Capitolo 43.

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La campanella segnò la fine delle lezioni e tutti quanti ci precipitammo all'uscita, ma come al solito la mia classe era l'ultima ad uscire.
Mentre attraversavo l'uscio della porta, cercavo disperatamente le cuffiette.
Quando le trovai alzai lo sguardo e intravidi Ben vicino al cancello con le braccia conserte che mi aspettava.
Chiusi velocemente lo zaino e mi incamminai verso di lui, creando nella mia mente un discorso concreto da dirgli riguardo Emanuele.

"Ma Valeria?" Chiesi notandolo solo.

"È venuta sua madre a prenderla." Disse semplicemente, per poi farmi segno di seguirlo.

Ci incamminammo verso il centro e per tutto il tragitto cercavo di evitare ogni contatto visivo con il moro.
Sapevo che prima o poi doveva pur chiedermi di parlare, ma forse facendo così non sarebbe successo.

"Beh, parla." Ruppe il silenzio con quella fastidiosa frase.

"È successo un casino, ieri mi chiamò e mi mandò messaggi minacciandomi. Ovviamente ad Alessio non ho detto niente perché ho paura di quello che possa fare." Sputai il rosso, alzando il capo poche volte per vedere la reazione del mio amico.

"Tesoro sai già quanto io ti voglia bene e ci tenga a te.
Ma questo ha veramente rotto i coglioni, ma da dove se ne esce?
Prima che ti vedesse non ti calcolava proprio, anzi se ne fotteva altamente e ora? Si mette pure a minacciare.
Ma questo lo prendo a pugni, che si faccia la sua vita." Sbottò stringendo le mani in due pugni facendo diventare bianche le nocche.

"Benjamin non l'ho detto ad Alessio proprio per questa reazione, non ti ci mettere anche tu per favore." Dissi con la voce tremolante e il cuore che mi batteva all'impazzata.

"Vuoi capire che lo facciamo per te. Ti minaccia, te lo ricordo, e secondo te noi che dovremmo fare nel vedere un'amica come nel mio caso o la ragazza in quello di Alessio, essere minacciata da un coglione." Si fermò d'un tratto, costringendomi a guardarlo.

"Ciò che state facendo ora, ma okay avete ragione, però insomma non voglio che vi succeda qualcosa per colpa mia." Chiusi gli occhi e respirai profondamente per calmare gli animi.

"Ne riparliamo domani." Concluse non appena arrivammo vicino al mio palazzo.
Mi salutò con un bacio sulla guancia e se ne andò lungo la strada.
Salì  velocemente le scale fino ad arrivare alla mia porta, dopo aver cercato disperatamente le chiavi entrai posando le scarpe lì vicino e buttando lo zaino sul divano.

non mangiai niente e mi chiusi in camera cercando un po' di concentrazione almeno per fare qualche esercizio.
scrissi qualche rigo del foglio ma man mano sentì sempre di più gli occhi farsi pesanti fino ad addormentarmi sui libri.

"ei, piccola" disse qualcuno.

"c-chi sei?" domandai balbettando.

"oh, piccola sono un tuo amico." rispose.

mi guardai intorno ero intrappolata tra il letto e la scrivania.
tutto era chiuso, l'unica soluzione era correre e aprire velocemente la porta.
quella voce così fastidiosa continuava ad essere sempre più forte, si stava avvicinando, dovevo farlo.
scappai da quella stanza correndo per le scale e raggiungendo la porta d'ingresso.
diamine, era chiusa.
cercai di aprire quella maledetta porta, ma era più forte di me.

"apriti cazzo, apriti." urlai tra le lacrime, spingendo la maniglia.

"dove credi di andare."

eccolo, sentivo la sua voce dietro, il suo respiro a pochi centimetri dalla mia pelle, abbassai lentamente gli occhi annebbiati a causa delle lacrime, aveva qualcosa in mano, qualcosa di luccicante dalla poca luce che rientrava dalla finestra.
sobbalzai e strinsi i denti appeni il rumore del tuono rimbombò nella casa.

"siamo due destinati a mancarci. - Alessio bernabei."Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora