Capitolo trentesimo *Blaire*

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Vivere in quella casa insieme a Boyd, era come galleggiare in un universo parallelo: tutto sembrava un sogno.

Eravamo partiti con l'idea di fermarci solo una notte, ma poi non eravamo più riusciti ad andarcene ed era più di una settimana che vivevamo lí.

Gran parte delle nostre cose era ancora nell'appartamento di Boyd ed eravamo lungi dall'aver finito il trasloco, ma la sensazione di svegliarsi guardando il sole attraverso la vetrata della nostra stanza o quella di vedere Boyd a torso nudo intento a preparare i pancake nella nostra cucina, era davvero impagabile.

Quel giorno mi svegliai verso le dieci e mezza, stiracchiandomi e sentendo accanto a me il confortante corpo caldo del mio fidanzato.

Strisciai languidamente su di lui che ancora dormiva e mi misi a tracciargli una scia di baci dal petto al collo.

Lui emise un mugolio e mi mise le mani sui fianchi ancora prima di aprire gli occhi assonnati.

"La mia fidanzata dovrebbe svegliarmi così tutti i giorni" mormorò, con la voce ancora più roca del solito.

Sghignazzai e continuai a stargli addosso, beandomi del suo profumo.

"Cosa vuoi fare oggi?" gli chiesi, tracciando distrattamente con le dita cerchi sul suo petto.

"Quello che vuoi tu, piccola. Io avevo una mezza idea di andare al centro commerciale per cominciare a vedere qualche mobile. Ti andrebbe?"

L'idea di arredare una casa tutta mia da cima a fondo, mi esaltava.

Avevo già convissuto con Selina, ma il nostro appartamento era già arredato e le poche cose che aggiunte, le avevamo trovate in vari mercatini delle pulci o le aveva comprate la mia amica, che senza dubbio navigava in una situazione economica molto più florida della mia.

Ma quella casa era nostra.

La casa in cui il nostro bambino sarebbe nato e cresciuto.

La casa in cui speravo io e Boyd saremmo invecchiati.

"È un'idea fantastica!" esclamai.

"Bene. È deciso, allora"

"Boyd?"

"Mmh?"

"Tu ti immagini me e te, fra cinquant'anni, con i capelli bianchi e gli acciacchi della vecchiaia, seduti nella nostra veranda?" gli chiesi d'un tratto, mentre quella dolce immagine mi scorreva in mente.

Lui si voltò a guardarmi, mi sorrise in un modo che mi fece sciogliere e mi attirò a lui, baciandomi la fronte.

"Quando vedo il mio futuro, lo immagino unicamente con te. Non mi importa se saremo ancora qui o da qualche altra parte nel mondo. Ci sei tu e tanto basta" disse, mandandomi il cuore a mille all'ora.

"È lo stesso per me. Promettimi che non dormiremo mai separati, nemmeno quando tutte le ossa ci faranno male e avremmo bisogno di quei letti meccanici" gli chiesi.

Lo vidi trattenere una risata, ma alla fine rispose:

"Te lo prometto. E tu invece promettimi che non finiremo mai per essere una di quelle coppie che finiscono a fare le vacanze separate"

Mi misi a ridere a quella richiesta, ma mi piaceva il gioco che avevamo intrapreso, così continuai:

"Ti do la mia parola. Tu promettimi che non litigheremo mai e poi mai di nascosto dai nostri figli. Voglio che crescano con la consapevolezza che amare non è sempre facile, ma che vale la pena lottare"

"Te lo prometto e sono completamente d'accordo. Promettimi che se dovessi ammalarmi e che se tu, nel tuo cuore sapessi che non guarirò, smetta di assistermi e ti rifaccia una vita" mormorò lui ad un certo punto, intrecciando le dita alle mie tra le coperte.

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