglio che entrambi sbollissimo prima di parlarci?

Alla fine l'istinto vinse sul buonsenso e accettai la chiamata:

"Pronto?" mormorai piano per non svegliare Selina che dormiva nell'altra stanza, mentre mentalmente mi preparavo allo scontro che quella telefonata avrebbe sicuramente portato.

"Piccola..." biascicò invece Boyd, lasciandomi di sasso.

"Sei ubriaco?" gli chiesi subito, con una stretta al petto.

Sentii una risatina dall'altro capo della linea e ne ebbi la conferma prima ancora che rispondesse.

"No... si... Forse. Ho bevuto solo qualche bicchiere. Mi manchi" farfugliò.

Sospirai e mi massaggiai le tempie con una mano.

"Boyd, vai a dormire. Sono le tre e mezzo di notte, tu sei ubriaco fradicio ed io sono esausta"

"Sei tanto arrabbiata con me?" mormorò lui piano, come se avesse paura della mia risposta.

"Ne parliamo domani quando sarai sobrio, d'accordo?"

"No! No, per favore. Io... io ho bisogno di saperlo. Mi sento così vuoto senza di te, ho... provato a dormire, ma non ci riesco se tu non sei con me"

Le sue parole mi fecero male al cuore: volevo piangere per quel ragazzo che mi trattava male, ma che poi per il rimorso si ubriacava e mi chiamava per dirmi che gli mancavo.

Per quel ragazzo che amavo con tutta me
stessa.

"Dove sei?" gli chiesi, poiché sentivo in sottofondo il rumore del traffico.

"Sotto casa di Selina. Ero nel nostro appartamento, ma ho camminato e sono venuto fin qui. Per starti vicino. Posso salire? Per favore"

"Si. Ora ti vengo ad aprire" gli dissi prima di chiudere la chiamata.

Scesi di corsa dal letto e andai all'ingresso, aspettando di vederlo comparire sulla porta.

Un minuto dopo era davanti a me, pallido e con gli occhi cerchiati di rosso, come se avesse pianto per ore.

Volevo baciarlo, rassicurare il suo viso così contratto dalla tristezza.

"Ciao" dissi invece a bassa voce, spostandomi per lasciarlo entrare.

"Quanto sei bella" mormorò lui, squadrandomi da capo a piedi.

Avevo i capelli spettinati, gli occhi struccati ed assonnati e indossavo solo una vecchia maglietta che mi arrivava a metà coscia.

"Non mi sembra proprio" risposi infatti.

"Tu sei sempre bella, ancora piú bella di come mi ricordavo"

Perché non si avvicinava a me? Perché non mi abbracciava?

Deglutii e unii le mani all'altezza del ventre, non sapendo cosa fare.

"Siamo stati separati solo poche ore" cercai di ricordargli e di ricordare anche a me stessa.

In un attimo mi ritrovai avvolta dalle sue braccia.

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