21.

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«Dentro! Dentro! Dentro!», ci incitarono ad entrare nell'armadio.

«Sì, con calma!», li ammonì Jo, «Nessuno ci corre dietro!».

«In realtà sì: avete solo sette minuti!», incalzarono da dietro, spingendoci.

«Eh sì, cara la mia troietta», esordì Greta, «sette minuti in paradiso!». Fece scorrere la lingua sul labbro superiore, per poi congedarmi con un occhiolino, le labbra carnose tese in un sorriso malizioso.

«È la tua occasione, amico», lo spinse dentro Teo, dandogli una pacca sulla spalla, «Rendimi fiero di te!».

Fu questo il monito che funse da commento al rumore delle due grosse ante che, unite insieme e chiuse dietro di noi, ci obbligarono in quell'antro buio, non appena riuscimmo ad incastrarci nel poco spazio disponibile. Rimanemmo così: privati della vista, ma tanto vicini da sentire sulla pelle l'uno il respiro dell'altro; impossibilitati al non sfiorarci.

Quel giorno, una volta tornati in albergo, dopo aver cenato, fra uno schiamazzo e l'altro, c'eravamo trovati con un'altra dozzina o poco più di compagni di scuola, lì, nella camera che Jo e Teo dividevano con altri due compagni.

All'inizio Jo non era presente. Francamente non ho memoria del momento in cui scelse di abbandonare il gruppo. Era semplicemente sparito e nemmeno Teo aveva idea del luogo in cui poteva trovarsi o del perché avesse scelto di sottrarsi al divertimento generale. In ogni caso il mio interrogarmi a riguardo durò poco: smisi di chiedermi dove fosse e, sopratutto, se il motivo del suo allontanamento fossi io, dopo le prime perdite ai giochi alcolici.

Benché decisamente più fortunata di me al gioco della roulette alcolica, anche Sara, quella sera, era un po' alticcia e, forse, fu anche questo che contribuì a creare i presupposti al compimento della bravata che conseguì...

Nel momento in cui Jo, le cuffiette nelle orecchie e lo smartphone in mano, si degnò di farci onore della sua presenza, entrando nella sua stanza, lo incitarono: «Dai Jo, vieni a giocare anche tu!».

«No no», scosse il capo lui, un sopracciglio inarcato, mentre riponeva al loro posto, ben arrotolale, gli auricolari. «Scordatevelo proprio!», aveva anche ribadito ridendo divertito, per l'assurdità dell'invito appena ricevuto.

«Eddai! Se vuoi cambiamo gioco! Ne scegliamo uno che non ci obblighi a bere!», provò a convincerlo Teo, «Anche perché, ragazzi», si riferì ai compagni, «Inizia a girarmi la testa...», rise.

«Ho un idea!», balzai in piedi, sicuramente spinta dall'ingente numero di shottini che il quel momento abitavano in me, animandomi a loro piacimento, «E - udite utite -, strano ma vero, in questo gioco non è necessario l'uso degli alcolici!», comunicai trionfante, realmente soddisfatta della mia trovata: «Giochiamo al gioco della bottiglia!».

Detto-fatto, raggiunsi il centro dei cerchio e, lì, spostata la roulette arricchita dai numerosi bicchierini ormai mezzi vuoti, posai a terra la bottiglia di birra che avevo in mano, non prima di averne bevuto l'ultimo sorso.

«Idea mia, inizio io!», avvisai determinata.

«Però...», si insinuò, melliflua, Greta, «Che ne dite di pepare un po' la situazione? Al bando i semplici e prevedibili bacetti! Aggiungiamo il brivido dell'imprevisto: giochiamo a sette minuti in paradiso!».

La proposta sembrò riscuotere successo perché un «Woah!» fu l'urlo goliardico, più che esplicativo, che ottenne come risposta.

«Mmm», pensai «Ci sto! Ma in ogni caso inizio io!».

Prima ancora di avere conferma dagli altri, mi apprestai a far roteare la bottiglia, la quale, dapprima, prese a piroettarre tanto veloce da sembrare un elica pronta al decollo, poi, pian piano, in maniera fin troppo snervante, decelerò fino a fermarsi.

La Bella Addormentata Non Si Sveglia Più [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora