LETTORE: Melaverde_Fra - Quinta Fase

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IL TESORO PIÙ GRANDE

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IL TESORO PIÙ GRANDE

La strada scorreva rapida sotto le ruote della macchina. Il sole picchiava implacabile sul paesaggio lunare che si stendeva a perdita d'occhio intorno a loro.

L'uomo distolse per un'attimo gli occhi dalla guida e li rivolse alla bambina che occupava il sedile posteriore.

- Come va? Tra poco siamo arrivati.

Lei si limitò ad annuire.

Di tutto quello che le stava succedendo aveva capito ben poco. Per avere solo dieci anni era particolarmente sveglia, ma alcune cose erano semplicemente assurde.

Aveva passato tutta la sua vita in un orfanatrofio, rimasta senza padre ancora prima di nascere e senza madre ad appena un anno. Da allora, la sua famiglia erano state le suore che l'avevano allevata e le tante bambine che erano passate da quell'orfanatrofio. Passate perché tutte, prima o poi, erano state adottate. Lei no. Lei non veniva mai presa in considerazione per via dei suoi occhi a mandorla, unica eredità paterna oltre al cognome.

Poi un giorno si era presentato quell'uomo. Diceva di aver conosciuto la sua mamma.

Erano stati ore a parlare. Lei voleva sapere tutto di quella donna di cui non aveva neanche un ricordo, voleva che fosse lui a creare dei ricordi per lei. E lui lo fece.

Le raccontò che Lara Torn era un'archeologa, una delle migliori benché giovanissima. La descrisse come sempre entusiasta e piena di vita, incapace di arrendersi e con un'invidiabile forza di volontà. Erano state queste sue qualità ad aiutarla a superare la morte dei genitori avvenuta in un incidente d'auto quando lei aveva solo diciannove anni. Un'altro incidente, questa volta aereo, le avrebbe strappato anche il marito soltanto quattro anni dopo. Due settimane dopo si era accorta di essere incinta. E se non erano state tante sciagure a fermarla, di certo non lo avrebbe fatto una gravidanza.

- Sai, - le aveva detto l'uomo. - Veniva a scavare anche con un pancione così! -

E le aveva mostrato un cerchio fatto con le braccia all'altezza dell' ombelico.

- Praticamente sei nata fuori da un tempio Maya. Era lì che scavava, sempre china. I medici le avevano detto che doveva stare a riposo, non sollevare grandi pesi e soprattutto stare in piedi il meno possibile. Ma lei non li ascoltava, le entrava da un parte e le usciva dall'altra. Stavamo per fare una grande scoperta, continuava a ripeterci, e voleva a tutti i costi esserci. Avremmo preferito si dedicasse alla catalogazione dei reperti, ma non c'era stato verso di convincerla: lei voleva scavare. -

L'uomo aveva preso fiato, con gli occhi che, Jin lo vedeva, brillavano ripensando a quei momenti.

- Mi ricordo ancora il giorno che sei nata tu. Eravamo di fianco alla parete est, in una buca bella profonda che lavoravamo da parecchie ore. Faceva un caldo soffocante. A un certo punto, Lara si sedette per terra. Pensai fosse stanca e le chiesi se voleva un po' d'acqua. Bevve dalla borraccia un lunghissimo sorso, poi la chiuse, me la riconsegnò e mi guardò negli occhi. Per la prima volta da quando la conoscevo la vidi spaventata. "Ed, sta nascendo." Lo disse a bassa voce, come se fosse una sua mancanza, di cui si vergognava. Ricordo di averla presa in braccio e ancora non riesco a capire come posso averla portata fuori dalla buca. Pesava, sai, la tua mamma? Di suo no, era molto magra, ma con te nella pancia... L'ho caricata sulla jeep e, tra uno scossone e l'altro, sono riuscito a portarvi in ospedale prima che nascessi.

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