4.

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Espirai lentamente l'aria che avevo trattenuto dentro di me e, chiudendo gli occhi per cercare di concentrarmi e rientrare in me, mi voltai.

Di fronte a me, una folta chioma chiara increspata dal vento mi guardava con sguardo interrogativo. Ansimava, come avesse appena smesso di correre. Mi aveva inseguita?

Io lo guardai con sguardo truce (o almeno ci provai), le braccia incrociate sul petto, e una ciocca di capelli, che non mi curavo di scostare, a nascondermi il viso.

Lui trattenne il mio sguardo incatenato al suo per qualche istante per poi chinarsi, appoggiandosi con le mani alle ginocchia, scuotendo il capo ripetutamente. Sembrava divertito.

Sorride...?

«Certo che corri!», esordì rimettendosi in piedi con il petto che si alzava e abbassava visibilmente nel tentativo di riprendersi dallo sforzo.

«Vedo che non hai perso colpi!», continuò, conservando il sorriso e scoccando la lingua sul palato.

«Che ci fai qui?», lo freddai io.

«Ti ho vista correre all'impazzata per la strada. Mi sei passata proprio accanto, probabilmente senza accorgertene. Sembrava che qualcosa non andasse... Allora ti ho inseguita».

Mi aveva inseguita.

«Non devi preoccuparti, Jonathan. È tutto ok».

«Quelli non sono occhi da "tutto ok", Daisy».

«Macché! Non fare il melodrammatico», minimizzai io, «solo per un po' di vento dentro gli occhi...».

«Se lo dici tu!», ribatté lui senza neanche fingere di crederci per davvero.

Poi qualcosa sembrò balenargli nella mente e riflettersi negli occhi. Mise le mani dentro alle tasche dei jeans e con un piede scalciò una pietra di cui seguì la traiettoria con lo sguardo. Le sue labbra, furbe, si incurvarono nuovamente sul suo viso.

Fissò le pupille nelle mie tenendo il capo ancora abbassato. «Cioccolata calda?», mi chiese semplicemente.

Così non vale! Approfittarsi dei miei punti deboli non vale! Ma... se ne ricordava?

«Sono a dieta!», pensai di farla franca io.

«Non ci credo neanche se lo vedo!», disse lui perentorio, «Tu, che dici di no alla cioccolata?». Mi guardava canzonatorio, un sopracciglio piegato verso l'alto, e con quel suo sorrisetto furbo stampato in faccia.

Io, teatralmente, alzai gli occhi al cielo sbuffando sonoramente. Mi avrebbe fatta impazzire.

«Hai qualcosa di meglio da fare?», incalzò lui.

No, in effetti no. A casa non ci torno e adesso è troppo presto per andare da Sara.

«Che te ne frega?», lo intimai seccata.

«Hai ragione, non sono affari miei», si arrese lui, alzando le mani, mentre, scuotendo il capo, si voltò per allontanarsi da quel luogo in cui mi aveva raggiunta.

Lo guardai allontanarsi, senza smuovere un istante il mio sguardo dalla sua schiena ampia che ondeggiava percorrendo la spiaggia.

Bravo. Così si fa. Vattene. Continua a camminare.

A pochi passi lontano da me si fermò di scatto. Si tolse il giubbotto lanciandomelo, senza quasi guardami.

«Almeno tieni questo», mi comunicò nel momento in cui io, con non so quali riflessi, riuscii a reagire al suo lancio afferrando il cappotto, «fa un freddo cane e tu indossi solo quella misera tuta. Non mi va di averti sulla coscienza».

La Bella Addormentata Non Si Sveglia Più [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora