12.

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«Sei sicura di volerlo davvero?».

«Ovvio che sì, stupido», gli sussurrai ad un paio ci centimetri dalla bocca, prima di prendere fra i denti il labbro inferiore attirandolo a me. «E non mi pare che sia qualcosa di nuovo per noi», aggiunsi maliziosa sfiorando con i polpastrelli il suo addome scolpito.

«Sì, ma ora è diverso...». Sorrise e spostò lo sguardo, che fino a quel momento aveva trattenuto sulle mie labbra, nel mio. I suoi occhi oscillavano rapidi, ma le sue pupille rimanevano ancorate nelle mie, così in profondità da farmi sentire nuda quando ancora non lo ero.

Coraggio, toglimi i vestiti.
Ti desidero.
E sarai mio.

«Vieni», gli sibilai nella bocca, tirandolo verso di me, compiaciuta perché, per la prima volta, ero stata io a dirgli una cosa del genere.

Non se lo fece ripetere due volte. Mi afferrò il capo con passione, le dita fra i capelli lunghi. Vogliosa, la sua lingua si fece largo nella mia bocca baciandomi con foga. Sentii la sua grossa mano scivolare sotto la mia coscia e scendere sempre più giù, impavida.

«Trasferiamoci sul sedile posteriore!», mi disse, il respiro affannato, afferrandomi di peso per accomodarmi sotto di lui.

Mi accorsi, in quel momento, che il suo peso sopra di me era l'unica cosa che desiderassi. Allacciai le mie gambe intorno ai suoi fianchi per stringerlo ancora più vicino a me. Tanto vicino da rendere impossibile il semplice atto di respirare, se non uno attraverso la bocca dell'altro.

«Fammi tua!», gli ordinai in un soffio.

Sì staccò dalle mie labbra quel poco che bastava alle sue di piegarsi, arricciandosi su loro stesse, in una smorfia compiaciuta. Poi, con veemenza, si avventò di nuovo su me, che, come in estasi, lo lasciai fare mentre sfilò via i miei jeans per farli cadere da qualche parte sul sedile. Slacciai la cintura dai suoi pantaloni e, ancora una volta con il suo peso su di me, iniziò a premere fra le mie cosce che si allacciavano sempre più strette intorno al suo bacino.

Mi sembrò come ti svenire.

«Ehi, bella addormentata...», mi sussurrò, «Siamo arrivati».

«Che cosa? No...».

Ma che stai dicendo?

«Dai, tirati su, siamo arrivati».

Avvertì dei leggeri colpetti sulla spalla.

«Ma che fai?», mi lamentai.

«Svegliati. Devi scendere, forza...».

Con una scossa del capo spalancai gli occhi. Ad un palmo dal mio viso, seduto sul sedile di guida, vicino a me, trovai Jack, la mano ancora sulla mia spalla.

«Ehi! Ben tornata, era ora!», esclamò sorridendo furbo.

Mi stropicciai gli occhi. «C-che cosa?»

«Lo dicevo che neanche le cannonate ti svegliano», scherzò. «Non ho mai visto, comunque, persone addormentarsi con la facilità con la quale riesci tu. Che poi? Ma sei pure riuscita a sognare? Fai le staffette mentre dormi? Respiravi con l'affanno!». Sembrava divertito.

«Ma no che non ho sognato», mi affrettai a smentirlo, sentendomi attraversata da un fuoco che, partendo dal basso, mi si annidò tutto nella testa, «È che non respiro bene, ho il naso tappato, sicuramente è per quello...».

«Già, probabilmente è così», concluse il ragazzo in un'alzata di spalle. «Appena entri in casa misurati la temperatura, ti vedo arrossata. Non vorrei fosse la febbre...».

«Certamente». Sarà meglio che tu non scopra mai i reali motivi del mio arrossamento.

Senza indugio, scesi dalla macchina. Jack mi raggiunse, restituendomi la borsa che aveva appoggiato sul sedile posteriore. Un giramento di testa mi venne al pensiero di quello che era "quasi accaduto", appena un attimo prima, esattamente su quel posto. Oddio, Daisy, contieniti!

La Bella Addormentata Non Si Sveglia Più [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora