18.

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«Eeeeeeeh!» fu il grido goliardico della mandria di studenti che mi accolse battendo le mani scanzonata e facendo la ola al mio approdo sul pullman.

L'appuntamento quel mattino era alle 4.30 ed io valcai gli scalini dell'autobus alle 5.06, a testa bassa e con le spalle ricurve nel tentativo di farmi inghiottire dalle stesse.

Ho sempre odiato i ritardatari e il fatto di essere io ultima, quella volta, mi faceva agognare la non esistenza sul pianeta.

Costretta ad alzare gli occhi dal pavimento, dopo essermi opportunamente scusata con professori ed autista, cercai fra quel marasma di sguardi beffardi quello di Sara. Appena la individuai, la mia amica allargò il sorriso e batté la mano sul posto libero vicino a sé invitandomi chiaramente a sedermi vicino a lei.

Era distante appena una decina di file più in là eppure quella breve camminata mi dava l'impressione di essere lunga almeno cento volte tanto, acquisendo in me la stessa portata della via crucis.

«Ecco che arriva la bella addormentata!»; «Alla buon ora!»; «Non ti vedo tanto sveglia, ti serve un bel bacetto per svegliarti, eh principessa?». Queste erano solo alcune delle stupide frasi che erano balzate alle mie orecchie districandosi dallo schiamazzare di quell'abbondanza di voci, alle quali, lo sguardo fisso sulla meta, preferivo non attribuire nessun volto.

Appena arrivata a destinazione mi feci cadere letteralmente di peso sul sedile.

«Non. Chiedere.», scandii alla mia amica, anticipando la domanda che, sapevo dallo sguardo, aveva già caricato sulla lingua. Posai il capo sulla sua spalla e, accoccolandomi, mi misi comoda posando le mie gambe sulle sue. «Ti racconterò tutto, ma adesso ho davvero davvero bisogno di dormire». Mi allungai quel poco che bastava per stamparle un bacio sulla guancia e poi mi rincastrai nell'incavo del suo collo. Sara, per tutta risposta, posò le sue labbra sulla mia fronte in un veloce ma tenero bacio.

Meno male che ci sei amica mia...

***

«Avete 30 minuti! Si parte alle 7.45»

«"Come è umana lei!"», sentii provenire alle mie spalle da qualcun non ben identificato che imitava la famosa frase di Fantozzi.

«Prof! Ma a me scappa la cacca!», se ne esordì uno con il chiaro tono provocatorio, «Non mi bastano trenta minuti cagati».

«Sì tanto per rimanere in tema!», gli diede man forte un altro.

«Ti prego uccidili», scongiurai alla mia amica che subito scoppiò a ridere. Poi, racattando tutto il necessario mi comunicò determinata: «Forza, andiamo che ho troppo bisogno di una brioches!». Aveva gli occhi a cuoricino e, potrei giurarlo, i due sbriluccichi che potevo scorgere sulle due iridi scure erano una perfetta forma di cornetto.

Mentre trascinavo il mio corpo stanco giù dall'autobus mi lamentavo: «Perché?! Perché io dico?! Non potevano fare la sosta ad un orario decente?! Ci siamo svegliati prima dell'alba, la gente qui deve dormire!», espletai l'ultima frase forse innalzando di un po' troppo il tono, tanto da attirarmi tutti gli occhi addosso.

«Non ti sono bastati i cent'anni passati a sonnecchiare? Eh, Bella Addormentata?».

Eccone un altro.

«Ma vaffanculo!», mi girai di scatto e fulminai con lo sguardo il ragazzo che scoprì essere Bono, del quinto anno, che, non so per quale diavolo di ragione, aveva scelto quel giorno di prendermi di mira.

«Magari vado a farmi il suo...», lo sentii scherzare con gli amici che ridacchiarono fra di loro.

Malgrado mi sentii ribollire, non ebbi la forza psicofisica di rispondere ad una provocazione tanto squallida. Ormai giunta in prossimità dell'uscita, presi sottobraccio la mia amica e la trascinai in gran velocità abbastanza lontana dalla mandria di cretini che ridacchiavano alle mie spalle da impedirmi di fare una strage.

La Bella Addormentata Non Si Sveglia Più [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora