CAPITOLO 31 "Un ultima volta"

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Oliver se ne stava in camera sua sdraiato sul letto con un grosso libro in mano. Aveva le gambe incrociate e lo sguardo concentrato. Avanti alla scrivania, seduta sulla sedia girevole vi era Alexis intenta a fare ricerche online. La bara bianca che custodiva il corpo dell'arcangelo Michele ancora immobile sul pavimento della stanza. Ormai da giorni Oliver aveva bloccato la serrature per evitare alla madre di entrarvi e svenire dinnanzi alla visione di una bara nella camera da letto del figlio. Gli era bastato vederla ko alla vista di Belthazor. Vedere una bara sarebbe stato decisamente troppo. Ultimamente Thara usciva spesso con un collega. La cosa faceva piacere ad Oliver. Era bello che lei stesse provando ad avere di nuovo una vita e lui non si sarebbe messo in mezzo. Barbarah ed i fratelli adesso avevano lasciato la casa di Clay e si erano trasferiti con il padre in un monolocale poco fuori città. Oliver non sapeva se fosse legale per un ex carcerato avere la custodia di un minorenne ma quello, al momento era l'ultimo dei suoi pensieri. Barbarah si fidava del padre, chi era lui per dubitarne? L'amica faceva avanti e indietro tutti i giorni per vedere Clay. Non c'era nulla di ufficiale ma lui non era stupido. Lo avevano capito anche i muri oramai. Quelle due si piacevano. E non come un amica possa piacere ad un'altra amica. Si piacevano come due innamorati. Oliver capì finalmente perché Clay, la sua migliore amica, la ragazza di cui era sempre stato innamorato, non faceva altro che allontanarlo. Era gay. Il suo modo di comportarsi, il fatto di scappare con chiunque pur di allontanarsi. Aveva paura di ammettere a lui ma, soprattutto a se stessa, cosa provava, chi era.

Alexis accasciò la testa sulla tastiera del pc esausta. Oliver si alzò e sgranchendosi le gambe la raggiunse. Si chinò con la schiena e gli diede un bacio sui capelli.

- Pausa porcherie? – chiese lui. Lei lo guardò di sbieco e lui si affrettò ad aggiungere rosso in viso – porcherie da mangiare ovviamente. –

- ovviamente. – gli fece eco.

Trovandosi solo con la ragazza non si curò di chiudere la porta di camera sua a chiave una volta uscito. Lei lo raggiunse al piano inferiore e si sedette su uno dei sgabelli lungo il bancone della cucina.

- Aprire quella bara è impossibile. – disse Alex. Oliver gli versò del succo di frutta e gli porse il bicchiere

- Non è impossibile è che... Noi non possiamo. Gregor è nel regno celeste. Dominic è sparito... Detesto quando fa così... Quando non vuole coinvolgere gli altri nel suo dolore e sprofonda da solo. So che sta male, lo sappiamo tutti. Perché deve isolarsi? Odio sentirmi impotente! Vorrei poter far qualcosa per lui. –

- ma lo stai facendo Oliver. – rispose lei – stai facendo il possibile. Vedrai che adesso che tuo padre è stato scagionato e che tua madre sta andando avanti nella sua vita, le cose prenderanno un'altra strada. Andrai al college senza saltare lezioni... - lui portò gli occhi al cielo – avrai dei nuovi amici e magari ti... troverai una ragazza. – pronunciò quelle ultime parole impacciata. Chinò il capo e prese a bere. Oliver la guardò con le sopracciglia incurvate

- grazie. – disse – sei gentile. -.

Dominic si ritrovò catapultato a Londra. Se ne stava tra le rovine della vecchia biblioteca. Quel palazzo angusto e tetro era stato lasciato in disuso, morto. Come per magia o un sogno ad occhi aperti, le mura disastrate si issarono. Il tetto a volta si colorò, gli enormi lampadari presero a brillare e le librerie si riempirono. L'angelo a bocca aperta si guardò intorno con sguardo circospetto. Non sapeva cosa stesse accadendo né tantomeno cosa ci facesse lui lì. Sapeva che ai demoni piaceva giocare con i sentimenti ed i ricordi. Ripensò a Lilith e a Nicolai. Provò una forte sensazione, una sensazione che non riuscì a spiegare neppure a sé stesso. Quel luogo dove si trovava custodiva tra le sue mura milioni di ricordi. Era lì che aveva iniziato a leggere con passione e costanza. Era lì che si era innamorato. Ed era lì che aveva perso ogni cosa. Restò sbalordito quando riconobbe le altissime librerie alzarsi fino al tetto. La sua attenzione fu richiamata da un libro rilegato con una copertina blu. La scritta in oro marcata "Il grande Gatsby". Lo tirò fuori dalla pila e ne accarezzò la superficie. Un sorriso velato prese forma sulle sue labbra. Ricordava ancora quando lo aveva letto con Nicolai. Erano nella stanza di lui e Dominic lo aveva letto ad alta voce per entrambi. Nicolai gli aveva detto che gli piaceva la sua voce. Se lo portò al petto e chiuse gli occhi perdendosi nei ricordi di una vita lontana, troppo lontana.

- Nostalgico? – la voce alle sue spalle era come sempre ferma e impassibile. Dominic si voltò a guardarlo. Nicolai se ne stava a pochi metri di distanza. Le braccia dritte lungo i fianchi. Aveva il cappuccio della felpa tirato in su. Alcuni ciuffi rossi ribelli scappavano dai lati. L'angelo gli rivolse un sorriso e rimise a posto il libro.

- Sei qui. – disse

- pare di sì. – rispose il demone

- sei stato tu, è opera tua. – Nicolai fece sì col capo - Non so se avrò mai la forza di perdonarti. – continuò l'angelo – ciò che hai fatto. Ciò che mi hai fatto.... –

- Ti ho lasciato vivere. – disse lui

- Perché non hai obbedito a Lilith? Io non voglio vivere se... -

- oh andiamo! Non fare il melodrammatico. Hai sempre saputo cosa sono, chi sono. –

- Ho sempre saputo in parte la verità, Ialocin. – lo guardò dritto nei suoi occhi di fiamme. Sul viso del demone sempre fermo e impassibile, prese forma un'espressione di stupore, incredulità e paura. Dominic era l'unico capace di leggerlo. – So tutto. Tutto quanto. – confessò – almeno ci credevi? In noi voglio dire. In quello che avevamo. Ci credevi o era solo una bugia? Ero il tuo passatempo? Uno svago? – Nicolai non rispose. Si protrasse in avanti e gli prese il viso tra le mani accarezzandogli le guance.

- Non posso essere quello che non sono. – disse prima di baciarlo con trasporto e violenza. Fu un bacio sofferto. Amaro. Doloroso. Un bacio d'addio. Dominic gli cinse i fianchi stringendosi a lui. Annientando la poca distanza che li separava. Fece scivolare le sue mani da pianista su e giù per la schiena di lui. Mentre Nicolai gli sbottonava lo camicia. Lui glielo lasciò fare mentre, con le labbra pulsanti continuava a cercare quelle di Nicolai. Quando il demone mise le sue mani sulla fibbia dei jeans dell'angelo lui si allontanò spingendolo con le mani aperte sul petto.

- Fermo. – pronunciò – non sono il tuo giocattolo. Non sono la tua puttana. – Nicolai sorrise e allora gli afferrò il viso specchiandosi nei suoi occhi.

- mai. – gli sussurrò sulle labbra accarezzandole dolcemente con le sue – non sarai mai una puttana. – Dominic lo guardò con un fremito nelle vene. Si morse il labbro cercando di mettere a freno i propri istinti. Era sbagliato. Era innamorato di un entità, sostanza, qualcosa di astratto, incorporeo. Chi c'era dinnanzi a lui era un involucro, un burattino mosso da qualcuno di invisibile eppure, lui... lo amava. – tu non sarai mai uno dei tanti. – aggiunse Nicolai. Dominic non resistette più, allungò il braccio e lo attirò a sé sprofondando la sua mano nei suoi capelli. Ansimò ed incurvò il collo all'indietro quando Nicolai gli fece scivolare la lingua giù, fino all'incavo del collo. Bastarono pochi minuti e i due si ritrovarono completamente nudi. Completamente avvinghiati. Per appartenersi ancora una volta. Un ultima volta.

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