«Non. Ci. Credo!», proruppe, nonostante la folla di persone intorno a noi.
«Eh, credici invece perché proprio così è andata!».
«Ma lui cosa ha fatto? Oddio! E tu?»
«Sara, contieniti prima che ci senta qualcuno!».
«Sì sì», disse in automatico senza neanche ascoltarmi, «Ti sta guardando! Oddio! Ti sta guardando!», mi punzecchiò con il gomito appuntito il fianco, «No! Non lo guardare!».
«Ma allora cosa mi tocchi con il gomito?!».
«Eh vabbè. Quindi?», allargò bene gli occhi, «Racconta!».
Non ero riuscita a tenere nascosto a lungo ciò che era successo, o meglio, ciò che non era successo (ma sarebbe potuto accadere), alla mia amica. Del resto, nel lungo giorno passato da che le labbra mie e di Jo erano finite in collisione, già aveva capito che qualcosa non quadrasse e non tanto perché manifestasse chissà quali doti alla Sherlock Holmes, ma perché - palesemente - Jonathan non mi filava nemmeno di striscio e io le tentavo tutte pur di non trovarmi nei paraggi quando lui era presente.
Di quella sera ricordavo tutto. Avevo approfittato degli effetti dell'alcol per spingermi fuori dalle righe, ma non ne avevo tanto in circolazione da essere davvero ubriaca. Dalla mia prima, alla mia ultima azione - da che sono stata rinchiusa nell'armadio insieme a Jo, a che ci siamo trovati chiusi a chiave in camera, con un unico materasso, fino al momento in cui, qualche ora più tardi, Bono e altri avevano fatto irruzione in camera per liberarci e dopo - ero stata pienamente cosciente, non importava quanto, in realtà, risultasse incosciente il giorno dopo.
L'alcol fa questo a volte: tira fuori il peggio dalle persone. Ti senti alle stelle, persuaso che ciò che farai o dirai in quel momento sarà privo di conseguenze; così anche le idee peggiori, quelle che se ne avessi la possibilità sconsiglieresti addirittura ai tuoi nemici, sembrano allora adornate da una strana luce di invincibilità. Tutto sembra come un sogno, il problema è che il giorno dopo ti svegli e, nella peggiore delle ipotesi, ricordi tutto. Tutto. Si potesse almeno scegliere quali memorie conservare e quali invece no, ma no: la memoria è quanto di più impietoso esista al mondo.
«Ma quindi? Poi cosa ha fatto?», mi chiese imperterrita, non considerando minimamente le indicazioni del professor Zanna che si affannava nel tentativo di far stare in ordine gli studenti, con il dichiarato obiettivo di verificare se fossero tutti presenti.
«Niente Sara. Niente proprio. È rimasto alla finestra a guardare le stelle mentre io mi tormentavo chiedendomi come e quando saremmo usciti da lì».
«Le stelle...», ripetè le mie parole trasognante Sara, «Magari, preso da un momento romantico, pensava a come far fuori Jack e impossessarsi della sua bella».
«Sara, non stare a fare quella faccia da complottista e piantala di blaterare. Non gliene frega un cazzo di me! L'ha dimostrato!».
«Io non credo Daisy... Hai detto che, ad un certo punto, lui ha risposto al bacio!», provò a convincermi lei.
«Magari era solo un riflesso!».
La mia amica prese a guardarmi come si guarda un bambino quando ti dice "io quando ero grande". Poi scattò verso di me.
«Ehi, ma che fai!», mi dimenai spingendo via, lontane dal mio corpo, le braccia a tentacolo e soprattutto le labbra umide di Sara protratte verso il mio viso.
«Ma tu sei fuori!», sbraitai, fregando energicamente l'avambraccio sulla mia bocca, la quale, anche solo minacciata dal bacio di Sara che nemmeno l'aveva sfiorata, si era già sentita violata.
STAI LEGGENDO
La Bella Addormentata Non Si Sveglia Più [COMPLETA]
Tiểu Thuyết Chung"Quand'ero piccola, ero convinta che dormire fosse come perdersi una fetta di vita. Adesso ci sono giorni in cui non vedo l'ora di potermi mettere nel letto e spegnermi. Semplicemente spegnere i miei pensieri e cessare di vivere per un po'." Daisy h...