LETTORE: Sophiefra - Quinta Fase

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IL PAPIRO

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IL PAPIRO

Una folla esultante si accalcò davanti al palazzo ducale acclamando il re, che uscì dal balcone brindando insieme alla folla. Era il 1716, Vittorio Amedeo II e la moglie Anna Maria di Orléans ricevevano la corona regia.
In mezzo a quel popolo eclatante, un profumo di cannella aleggiava nell'aria, questa spezia già usata dagli antichi Egizi nel 3000 a.C. Durante il Medioevo la cannella era uno dei costosi doni che i nobili facevano a re e regine come simbolo di prestigio. L'odore persistente della spezia aromatica arrivò all'olfatto della Regina di Sardegna e Duchessa di Savoia, intuendo, così la presenza tanto attesa di Madame Seline Marbella, famosa tra i salotti femminili di corte dell'intero regno, perché dotata di sommi percezioni extrasensoriali e capace di far comunicare gli spiriti dei defunti con i viventi.
Prerogativa della veggente fu presentarsi al cospetto della Regina omaggiandola con un bacolino di Cinnamomun verum, ovvero uno stecco di cannella.
<< La prego, si accomodi Madame Marbella, qui nessuno ci disturberà >> disse la Regina d' Orléans accomodandosi davanti a me, con movimenti regali e rallentati per via del bustino ricamato in pizzo, color blu cobalto, tanto stretto da far mancare il fiato, che dava l'illusione di una vita esile, sottile, mettendo in risalto il seno e la gonna tremendamente ampia, resa gonfia grazie ai cerchi concentrici di ossa di balena o di vimini, il tutto, sovrastata da ampie balze dello stesso colore del corpetto e per completare l'opera, grandi boccoli neri corvino acconciati in modo del tutto studiato sostenevano un brillante diadema di zaffiri.
Mi sentii a disagio per lei, il mio abito nero, in mancanza del cerchio alla fine della gonna, era comodo e regolarmente ampio.
Non proferivo parola, secondo il rito di corte la regina doveva prima acconsentire.
<< Sono lieta che sia giunta qui oggi, seppur, con così breve preannunzio >> disse la regale e con un leggero movimento del capo capii che potevo rispondere .
<< I miei ossequi Regina, per me è un onore soddisfare in qualche modo ogni sua richiesta , o capriccio dir si voglia.>> Gli sbalzi d'umore della Regina, qui presente, erano celebri e chiacchierati in tutte le più famose corti. Vidi un'impercettibile smorfia di dissenso sul suo volto, poi aprì un cassetto da un mobile con ripiano in marmo, posto proprio vicino alla sua seduta, era un foglio ripiegato, lo aprì e me lo porse. Allungai la mano e guardai il disegno schematico di un tragitto da percorrere, di cui non riconobbi i luoghi, poi lessi l'unica dicitura scritta in un inchiostro nero ed elegante.

" La via qui illustrerò

semmai un giorno ti incontrerò,

il tempo fu assassina

di un'illusione notturna chiamata Selina"

Nell'istante in cui la mia mente pronuciò il mio nome fui catapultata in un regno antico, dove l'acqua era solo un miraggio e l'odore di polvere ricordava terre aride e desertiche. Fu il buio ad accogliermi al principio, poi delle luci su parete rossastre, delle lanterne, aprivano un tunnel. Mi guardai attorno, sembrava essere una cava sotterranea, guardai la mappa che tenevo in mano e la studia un istante. Inizia a camminare e seguire quel tragitto segnato sul foglio, i cunicoli che si aprivano andando avanti erano tanti ma io con la mappa e un istinto innato proseguivo imperterrita. Fin quando mi ritrovai in una stanza con un foro ad una parete, il tragitto designato sulla mappa terminava qui. << Dove sono?>> chiesi a voce alta più a me stessa che ad altro.
<< Sei all'interno della piramide di Cheope, nella piana di Giza e, questa è la camera che un tempo assai lontano conteneva il mio serbad.>>
Un'entità, al mio fianco, rispose alla mia domanda, mi voltai verso quella voce ultraterreno e non mi meravigliai, né mi sorpresi, del resto ero abituata a queste ed altri apparizioni fin da bambina.
<< Cos'è un serbad e chi sei tu?>> domandai calma.
<< Il serbad è una cella, una struttura presente nelle tombe dell'Antico Egitto costituita da una camera destinata alla statua raffigurante il " Ka" ,o "spirito vitale" del defunto. Il foro su quella parete un tempo era il mio serbad, dove la mia anima sigillata all'interno poteva muoversi liberamente.>>
<< Mi viene difficile credere che la tua anima si muoveva liberamente, all'interno di quel buco un tempo sigillato.>> mi scappò una risata, per quanto strana la situazione, in vita mia non avevo mai preso in giro l'anima di un defunto, ma l'entità non si scompose davanti alla mia ilarità.
<< Chi sei e cosa vuoi da me?>> chiesi nuovamente, tornando seria.
<< Mi chiamo HEMIUNU, nipote del faraone Snefru, mastro creatore della piramide in cui ti trovi.>>
Assaporai il suo nome fra le mie labbra ed ebbi un flash, il ricordo di un sogno fatto all'età di dieci anni, il volto di un uomo alto dal volto spigoloso che mi sorrideva, quel volto mi ossessionò per anni, finché crescendo divenne un'immagine offuscata, depositata nel dimenticatoi della mia mente.
<< Sei tu.>> dissi con tono carezzevole all'entità che adesso guardavo sotto un'altra luce.
<< Si Selina, sono io, ricordarti di me, solo grazie al mio nome, mi rincuora di speranza >> spiegò.
<< Cosa posso fare per te?>> domandai.
<< Se mai un giorno avessi trovato la strada per venire da me, significava che per noi in questa o altra vita eravamo destinati a stare insieme>> disse.
<< La veggenza è la mia vita, non ho mai avuto scelta, non mi sono mai sposata, perché avrebbe significato tormento per l'uomo al mio fianco e ora più che mai, che futuro potrebbe esserci, tu sei quello che sei, un'anima oltrepassata, ed io sono io, una donna obsoleta, il tempo dell'amore per me non è mai stato scritto. >> risposi convinta delle mie parole.
<< Ti sbagli Selina, guarda il foro alle tue spalle, lì troverai un papiro di carta, con una formula all'interno, lo scritto , qualora pronunciato ti porterà nell'epoca che tu vorrai e darai a me l'opportunità di viverti affianco, senza l'ombra più delle tue percezioni, vivrai la tua vita e non la vita del prossimo. >>
<< Sembra così surreale, ma del resto di cosa mi stupisco. Ci penserò Hemiunu, altro non posso dirti >>
<< Sappi che mi venisti in sogno all'età di tredici anni, i tuoi capelli fluenti e neri, come i tuoi occhi, mi rubarono il sonno delle notti future, ti cercai in lungo e largo per tutto l'Egitto, creai la mappa e la diedi ad uno straniero viaggiatore, che la portò con sè, promettendomi di conservarla gelosamente, scrissi poi il papiro, che per mio volere fu posto accanto alla mia tomba, solo alla mia morte capii che tu dovevi ancora nascere. >>
<< Oh Hemiunu, l'idea di un uomo che ha lottato per me in un tempo passato, mi fa sperare. Seppur stanca di questa vita per aver patito i dolori e gli amori di vite altrui, tu mi fai desiderare di perseguitare ciò che mi è stato negato fino ad oggi, la mia felicità. >> Mi avvicinai per toccarlo con la mano, ma si allontanò, veloce da me.
<< Non farlo Selina, il tuo tocco farebbe svanire il mio spirito, se hai deciso non ti rimane che leggere. >> Infilai la mano nel buco di quella parete e tirai fuori il foglio di papiro antico, lo srotolai, ma prima di leggere, guardai quello spirito, il cui volto aveva preso sembianze quasi umane," il mio futuro", pensai, così lessi:

Aktu, Allì, Abunan,
che le acque del Nilo risuscitano
e le Anime remote svaniscono
che le vergine Vite rinascono
e prosperi Regni risorgano
cosi Speranza di lieti Amori rivivano
Abunan, Allì, Aktu!

La Regina d' Orléans per quasi un'ora con le sue dame di compagnia cercarono Madame Selina Marbella, che sembrava essere svanita nel nulla. Volatilizzata appena i suoi occhi toccarono quella mappa, trovata dalla Regina all'interno di una cassa proveniente da Parigi. Quella stessa sera prima di addormentarsi si ricordò dello stecco di cannella, corse a cercarlo e lo trovò appoggiato sul piano in marmo del mobile vicino alla sua seduta, lo prese e nel farlo gli si sbriciolò tra le dite, dissolvendo nell' aria solo il profumo di quella spezia aromatica, che evocò a Sua altezza una magica notte di sogni chimerici.
Di Selina e Hemiunu non si raccontò più, perché nessuno seppe quando, dove e perché e saperlo non serviva, ma immaginarlo, quello sì, che sia amore reale o ideale, esso sempre amore è.

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