29.

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Non avrei mai pensato di sentirmi così... viva, da morta.

In verità non ero neanche sicura di essere morta per davvero.

Era il mio corpo quello steso lì sul letto nella stanza che aveva tutta l'aria di essere di un ospedale? Che ci fanno tutti quei fiori e pacchetti colorati nella stanza? Che cosa sta facendo la folla di persone accalcate intorno a me? Cos'è quello, un defibrillatore? Perché mia madre, nel corridoio, grida? Perché Sara singhiozza e Jonathan, che piange anche lui, la abbraccia? Cosa ci fanno lì anche nonna, con Davide e Rebecca Bravi?

All'improvviso ogni domanda o stupore venne dissipato in un turbinio che mi tirò energicamente verso il basso. Fu come se una forza mi strappasse da quella stanza e mi ritrovai in un luogo buio, tanto scuro che a cercare di definire i miei contorni in quel magma denso altro non vedevo che il nero. Un nero freddo e terribilmente vuoto.

"Tu sai dove andrai?", mi solleticò la mente la domanda che mia nonna Lina mi aveva posto un pomeriggio.

Ci fu solo silenzio in risposta alla domanda che mi divorava l'anima: Dove sono?

Persa in quell'infinita e muta notte, fui pervasa da una forma di terrore che, odiavo ammetterlo, non mi era sconosciuta. Un sacco di volte, sdraiata nel mio letto, avevo sentito quella sensazione sinistra e irrequieta: provai ad urlare, ma un macigno nella gola tratteneva le parole ben sigillate dentro me che venivo inghiottita dall'oscurità. Quasi potevo sentire dei ghigni che mi circondavano. I mostri che avevano segnato la mia infanzia mi schernivano, nascosti nell'ombra.

Ad un certo punto, quel nero denso sembrò all'improvviso fatto di braccia che tiravano, strattovano, percuotevano e mi trattenevano a loro, cercando di inghiottirmi.

E mangiata dal terrore, mi tornarono alla mente tutte le storie e gli insegnamenti che avevo ascoltato a proposito della vita dopo la morte.

L'ipotesi che plasmó i miei pensieri mi fece raggelare: Questo luogo è la porta dell'inferno.

Tremai.

Oddio! Cosa ho fatto? Dove sono?

Con tutte le mie forze, provai a svincolarmi dalle prese che si facevano sempre più violente sul mio corpo - Non voglio andare lì! -, ma ogni resistenza sembrava rendere quelle braccia più spietate e io soccombevo. Le loro mani avvinghiate alle mie braccia, alle mie gambe, al mio collo.

Gesù, ti prego, salvami! Fu l'urlo disperato della mia anima.

In quel preciso momento, una mano diversa dalle altre, che mi sembrò di scorgere malgrado l'oscurità, mi trascinò con forza vero l'alto, in un luogo ancora buio dove, però, smisi di avere paura.

Mi accorsi di trovarmi in un tunnel, al fondo del quale scorgevo una luce che quasi facevo fatica a guardare.

Mi sembrò di fluttuare nell'aria, libera dalle mani che mi avevano attanagliata, leggera. Quella fonte luminosa mi attirava a sé quasi fosse da una forza magnetica alla quale io non potevo resistere - non volevo! - e, anzi, bramavo raggiungere.

Poi, a stagliare quel muro bianco, vidi la sagoma di un uomo. Era alto e con le spalle larghe.

Papà sei tu? Il mio cuore aveva sussultato.

Non riuscivo ad esserne sicura. Sembrava lui ma la sua pelle, così liscia e distesa come mai l'avevo conosciuto, sembrava luminescente e i suoi capelli irradiavano luce.

Mi allungò una mano e mi fece segno di seguirlo e io non esitai. Avrei seguito ovunque quella Presenza della quale sentivo che potevo fidarmi.

L'uomo, mi condusse in un luogo che fatico descrivere a parole.

La Bella Addormentata Non Si Sveglia Più [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora