La partita

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La partita è alle quattro. Noi siamo in treno da cinque ore

e io non sto più nella pelle. Mi vorrà parlare o mi ignorerà?

Che devo dirgli appena lo vedo? Mi dispiace... no, non va bene,

troppo brutale. Forse è meglio se faccio la disinvolta, come

se non fosse successo niente. Questa mi sembra una buona

idea. Ma cosa dico? Non è vero che non è successo niente!

È una settimana che non ci sentiamo, che non risponde alle

mie chiamate, che ignora i miei messaggi. Devo pensare a

qualcos'altro. Mi giro a guardare fuori dal finestrino, a me

piace il treno, ti senti come al cinema, dove scorrono veloci le

immagini: campagne, città, piccole stazioni, poi c'è l'intervallo

con un tunnel, e poi di nuovo laghi, fiumi, ponti, per non

parlare della gente. A ogni stazione sale una coppia, scende

una famiglia: poi salgono due turisti, e tu lì a pensare; dove

scenderanno, a Firenze? No, secondo me arrivano a Bologna

o magari fino a Milano. E quel signore lì da solo che parla al

telefono, cosa fa, viaggia per lavoro o torna a casa? Guardo

curiosa le persone; come sono vestite, come si muovono, i loro

gesti automatici. Sta passando quello delle bibite, mi piacerebbe

prendere qualcosa ma poi, alla fine, lascio perdere,

sarà il nervoso. Guardo i genitori di Marta, stanno leggendo

tutti e due. Provo a sbirciare la copertina di quello del padre,

ma non riesco a vederlo bene. Sembra un libro noioso.

Io e Marta, stanche di stare sedute, ci siamo alzate per fare un giro.

«Senti un po', mi devi raccontare meglio cos'è successo

l'altro giorno» dico a Marta prendendola per un braccio. Lei

ridacchia ma si vede che è in vena di confidenze.

Le mie previsioni si rivelano tutte sbagliate, penso mentre

arriviamo alla carrozza del bar.

Mi racconta che l'altro giorno Giacomo l'ha portata a casa

sua a conoscere la madre. Le è sembrata così simpatica e alla

mano che alla fine ha deciso di rimanere a mangiare lì, insieme

anche alle due sorelle più piccole; poi nel pomeriggio

sono andati a casa di un amico di Giacomo.

E fin qui, la cosa non mi sembrava così interessante; ma

dallo sguardo di Marta capisco che non è questo che mi vuole

veramente raccontare, così la incito.

«Ma insomma, cos'è successo di così speciale?»

Lei abbassa la voce e mi sussurra all'orecchio una cosa.

«Non ci credo, mi prendi in giro.»

«Te lo giuro» continua lei ridacchiando.

La guardo e non so che dire, poi la curiosità prende il sopravvento.

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