13.

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«Allora, bambina mia, raccontami di quel bel imbusto che ha portato le chiavi del tuo motorino a casa!».

«Ma nonna!», risi al ridondare di quel suo appellativo "bell'imbusto".

«Chi è?», voleva sapere, furba.

«Non è nessuno», dissi divertita scuotendo il capo.

«Qualcuno è per forza, l'ho visto! Non avrei potuto vedere qualcuno che non è...», spiegò logica.

Risi ancora e quasi avvertii il progressivo sgretolarsi di quel macigno che mi era piombato pesantemente sul cuore solo un attimo prima. Mia nonna sapeva essere divertente quando non si impegnava a rompermi l'anima nel tentativo di aggiustarla.

Era passato appena qualche decina di minuti dalla nostra non discussione, avvenuta nella sala da pranzo, quando si era presentata bussando gentile al di là della porta.

«Ho portato una mela, come piace a te...», aveva detto entrando e allungandomi il vassoio sul quale aveva ben disposto il grosso frutto, che ancora fumava, su un un piatto da dessert corredato da una forchettina, prima di sedersi sul letto, vicino a me.

Aspettò che io ne mangiassi qualche boccone, prima di parlare. «Mi vuoi dire che ti succede, bambina mia?», esordì.

«In che senso, scusa?», feci la finta scema io.

«Nel senso che ti vedo sempre più arrabbiata. Con tutto e con tutti. Sembra che il mondo intero ti dia noia».

E chi ti dice che non sia così?

«Ci sono semplicemente tanti motivi per cui essere arrabbiata», risposi lapidaria.

«Vuoi elencarmene qualcuno?».

«No, adesso non mi va».

Mi guardò negli occhi, a lungo. «Mi permetti di dirti una cosa?».

Tirai su le spalle, di scatto, per riportarle subito alla loro abituale posizione.

Certo. Tutto quello che vuoi.

«Non mi piace come ti comporti con tua madre». Puntò i suoi occhi chiari contornati da rughe nei miei, uguali ai suoi ma molto più giovani, fissi.

Beh, siamo pari: a me non piace come si comporta lei.

«Dovresti apprezzarla un po' di più per le cose che fa. Da quando il tuo papà è mancato...». Fece un attimo di pausa ed inspirò profondamente. Io, per distogliere lo sguardo dalla sua espressione contratta, presi a fissare il muoversi di una foglia appesa al ramo dell'albero di fronte alla finestra. «Da quando il tuo papà è mancato, lei si fa in quattro per mantenere te e questa casa».

Infatti si vedono i risultati.

«Tutti i giorni, si alza presto per andare a fare le pulizie, torna a casa, dopo ore di duro lavoro, e ha anche questa, enorme, da pulire». Si guardò intorno, lasciando che gli scorci della mia camera si riflettessero nelle sue iridi cristalline.

Come se io non l'aiutassi mai!

«Non ti rendi conto? Ogni cosa che fa, la fa per te...». Riportò le sue pupille su di me, attendendo, presumibilmente, una risposta o reazione a quanto aveva detto fino a quel momento.

«Ogni cosa che fa?», ringhiai io con un nodo in gola, «Vuoi dirmi che quando torna a casa e beve come una spugna lo fa per me?», chiesi rabbiosa.

«Non era questo che intendevo, bambina mia...», mi ammonì calma, scuotendo il capo dispiaciuta.

«Da quando mio padre è morto, trascina la sua inutile vita come se fosse un fantasma!», scandii a fatica le sillabe che uscivano dalla mia bocca taglienti come lance, «Ok, va a lavorare. Esattamente come tutte le persone normali! Lo farei anche io se non avessi l'obbligo di andare a scuola! ...Ma nessuno le ha mai chiesto di diventare una sudicia alcolizzata!», inspirai profondamente trattenedo, per qualche istante, l'aria prigioniera dentro di me, «Io non l'ho mai fatto!», conclusi lasciando scivolare quella sentenza pesante sulla mia lingua.

La Bella Addormentata Non Si Sveglia Più [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora