L'infelicità

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Esco dalla stanza senza né ribattere né aggiungere altro poiché peggiorerebbe solo la situazione. Sa quanto profondamente odi essere il lite con lui, non sopporto veramente che nella nostra storia ci siano sempre delle montagne anziché dei gradini. E poi non stare con lui è come avere un pezzo mancante di te, della tua anima.  Non è strano come qualcuno possa diventare parte di te in così poco tempo?
-"Tutto bene?"- domanda Taissa non appena rientro in casa. Annuisco subito dopo sorridendo e vado diritta in camera mia.
Ogni notte lo cerco ma non lo sento accanto a me e senza lui, giuro finirò per impazzire.

Appena sveglia mi alzo subito controvoglia, questa volta. Oggi ho il corso di scrittura ma in questi giorni la mia mente non collabora con le mie mani e oltre tutto è come se tutte le mie emozioni, tutti i miei sentimenti che mi spingono a scrivere e mi regalano le idee, fossero intrappolate al suo interno. Le ho, ma sono bloccate.
Mi lavo velocemente, mi vesto ed esco dall'appartamento subito dopo aver salutato Taissa e Sierra.

-"Scusate il ritardo -entra il professore e inizia a scrivere alla lavagna- Prendete penna e foglio e scrivete"-
"L'infelicità"
Ma davvero? Guardo di sottecchi il professore e non faccio altro che pensare che mi legga nella mente. Tema più azzeccato di questo davvero non c'è. Inizio subito a scrivere e aspetto che il mio professore dica cosa dobbiamo fare per l'esattezza.
-"Perché secondo voi trattiamo questo tema?"- posa il gessetto e dopo aver battuto le sue mani per pulirle, ci rivolge la sua completa attenzione.
-"Perché l'infelicità è una cosa comune oggi giorno"- dice una ragazza a l'ultimo banco.
-"Sembra davvero che per voi della vostra età, con queste menti turbate sia così, quindi adesso in un foglietto, scriverete ciò che vi rende infelici, lo accartoccerete per bene e lo metterete in questa ampolla di vetro"-
Mi domando realmente se il mio professore sia specializzato per avere questa professione o l'abbia rubata o semplicemente abbia pagato per essere insegnante. Per davvero può insegnare certa roba? Non che sia ordinario, insignificante e pensante ma semplicemente me lo domando. Strappo un piccolo pezzo di carta e scrivo sopra la mia infelicità per poi piegarlo. Mi alzo e lo butto all'interno di questa ciotola rotonda di vetro trasparente.
Mentre aspetto che tutti gli altri finiscono mi metto semplicemente ad osservare Cameron che si trova dall'altra parte della stanza intento e immerso a scrivere tutto ciò che lo turba. Posa la penna sul banco, guarda il suo foglietto ancora un po' prima di porgerlo e si alza per consegnare la sua piccola infelicità al professore. Non appena si gira per rimettersi a sedere i nostri occhi si toccano.
-"Pesco il primo biglietto e poi verrete alla lavagna e ci spiegherete il motivo per cui l'avete scritto. 'Non poter mangiare la cioccolata'. Be' non c'è tanto da spiegare. Chi l'ha scritto?"-
Taylor alza la mano molto seriamente e tutti scoppiano a ridere.
-"Io sono serio. Non, non sto scherzando"- si guarda in giro per poi volgere la sua attenzione al professore.
-"Taylor"- lo rimprovera il professore
-"Mia madre me lo proibì all'età di sette anni perché diceva che faceva male e io ne mangiavo troppo, praticamente ogni giorno"- spiega rientrando nella sua infanzia.
-"Al tuo compleanno ti regalerò intera scatola di cioccolatini. Mi raccomando, non dirlo a tua mamma"- gli fa l'occhiolino Cameron e io sorrido.
-"Avanti basta così. 'La mia infelicità è non essere compresa dalle persone' "- legge per poi posare il primo foglietto sulla cattedra
-"Chi l'ha scritto?"-
Alzo la mano
-"Vieni"-
Mi alzo, facendo come mi dice, e mi avvicino accanto all'insegnante. Mi volto verso tutti e inizio a spiegare
-"La mia infelicità è continua perché non vengo mai capita"-
-"Cosa intenti tu per 'capire'?"- domanda
-"Per capire non dico intendere quando spiego una cosa, ma mi riferisco al fatto di capirmi dentro. Vorrei che qualcuno entrasse dentro di me, mi spogliasse e afferrasse il concetto di come sono fatta, di afferrare il dolore, farlo un po' suo e ribaltarlo"-
-"Come vuoi che le persone ti comprendano?"-
-"Non voglio doverlo urlare voglio, anzi no, ho bisogno che siano loro a capirlo"-
-"Certe persone non sono brave a comprendere senza parole, senza gesti. Non tutti sono capaci di attraversare con lo sguardo lo strato superficiale di qualcuno"- giustifica
-"Il problema è questo, dunque preferisco tenermi tutto dentro perché forse nonostante io parli, nessuno capisce. È come essere in una bolla di vetro; io muovo le labbra ma nessuno mi sente. A loro basta sapere che tu stia bene fisicamente, basta che si accorgano che tu sia sorridente e per loro stai bene. Ma la sa una cosa? Questo fa schifo.
Meglio tenersi tutto dentro.
Non serve a nulla spiegarsi e non essere compresi"-
-"Puoi andare a posto"- si limita a dire
Annuisco e ritorno a sedere cercando di nascondermi.
Estrae un altro bigliettino e legge
-"La mia infelicità è perdere di nuovo, chi amo. Li ho persi una volta e credo di non essere pronto a superare tutto una seconda volta."-
So bene chi ha scritto questo bigliettino.

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